Non c'è giorno che,
in televisione o sui giornali, di fronte ad una miriade di
fenomeni (dal consumo delle droghe al femminicidio) non si senta
ripetere la solita domanda cretina: cosa fa la scuola? Nessuno che si
chieda cosa si fa per la scuola, a partire da una più adeguata
retribuzione dei docenti. Uno studio dell’Ocse evidenzia ancora una
volta che gli insegnanti italiani sono i peggio pagati d'Europa. E in
una società dove la considerazione sociale è legata strettamente al
tenore di vita, i bassi salari degli insegnanti sono la prova della
scarsa considerazione di cui gode la scuola.
Salvo Intravaia
Insegnanti sempre più
poveri in 10 anni stipendi giù del 7%
Maestre e professori italiani sempre più poveri. Più di quanto non accada all’estero dove, in alcuni paesi europei, le retribuzioni si sono addirittura incrementate. E superano perfino quanto percepiscono i docenti universitari, come accade alla scuola superiore in Germania, Lussemburgo e Finlandia.
In Italia, invece, il
calo dello stipendio in termini reali è stato superiore a quasi
tutti i paesi presi in considerazione dall’Ocse —
l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico —
che tre giorni fa ha dedicato ai salari di maestre e professori il
suo ultimo focus: «Come si sono evoluti gli stipendi degli
insegnanti e come si relazionano con quelli dei docenti universitari?
». Il perché è presto detto: «Il compenso e le condizioni di
lavoro — dicono dall’Ocse — sono fattori importanti per
attrarre, sviluppare e trattenere una persona altamente qualificata
come forza lavoro e, in particolare, i salari degli insegnanti
possono avere un impatto diretto sulle decisioni individuali di
intraprendere la carriera dell’insegnamento».
In altre parole, paghe
più alte possono assicurare docenti maggiormente motivati e bravi al
sistema formativo di un paese. In Italia il blocco degli stipendi
quasi decennale ha determinato una forte erosione degli emolumenti. E
probabilmente anche un calo della motivazione in chi sta dietro le
cattedre. Basta fare qualche esempio.
Fatto cento lo stipendio
del 2005 — anno assunto dall’Ocse come punto di partenza — nel
2014, in Italia, il potere d’acquisto delle maestre è calato a 93:
si è ridotto del 7 per cento. Un taglio reale che ha riguardato
nella stessa misura tutti altri docenti italiani. Ma non tutti quelli
europei.
Restando nel Vecchio
continente, la tabella fornita dall’Organizzazione riserva diverse
sorprese. In Germania, locomotiva d’Europa, nello stesso periodo il
mensile alla scuola elementare si è incrementato del 10 per cento e
in Irlanda addirittura del 13 per cento. Anche i governi dei paesi
scandinavi hanno combattuto la crisi sostenendo gli stipendi degli
insegnanti. In Norvegia lo scatto in avanti è stato del 9 per cento
e in Finlandia di 6 punti. Anche Belgio e Danimarca fanno segnare un
segno positivo. A soffrire come gli insegnanti italiani (ma un po’
meno) i colleghi francesi che dal 2005 al 2014 hanno dovuto
sopportare un taglio reale del 5 per cento e solo la Grecia fa peggio
dell’Italia: con un sonoro 30 per cento in meno in busta paga.
«In Italia — spiega
Pino Turi, a capo della Uil scuola — abbiamo pagato la crisi
economica col blocco degli stipendi. In altri paesi, come la
Germania, si è preferito investire sulla scuola e quindi sul futuro
». «Nel nostro paese — aggiunge Francesco Sinopoli, della Flc
Cgil — c’è una grande questione salariale. Quella che gli
stipendi italiani nella pubblica amministrazione sarebbero più alti
che all’estero è semplicemente una favola».
Ora all’orizzonte c’è
il rinnovo del contratto, congelato al 2009. «In un Paese con mille
problemi, i docenti sono l’unico baluardo in tutti gli angoli
d’Italia. È per questo — spiega Lena Gissi, della Cisl scuola —
che abbiamo bisogno di un riconoscimento sociale e di un reale
investimento in termini economici. Colgo positivamente la
dichiarazione della ministra Fedeli che ha compreso le difficoltà
della scuola a partire dal gap stipendiale dei docenti italiani. Ora
aspettiamo azioni concrete ».
La Repubblica – 10
luglio 2017
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