Ho ritrovato
nell’archivio de L’Unità un articolo di
Vincenzo Consolo, datato 29 agosto 2008, intitolato Vi racconto Pio La Torre. E’ stato particolarmente emozionante per
me leggerlo perchè mi ha fatto ricordare un’esperienza vissuta direttamente.
C’ero anch’io, infatti, quella primavera del 1982 a Comiso, insieme alla mia giovane compagna e
alla nostra primogenita Irene che aveva compiuto da poco tre anni. L’avevamo chiamata
IRENE non a caso. Ricordavamo, infatti, che nell’antica mitologia greca era proprio questo il nome dato
alla dea della pace.
Ma ecco l’articolo di
Consolo:
Ero anch’io là, quella primavera del 1982, là a Comiso, all’aeroporto, dove
il Governo di Spadolini aveva deciso di far installare i missili Cruise. Ero là
in uno dei giorni in cui facevano il blocco davanti al cancello centrale
dell’aeroporto i pacifisti giunti d’ogni dove. Erano ragazzi accovacciati a
semicerchio per terra. Volevano così impedire ai camion, alle impastatrici,
agli operai di entrare nel campo. Tutti avevano maglie, giacconi variopinti
sopra le teste di capelli ricciuti.
Alcuni avevano tute e casacche bianche, e sul petto e le spalle dipinte
grandi croci scarlatte. Le ragazze portavano giacchette indiane con ricami e
specchietti o la kufia palestinese sopra le spalle. Sul muro di
mattoni sovrastato dal filo spinato e da un filare di eucalipti erano scritte
di calce e appesi striscioni di tela. Dicevano «Pace», «Amsterdam contra
militarisme», «Testate nucleari – Carcero speciali – È questa la guerra contro
i proletari», «Vogliamo vivere, Vogliamo amare – Diciamo no alla guerra
nucleare». Erano ancora tutti assonnati e di più assonnati i poliziotti e i
carabinieri che chissà in quali ore notturne erano stati fatti partire dalle
caserme di Ragusa o Catania. Erano giovane anch’essi e schierati davanti al
cancello, a fronteggiare quegli altri accovacciati per terra. M’aggiravo sullo
spiazzo di terra battuta e di stoppie, da un capo all’altro, e guardavo quei
visi di giovani e volevo capire chi era dell’Isola, vedere se ne riconoscevo
qualcuno. Ma nessuno; mi sembravano tutti d’un luogo di cui non avevo
cognizione. Fu allora che mi sentii chiamare, richiamare. E mi corsero incontro
alcuni del mio paese lì alle falde del Nébrodi, figli o nipoti di vecchi amici
e compagni. Erano Aldo, Antonella, Francesco, Rino, Grazia, Saro. Mi dissero
che era stato là, nei giorni passati, Pio La Torre, che li aveva spronati a
resistere, a opporsi a quel progetto terribile dei missili Cruise, che
avrebbero dovuto essere installati anche su rampe mobili e scorazzare per tutta
la Sicilia.
Arrivano quindi le impastatrici e i camion degli operai decisi a entrare. I
ragazzi fecero blocco, li fermarono. Arrivava intanto altra gente, politici,
preti, un abate di Roma ch’era stato sospeso dal suo ufficio. Arrivò anche il
questore, un omino atticciato in giacca e cravatta. Si mise a dire che doveva
entrare nel campo, che doveva telefonare a Roma. Tutti dissero no, no! e
serrarono le file davanti al cancello. E si misero a scandire slogan. «Dalla
Sicilia alla Scandinavia – No ai missili e al patto di Varsavia». Il questore,
a un punto, si mise a urlare, a dare ordini. Si mossero subito i militari con
elmi, scudi e manganelli. Picchiarono e picchiarono sopra teste, schiene nude e
braccia. Urla si sentirono, lamenti e un gran polverone si levò da terra.
Sparavano lacrimogeni e nel cielo si formavano nuvole. Inseguivano e
picchiavano tutti, giovani e no, deputati, medici e infermieri, giornalisti e
fotografi. Stavo là impietrito a guardare. E vidi Luciana Castellina
scaraventata per terra e picchiata; un giovanissimo carabiniere che
s’inginocchia e piange; un poliziotto che sta per sparare, quando un altro a
calci nel polso gli fa cadere l’arma di mano… Vidi che afferravano per i
capelli e a calci e spintoni facevano salire sui furgoni i catturati. Mi
sorpresi trasognato a urlare, a chiamare i miei giovani compaesani: «Antonella,
Mino, Saro…», i quali arrivarono sanguinanti, pallidi, storditi. «Scappiamo, scappiamo!»
dissero. «Hanno preso Grazia» dissero «Hanno preso Francesco»… Li lasciai
raccomandando loro di tornarsene a casa, ché tanto a Roma il governo aveva
deciso a tener duro su Comiso, a far rispettare a ogni costo gli impegni con
gli Usa.
E invece no. Per merito di Pio La Torre e del movimento dei pacifisti, i
missili Cruise vennero portati via, l’aeroporto sgomberato da quella minaccia.
E l’aeroporto, già intitolato al generale di Mussolini Magliocco, venne poi
intitolato, nell’aprile del 2007, a Pio La Torre, ucciso dalla mafia,
venticinque anni prima. Ed ora, vergognosamente, il sindaco di An di Comiso
vuole restituirlo alla memoria fascista di quel generale. Vergogna e ancora
vergogna!
Pio La Torre, uno dei martiri siciliani, dei combattenti contro la mafia, l’oscuro e terribile potere politico mafioso. Nel secondo dopoguerra è il combattente martire insieme a Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto, Salvatore Carnevale… Il nome di Placido Rizzotto richiama subito quello di Pio La Torre, perché è lui, il giovane militante comunista, che a Corleone prende il posto di dirigente della Confederterra. Erano gli anni, quelli, del movimento contadino, degli scioperi e delle occupazioni delle terre incolte per l’attuazione della Riforma Agraria, per l’assegnazione ai contadini di «fazzoletti» di terra nei feudi dei Gattopardi. Eletto nel Parlamento italiano, poi La Torre decide di tornare in Sicilia. Torna perché sente che sono tre i grandi problemi che bisogna affrontare e cercare di risolvere in Sicilia: la crisi economica, la criminalità mafiosa, la minaccia della pace nel Mediterraneo per l’installazione della base missilistica americana all’aeroporto di Comiso. Col suo ritorno in Sicilia, Pio La Torre mette in allarme molte centrali: del crimine organizzato, della destabilizzazione, della speculazione edilizia, del bellicismo. L’impegno suo nell’affrontare tutti questi problemi, e soprattutto la legge, che porta la sua firma, del sequestro dei beni dei mafiosi, fa maturare nel potere criminale la decisione di eliminarlo. La Torre viene ucciso la mattina del 30 aprile 1982 mentre è in macchina, in via Generale Turba, a Palermo, insieme al suo autista Rosario Di Salvo.
Pio La Torre, uno dei martiri siciliani, dei combattenti contro la mafia, l’oscuro e terribile potere politico mafioso. Nel secondo dopoguerra è il combattente martire insieme a Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto, Salvatore Carnevale… Il nome di Placido Rizzotto richiama subito quello di Pio La Torre, perché è lui, il giovane militante comunista, che a Corleone prende il posto di dirigente della Confederterra. Erano gli anni, quelli, del movimento contadino, degli scioperi e delle occupazioni delle terre incolte per l’attuazione della Riforma Agraria, per l’assegnazione ai contadini di «fazzoletti» di terra nei feudi dei Gattopardi. Eletto nel Parlamento italiano, poi La Torre decide di tornare in Sicilia. Torna perché sente che sono tre i grandi problemi che bisogna affrontare e cercare di risolvere in Sicilia: la crisi economica, la criminalità mafiosa, la minaccia della pace nel Mediterraneo per l’installazione della base missilistica americana all’aeroporto di Comiso. Col suo ritorno in Sicilia, Pio La Torre mette in allarme molte centrali: del crimine organizzato, della destabilizzazione, della speculazione edilizia, del bellicismo. L’impegno suo nell’affrontare tutti questi problemi, e soprattutto la legge, che porta la sua firma, del sequestro dei beni dei mafiosi, fa maturare nel potere criminale la decisione di eliminarlo. La Torre viene ucciso la mattina del 30 aprile 1982 mentre è in macchina, in via Generale Turba, a Palermo, insieme al suo autista Rosario Di Salvo.
È Pio La Torre, sono tutti gli altri martiri, gli altri eroi caduti nella
lotta alla mafia, sono loro l’onore di Sicilia, e di tutto questo nostro Paese.
Paese oggi irriconoscibile e irriconoscente. Paese in cui l’attuale sindaco di
Comiso di An Giuseppe Alfano (tanto nome!) immemore o smemorato o incosciente,
vuol togliere il nome di La Torre all’aeroporto e restituirlo al generale
fascista Vincenzo Magliocco. Dopo la via di Roma da intitolare ad Almirante, le
impronte digitali ai bambini rom, la criminalizzazione dei clandestini, dopo il
lodo Alfano e tanto, tanto altro di questo onorevole Governo Berlusconi, questa
è la politica di ministri e piccoli sindaci del nostro irriconoscibile paese.
Vincenzo Consolo, L’Unità
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