Il giovane Stefano Vilardo con la moglie in viaggio di nozze
La copertina dell'ultimo libro di Stefano Vilardo pubblicato nel marzo di quest'anno
Abbiamo già parlato dell'ultimo libro del Maestro di Delia (CL) in questo spazio e in altri luoghi. Torniamo a farlo, con piacere, per riproporre una succosa ed acuta recensione che ne ha fatto di recente Peppe Sciabica. (fv)
Il tempo lungo di Stefano Vilardo
Per l’uso acceso e alquanto dirompente della lingua,
funzionale alle conversazioni ricche di venature umorali fra un vecchio e un
giovane in una zona interna della Sicilia, pare che Stefano Vilardo nel suo
recente lavoro letterario “Garibaldi e il cavaliere”, edito da “Le farfalle”,
abbia invocato e ottenuto l’aiuto di una divinità del ferro e del fuoco. Nella
costruzione di vicende e situazioni concrete sempre meno schiacciate dal fumo
delle interpretazioni, l’autore si preoccupa di ridurre la distanza tra cose e
parole, proponendo al lettore meno ferrato la lettura di ambienti ed esperienze
di vita verosimili e per niente artificiose. Il puntiglioso lavoro di scavo
lessicale è condotto a ritroso nel tempo, lungo un percorso che denota varietà
di fermenti e forme espressive tanto acuminati quanto intensi ed originali. Se
immagini soggetti e voci fanno tutt’uno con il territorio periferico di Delia e
dintorni, paesi ai margini dei centri decisionali e con statico sviluppo
economico, perché Vilardo si ostina ancora a cercare radici, qualità e identità
tipiche di quel contesto?
A parte le esigenze di metodo e di merito, oltre la
robustezza della lingua legata alle conseguenze prodotte dal “leone dei due
mondi”, si può affermare che forti e tenaci concetti prendono linfa da
negazioni, privazioni ed esclusioni? E’ casuale che dai luoghi del cosiddetto
sottosvilppo, da Pirandello a Sciascia, si siano espanse le visioni e le
idealità fra le più fascinose dell’essere umano? Contrariamente al nostro tempo
che vive convulsamente di un istantaneo indifferente al durevole, mentre si
proietta velocemente su un oscuro futuro che fa a meno di un “cuore antico”, al
nostro scrittore interessa fino a un certo punto la Storia ridotta a guerre, a
saccheggi, ad atrocità, a cinici giochi diplomatici. Allora le storie “minori”,
se non spiegano per intero la complessità dei fenomeni, servono ad aggiungere
elementi non misurabili in termini commerciali o monetari, come la lingua o le
usanze locali,e restano altrettanto necessarie per capire le dinamiche umane.
Non solo è in armonia con la ricerca più aggiornata, ma dimostra in concreto il
suo amore per la Storia ripercorrendola senza colpi d’accetta.
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