14 giugno 2013

Deliri sovietici







Siccome la storia (che è tragedia) si ripete spesso come farsa, ci fu chi riuscì a fare di peggio. Juan Posadas (lider maxismo di una delle tante IV Internazionali trotskiste) invitò l'URSS a colpire con le atomiche gli Stati uniti. Dalle rovine del mondo occidentale sarebbe sorto il socialismo. Perfino gli stalinisti gli diedero del pazzo.
Così il buon Posadas ripiegò sulla tesi che i dischi volanti esistevano realmente, venivano da una civiltà extraterrestre “comunista” e avrebbero portato sulla Terra una civiltà superiore, tecnologica e socialista!

Dino Messina - I leader comunisti e l'arma nucleare 

Vladimir Putin questa volta sfida gli Stati Uniti sul terreno più scivoloso, l'interpretazione storica. Il leader russo si lancia in un'esercitazione di ricostruzione controfattuale, la «storia fatta con i se» affermando che mai Stalin avrebbe usato la bomba atomica alla fine della guerra come invece hanno fatto gli Stati Uniti. Un'ipotesi credibile? Secondo Ettore Cinnella, per decenni professore all'Università statale di Pisa e uno dei nostri maggiori sovietologi, autore tra l'altro di 1917. La Russia verso l'abisso (Della Porta Editori), non esistono documenti che ci possano far rispondere in maniera positiva o negativa alla domanda. Forse qualche indizio sicuro si trova «nell'archivio del Presidente», la sezione segreta da cui sono uscite scarsissime informazioni. Allora bisogna affidarsi alla memorialistica, alle testimonianze per esempio di Winston Churchill o del generale Vjaceslav Molotov. Osserva Cinnella che all'incontro di Yalta (4-11 febbraio 1945), ben prima dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki (6 e 9 agosto), quando Roosevelt accennò al problema dell'atomica, Stalin si mostrò completamente disinteressato. La superiorità dimostrata sul campo era tale che non c'era bisogno di nessuna atomica. In realtà l'interesse del dittatore sovietico per la bomba atomica era grandissimo, tanto da far continue pressioni sul capo dei servizi segreti Berja per realizzarla. E i sovietici arrivarono faticosamente all'atomica nel dopoguerra quasi esclusivamente grazie alle informazioni ottenute con l'attività di spionaggio.

Anche dalle memorie del generale Molotov si capisce quale fosse la psicologia dei capi sovietici verso l'atomica. Un'arma da non usare, ma nemmeno da temere. Perché da un conflitto nucleare il mondo comunista, che occupava territori vasti e con una grandissima popolazione, sarebbero usciti comunque vincenti. Un atteggiamento simile, ricorda Cinnella, si trova in Mao Zedong, che nel novembre 1957 al congresso mondiale dei partiti comunisti su questo tema ebbe un duro scontro con Palmiro Togliatti. Il comunista israeliano Samuel Mikunis racconta che tra i due si svolse questa conversazione: «Ma che ne sarà dell'Italia con una guerra del genere?», chiese Togliatti. E Mao: «Chi ha mai detto che l'Italia debba necessariamente esistere? Resteranno trecento milioni di cinesi, e ciò sarà pienamente sufficiente per la continuazione del genere umano».

Mao era spregiudicato quanto Stalin, che sul piatto della vittoria nella Seconda guerra mondiale poteva esibire più di venti milioni di morti. In un bilancio del genere quanto avrebbero potuto pesare le migliaia di vittime provocate da una bomba atomica?


Diversa la situazione per Harry Truman, il 33° presidente degli Stati Uniti che ordinò il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki. «Lo Stato Maggiore americano aveva stimato che uno sbarco in Giappone sarebbe costato qualche centinaio di migliaia di morti», osserva John Harper, professore alla Johns Hopkins University e autore di The Cold War, la Guerra fredda (Oxford university press), che sarà pubblicato in autunno dal Mulino. «Truman non poteva permettersi i sacrifici di uno sbarco armato in Giappone, soprattutto dopo che gli Stati Uniti avevano investito due miliardi di dollari nella realizzazione dell'atomica. Se avesse rinunciato a usare l'arma nucleare il Congresso ne avrebbe sicuramente chiesto l'impeachment».

La storia controfattuale di Vladimir Putin è dunque bocciata, almeno su un punto, dagli storici di professione. Ma ci sono altre due accuse che egli ha rivolto agli Stati Uniti nell'intervista televisiva. Che la nazione statunitense sia nata con il peccato originale del genocidio (lo sterminio degli indiani nativi) e che sia un Paese dove il germe del razzismo non è stato mai debellato. «Per quanto possa suonare poco piacevole — commenta John Harper — anche alcuni storici statunitensi hanno usato l'espressione "pulizia etnica" per la lotta agli indiani d'America. E alcuni episodi vanno in questa direzione come il grande esodo degli indiani Cherokee costretti a una estenuante marcia dalla costa atlantica all'Oklahoma su ordine del presidente Andrew Jackson. Paragonerei quest'episodio al trattamento riservato da Stalin ai Tatari della Crimea, deportati in massa in Uzbekistan con l'accusa di collaborazione con i nazisti».

Sul razzismo, Ettore Cinnella osserva che è certamente una colpa americana. Un difetto dal quale Stalin era esente: per ordinare la decapitazione dell'intera classe dirigente polacca, il massacro degli ucraini o dei tedeschi del Volga gli bastavano le motivazioni politiche.



(Da: Il Corriere della Sera del 13 giugno 2013)









1 commento:

  1. C'è un puparo a Marineo - non del tutto privo di ... spirito - che si diverte, da qualche mese, a prendere in giro quella che lui chiama SINISTRA A MATULA (sic!). Per chi non comprende la lingua siciliana ricordiamo che AMMATULA nel nostro vocabolario sta per INUTILE, INCONCLUDENTE ecc. Per il puparo anche noi apparteniamo a questa categoria e, forse, non si sbaglia! Ma a differenza del puparo noi sappiamo ridere anche dei nostri limiti, oltre che dei nostri deliri.

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