Quando a morire in mare eravamo noi italiani
Gabriele Petrone
24 agosto 1880 – Piroscafo italiano “Ortigia”. Affonda al largo della costa argentina per speronamento accidentale con un mercantile, 149 morti.
17 marzo 1891- Bastimento inglese “Utopia”, partito da Trieste con scalo a Napoli. Urta contro una corazzata nello stretto di Gibilterra e affonda. 576 vittime, in prevalenza italiani provenienti da Campania, Abruzzo e Calabria.
4 luglio 1898 – Nave francese “Bourgogne” affondata al largo della Nuova Scozia 549 morti, per lo più emigranti italiani.
4 agosto 1906 – Piroscafo italiano “Sirio” affondato davanti a Capo Palos (Spagna). Vittime stimate 293, in gran parte italiani, ma la cifra è incerta perché erano molti i clandestini a bordo, per lo più emigrati italiani senza documenti.
La Stampa del 6 agosto 1906 con l’annuncio del naufragio del Sirio
25 ottobre 1927 – Piroscafo italiano “Principessa Mafalda”, affondato ad 80 miglia dalla costa del Brasile. 314 morti secondo le autorità fasciste italiane del tempo, 657 secondo dati ripotati dai giornali sudamericani, tutti italiani, per lo più piemontesi, liguri e veneti. Fu ricordato come il Titanic italiano. E tanti altri…
Ma l’ecatombe continuò anche a causa della guerra: emigranti italiani morti nell’affondamento di piroscafi durante la prima guerra mondiale ad opera di sottomarini, 446 morti italiani nel 1940 nell’affondamento di un piroscafo inglese davanti alle coste del Brasile, l’Arandora Star (tenete conto che noi eravamo alleati dei tedeschi).
Allora l’idea di sparare sulle barche non era soltanto enunciata: nel 1884, sulla nave italiana “Brazzo” con 1333 passeggeri a bordo, scoppia il colera. Venne respinta a cannonate a Montevideo.
Nel 1888 sulla nave italiana “Carlo Raggio” con 1851 emigranti italiani, ci saranno 18 vittime per fame. Quasi ad ogni viaggio si contavano morti per asfissia, difterite, colera e ovviamente, fame.
Come oggi l’emigrazione si svolgeva su carrette del mare, caricate fino all’inverosimile. Proprio come gli immigrati di oggi.
Consiglio una visita al Museo dell’Emigrazione Italiana al Vittoriano a Roma, forse ci risparmieremmo meno stupidaggini in libertà .
Da: www.museonazionaleemigrazione.it
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