Aldo Grasso
«Sì
o No», un confronto esemplare per capire le regole della tv
Troppo
importante il dibattito sul referendum costituzionale tra Matteo Renzi e
Gustavo Zagrebelsky moderato da Enrico Mentana su La7 per non tornarci
sopra. Si è parlato di incomunicabilità, c’è chi spera che la tv non
convinca soltanto i convinti e c’è chi, come me, s’è preso la briga di
rivedere l’incontro sapendo già il risultato (come si fa con certe
partite, deprivate della loro carica emotiva). Al di là dei contenuti,
al di là dei due profili completamente diversi (il politico a confronto
con il tecnico) le due ore e mezza di «Sì o No» sono state esemplari,
perfette per capire un po’ della retorica televisiva. Per trovare una
chiave di lettura inusuale, ho preferito concentrarmi sul conduttore,
osservando come a poco a poco abbia dato segni di prostrazione (una cosa
impensabile per il più brillante dei nostri giornalisti).
La colpa di questa lenta caduta è, spiace dirlo,
principalmente del prof. Zagrebelsky. Che ha commesso alcuni errori
fondamentali per la tv. Il primo è di essersi presentato di cattivo
umore (forse non ha più voglia di discutere di questi temi). Ma non si
può iniziare un dibattito reclamando, di fatto, le scuse dell’avversario
(«Rilevo inoltre che il premier ha cambiato idea su gufi, rosiconi e
parrucconi: altrimenti non avrebbe perso tempo, stasera, con uno di
loro…»). Se parti con il piede sbagliato è difficile rimediare. Il
secondo è quello di aver voluto fare scientemente il professore,
evitando gli snodi politici e trattando Renzi come uno scolaretto. Va
anche bene, se però dietro l’abito accademico, dietro i tecnicismi non
facesse capolino una certa aria di superiorità culturale che in tv è
controproducente (infelice il riferimento a Bokassa). Il terzo è che non
si può non stare al gioco del conduttore: è lui il metronomo. Guai a
parlare per più di dieci minuti e poi risentirsi: «Se lei mi lascia
concludere…».
Dal
Corriere
della Sera, 2 ottobre 2016
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