“La vita non è che
un ombra che cammina; un povero commediante che si pavoneggia e si
agita, sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla
più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di
furore, che non significa nulla”.(Shakespeare)
Paolo D'Agostini
Alla corte di
Shakespeare Fassbender e Cotillard diventano due giganti
Ispiratrice di
un’interminabile galleria di interpretazioni teatrali, alimento per
musica (Verdi, per esempio) e arti figurative, la tragedia di
Shakespeare conta numerose rivisitazioni cinematografiche. Le più
celebri quelle di Orson Welles e Akira Kurosawa ( Trono di sangue). I
personaggi di Macbeth e di Lady Macbeth sono diventati un archetipo,
un paradigma: dell’ambizione senza freni e della cieca smania di
potere, dell’insinuarsi velenoso dell’invidia, del sospetto e
della gelosia che armano l’insaziabile vendetta.
Ricordiamo. Macbeth
signore di Glamis, combattente intrepido e leale quanto valoroso
generale al servizio del re di Scozia Duncan, ha sconfitto sul campo
di battaglia (scena potentissima, nel film di Justin Kurzel: cruenta
e dominata dalla cupezza della brughiera che fa da grigio scenario,
ma ben lontana dalla pacchiana dismisura ostentatamente
ultrarealistica di tanti spettacoloni bellici in costume medievale)
il traditore Macdonwald. Vittoria consegnata fedelmente nelle mani
del re. Però turbata dalla profezia delle tre streghe che gli sono
apparse sul campo di battaglia annunciando per lui un futuro da re ma
per il suo compagno Banquo un destino da capostipite di una dinastia
di re: Macbeth e sua moglie hanno appena perduto il loro unico
figlio.
Sarà lei, in occasione
del ricevimento offerto presso la loro residenza di Inverness a re
Duncan – che annuncia il passaggio della corona a suo figlio
Malcolm – a suggerire al marito un piano regicida. Che Macbeth
esegue nella notte riuscendo a dirottare i sospetti proprio su
Malcolm (che dopo averlo visto uccidere è fuggito), e ad essere
incoronato erede di Duncan.
Da qui un’escalation di
delirio omicida. Macbeth ordina l’uccisione di Banquo, e subito
dopo viene perseguitato dal suo fantasma, e di suo figlio Fleance. Il
prossimo nemico da neutralizzare è il dignitario Macduff, che ha
iniziato a sospettare di lui. Macbeth fa sopprimere tutta la sua
famiglia mentre Macduff ha raggiunto Malcolm in Inghilterra dove sta
organizzando una spedizione contro Macbeth.
Un’ulteriore appendice
di profezia delle tre streghe gli dice, in modo sibillino, che non
avrà nulla da temere fino a quando la foresta non raggiungerà il
castello reale di Dunsinane, e che egli non morirà per mano di un
uomo nato da una donna. Solo più tardi il mistero si chiarirà.
Quando l’assedio portato dall’esercito di Malcolm e Macduff,
incendiando la foresta, otterrà che il vento sospinga fumo e fuoco
verso Dunsinane. E quando Macbeth scoprirà che il rivale Macduff è
nato da parto cesareo. Intanto però Lady Macbeth, schiacciata dalla
colpa, abbandona il marito alla sua deriva di follia tirannica. Che
non gli impedirà, malgrado il coraggio, di soccombere.
L’immagine che forse ci
è stata tramandata più forte è quella dell’insopportabile peso
della colpa che induce Lady Macbeth ad abbandonare suo marito dopo
essere stata l’ispiratrice della sua perdizione. Ma la metafora
sulla follia cui può portare la brama di potere ha trovato
innumerevoli quanto infauste conferme nel corso della storia
successiva. Giganteggiano le due performance principali di Michael
Fassbender e di Marion Cotillard circondati da comprimari di classe.
In un disegno che armonizza il devoto rispetto per un classico con la
creatività di soluzioni adatte al mezzo di espressione.
La Repubblica – 7
gennaio 2016
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