24 giugno 2013

COSTA GAVRAS: LA CULTURA SALVERA' IL MONDO DALLA CATASTROFE

                           Costa Gavras


Sono particolarmente lieto di riproporre l’intervista che l’amico  Pier Paolo Festa  ha fatto a  Costa Gavras, il regista di Z e Missing, premiato alla Carriera al Festival di Mosca.

Mosca - Ottanta anni e tanta voglia di continuare a combattere le ingiustizie e cambiare il mondo. Un film alla volta. Costa Gavras non ha mai lasciato le trincee del cinema di denuncia, dove ci ha presentato di frequente personaggi travolti dagli eventi, esseri umani che spesso e volentieri finiscono nella perdizione. L'happy end non è certo un tratto comune del suo cinema, è per questo che Film.it comincia proprio dai finali quando lo incontra al Festival di Mosca, dove gli viene dedicata una retrospettiva e un premo alla carriera.

Quanto è presente la speranza all'interno della sua visione?
Certamente bisogna averne. Almeno in quantità ragionevole. Allo stesso tempo è importante che un film sia vicino alla realtà. Non puoi forzare tutto con il lieto fine e in questo periodo è una cosa difficile. Bisogna però sottolineare che è importante resistere in questo momento. Ecco, la speranza serve a questo. A guidarci verso la resistenza.

Al cinema ha descritto una realtà in cui la televisione ha sempre l'ultima parola su tutto ed è in grado di manipolare totalmente l'opinione pubblica. Questo incubo si è avverato in determinate circostanze. Come si combatte questo fenomeno?
La soluzione c'è: spiegare ai più giovani che quello che guardano in TV non è esattamente la verità. Ma dovrebbero insegnarlo sin dalla scuola. La TV, che è stata una finestra sul mondo importantissima, adesso appartiene a quelli con i soldi che la usano per fare più soldi. Immagino che voi in Italia ne sappiate qualcosa...

L'avvento della tecnologia ha reso più difficile per un artista il dialogo con il suo pubblico?
Sì è vero, siamo sempre più impazienti: vogliamo avere tutto subito. E i media ci ingannano con il pensiero che possiamo farcela a ottenere il successo. Tutto viene presentato come accessibile, duraturo e facile da raggiungere. Tutto è il contrario della realtà.

Dunque in un momento in cui veniamo anestetizzati dai media, quanto è dura catturare l'attenzione e la sensibilità del pubblico?
Non lo si può mai sapere. Ci proviamo di volta in volta. E' un problema, e allo stesso tempo è anche la cosa migliore che noi artisti possediamo. Il dubbio ci incoraggia a provare cose diverse tutte le volte. Una delle mie frasi preferite di Jean Cocteau recita: "Ci sono regole per attrarre l'attenzione del pubblico, peccato che non le conosciamo". Ecco perché siamo obbligati alla varietà.

Segue la politica italiana? Trova che ci siano personaggi cinematografici al suo interno?
Certamente, la realtà italiana è piena di personaggi cinematografici. Ma non basta. Purtroppo non troviamo più né l'ironia né il sarcasmo per raccontarli. Eravamo in grado di farlo negli anni Sessanta e Settanta, dove sono stati realizzati i film più politici di sempre.

Che ne dice della Russia che la premia alla carriera al Festival di Mosca? Qui tutto sembra perfetto e brillante. Almeno in superficie...
Sì, qui siamo al centro di Mosca dove tutto sembra ricchissimo. Ma basta allontanarci un paio di chilometri per vedere una situazione totalmente diversa. Te ne accorgi già dalle macchine che d'un tratto non sono più luccicanti. Ho la sensazione che vivere qui voglia dire avere a che fare con una Democrazia totalitaria. Da una parte la Chiesa Ortodossa e dall'altra il Cremlino. E' un po' una tradizione in Russia: con Gorbaciov sembrava che le cose fossero cambiate. Ma la verità è che la democrazia è un lungo processo di apprendimento, ha bisogno di un enorme sforzo di tutti per essere attuata.

La Francia invece la ha accolta sin da ragazzino. E' stato difficile integrarsi tra i francesi?
No perché ero giovanissimo. Venivo da una cultura che in quel momento era debole. La Grecia era un Paese conservatore con una piccola democrazia. In Francia avevo voglia di imparare. Ancora oggi credo che sia un posto importante in cui trovarsi. La mia vita è cambiata quando ho iniziato a frequentare personaggi come Michel Foucault, Yves Montand e Chris Marker, con cui sono rimasto amico fino alla fine dei suoi giorni. E grazie a loro che ho scoperto questo mestiere. Inizialmente volevo fare lo scrittore: non sapevo nemmeno cosa facesse un regista. Credevo che i film venissero diretti dagli attori! Grazie ai miei amici ho scoperto che il cinema era un altro modo interessante per raccontare una storia.

Andando avanti nella sua vita ha scoperto un certo interesse per la spiritualità?
Non mi interessa affatto. Non mi importa sapere cosa accadrà dopo la morte. Mi importa agire sugli eventi che succedono adesso in questa vita.

Partecipare ai Festival internazionali come quello di Mosca rappresenta l'occasione di innamorarsi di nuovo di questa arte?
Senza dubbio. Io mi innamoro continuamente del cinema e dei lavori realizzati da giovani registi che esplorano la vita e fanno cose interessanti con le loro macchine da presa. In Francia combattiamo nel nome di questa battaglia culturale. Bisogna evitare che i giganti dell'audiovisivo prendano il controllo totale. Bisogna impedire di finire in una monocultura. Sarebbe una catastrofe!

LA STAMPA 23.06.2013 - Autore: Pierpaolo Festa

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