Ricorre oggi il 125 anniversario della nascita di Antonio Gramsci (22 gennaio 1891 - 27 aprile 1937). Noi l'abbiamo già ricordato la settimana scorsa a Marsala. Ma ci piace tornare a parlarne oggi con una sommaria sintesi di quanto detto sabato scorso.
A CIASCUNO IL SUO GRAMSCI
Francesco Virga
Dopo circa vent’anni di oblio, in Italia si torna a parlare e a scrivere su
Antonio Gramsci.
Da un lato ci sarebbe da rallegrarsi perchè il silenzio è cessato. Dall’altro, se si entra nel merito, viene da piangere. Da ultimo persino uno scrittore che stimo, come Roberto Saviano, ha dato il suo contributo a questo gioco al massacro. Non parliamo poi di chi ricerca ancora Quaderni e manoscritti che non esistono, come se quelli esistenti non fossero sufficienti a definire un pensiero chiaro e limpido che niente e nessuno potrà mai oscurare.
Da un lato ci sarebbe da rallegrarsi perchè il silenzio è cessato. Dall’altro, se si entra nel merito, viene da piangere. Da ultimo persino uno scrittore che stimo, come Roberto Saviano, ha dato il suo contributo a questo gioco al massacro. Non parliamo poi di chi ricerca ancora Quaderni e manoscritti che non esistono, come se quelli esistenti non fossero sufficienti a definire un pensiero chiaro e limpido che niente e nessuno potrà mai oscurare.
Ho sempre considerato Gramsci un classico del 900. E mi vado sempre più
convincendo che i classici sono i migliori antidoti nei confronti delle mode
culturali. Cosicchè mentre queste ultime risultano ogni giorno più effimere, i
primi durano e resistono al tempo anche quando sono investiti da pretestuose
polemiche.
“Dire la verità è
rivoluzionario”: in questo motto, che
campeggiava nella testata di una delle riviste da lui create (L’Ordine Nuovo. Rassegna settimanale di
cultura socialista), si potrebbe riassumere il complesso pensiero e la
breve vita di Antonio Gramsci (1891-1937).
Fin da giovane, aveva mostrato di prediligere la verità su tutto. Basti
rileggere gli articoli scritti negli anni della prima guerra mondiale. In uno,
in particolare, credo che si trovi la chiave per comprenderli tutti:
“Noi siamo persuasi
che i fatti dovevano rimanere tali anche in tempo di guerra, e che la storia e
la cultura sono cose troppo da rispettare perché possano essere deformate e
piegate dalle contingenti necessità del momento. La verità deve essere
rispettata sempre, qualsiasi conseguenza essa possa apportare, e le proprie convinzioni,
se sono fede viva, devono trovare in se stesse, nella propria logica, la
giustificazione degli atti che si ritiene necessario siano compiuti. Sulla
bugia, sulla falsificazione facilona non si costruiscono che castelli di
vento,che altre bugie e altre falsificazioni possono far svanire.” ( La conferenza e la
verità, in L’Avanti torinese del 19/2/1916, ora nel volume “ Sotto la Mole”,
Einaudi 1960,p.43)
Queste affermazioni non sono l’ingenua manifestazione del pensiero di un
giovane idealista. L’amore per la verità contrassegna l’intera opera gramsciana
e ne costituisce uno dei suoi leit-motiv.
Lo stesso scontro con Togliatti nel 1926 avverrà proprio su questo
terreno. Infatti non condividendo le ragioni che spinsero quest’ultimo a
censurare le sue critiche a Stalin, con spirito profetico, arriverà a
predire il “suicidio” della rivoluzione d’ottobre. Gramsci, a differenza di
Togliatti, non accetterà mai la necessità di sacrificare la verità sull’altare
della rivoluzione. Basta rileggere le Lettere
e i Quaderni del carcere per
convincersene:
“Io sono sempre stato
dell’opinione che la verità abbia in sé la propria medicina”. ( L., p.783)
“Non bisogna concepire
la discussione scientifica come un processo giudiziario, in cui c’è un imputato
e un procuratore che, per obbligo d’ufficio deve dimostrare che l’imputato è
colpevole e degno di essere tolto dalla circolazione. Nella discussione
scientifica, poiché si suppone che l’interesse sia la ricerca della verità (…),
si dimostra più avanzato chi si pone dal punto di vista che l’avversario può
esprimere un’esigenza che deve essere incorporata(…) nella propria costruzione.
Comprendere e valutare realisticamente la posizione e le ragioni
dell’avversario(…) significa appunto essersi liberato dalla prigione delle
ideologie ( nel senso deteriore di cieco fanatismo ideologico), cioè porsi da
un punto di vista critico.” (Q, 1933)
“E’opinione molto
diffusa (…) che sia essenziale dell’arte politica il mentire, ilsaper
astutamente nascondere le proprie vere opinioni, i veri fini a cui si tende, il
saper far credere il contrario di ciò che realmente si vuole, ecc. ecc.
L’opinione è tanto radicata e diffusa che a dire la verità non si è creduti(…)
nella politica di massa dire la verità è una necessità politica.” (Q.p. 222).
Quest’ultima nota, in particolare, per essere compresa in tutto il suo
valore, va collegata alla sua concezione non elitaria della politica e di ogni
attività intellettuale. Per Gramsci, infatti, la politica non doveva essere
riservata agli addetti ai lavori. Dal
suo punto di vista - così come “tutti gli uomini sono filosofi perché tutti
pensano” - tutti possono e
devono occuparsi di politica; tanto più se si crede nella possibilità di
superare la secolare divisione del genere umano tra dirigenti e diretti.
In uno dei passi meno citati e frequentati dei Quaderni si trova scritto:
“Bisogna proprio dire che i primi ad essere dimenticati sono proprio i
primi elementi, le cose più elementari (…) Primo elemento è che esistono
davvero governati e governanti, dirigenti e diretti. Tutta la scienzae l’arte
politica si basano su questo fatto (…) Nel formare i dirigenti è fondamentale
la premessa: si vuole che ci siano sempre governati e governanti,oppure si
vogliono creare le condizioni in cui la necessità dell’esistenza di questa
divisione sparisca? Cioè si parte dalla premessa della perpetua divisione del
genere umano o si crede che essa sia solo un fatto storico rispondente a certe
condizioni? (…) per certi partiti è vero il paradosso che essi sono compiuti e
formati quando non esistono più, cioè quando la loro esistenza è diventata
storicamente inutile. Così, poichè ogni partito non è che una nomenclatura di
classe, è evidente che per il partito che si propone di annullare le divisioni
in classi, la sua perfezione e compiutezza consiste nel non esistere più.”
(Q. pp.1752-1753)
Rileggendo oggi questo brano, scritto in carcere nel 1933, si comprende
meglio perché la memoria di Gramsci è stata rimossa dall’orizzonte politico
dell’Italia odierna. Con un ceto politico sempre più autoreferenziale e
irresponsabile, interessato soltanto a difendere le proprie rendite di
posizione, a prima vista sembra che non possa esserci più spazio per l’utopia
gramsciana. D’altra parte è comprensibile il silenzio della “Casta” di fronte
ad un Autore rivelatosi profetico in più di una circostanza. E’ molto più comodo
per tutti oscurarlo e/o ricordarlo soltanto in modo rituale. Invece per me, pur
riconoscendo che su alcuni punti è necessario andare oltre Gramsci, rimane
valido il suo metodo di approccio critico e mai dogmatico ai problemi. E
molte sue pagine mi appaiono ancora oggi di straordinaria attualità. Si
rilegga,ad esempio, “La favola del
castoro”, dedicata all’analisi dei dirigenti socialisti italiani del primo
dopoguerra che, con la loro inettitudine, aprirono le porte al fascismo.
Sicuramente “la scissione tra i
programmi sonori e i fatti miserabili” oggi è maggiore di ieri; per non parlare del “distacco tra
rappresentati e rappresentanti” e “la
nessuna unione con la classe rappresentata” da parte di quella che oggi,
non a caso, viene definita una “casta”.
francesco virga
francesco virga
Riprendo dal mio diario di FB alcuni commenti pervenuti:
RispondiEliminaGiovanni Marchetti: Grazie Francesco, hai risvegliato in me la voglia di ritornare a studiarlo e rileggerlo. Penso che se una sinistra italiana voglia rinascere imprescindibile sara'il ritorno ad Antonio Gramsci!!!!
Marialuisa Cambosu: Ho letto, qualche anno fa, le lettere di Gramsci alla moglie Julca. Dall' esilio alla lunga prigionia. Ne emerge piano piano il disfacimento di una così bella e limpida mente. "Forse resterai lontana....". È commovente ed umano. Questo libro sta sempre sul mio comodino. Non c' entra nulla ma mi è venuto dal cuore
Francesco Virga Non è vero, cara Marialuisa, che non c'entra nulla con Gramsci quello che hai scritto! C'entra tanto...Io ho sempre consigliato di partire dalla lettura delle lettere dal carcere per capire bene il pensiero e il dolore del grande sardo.
Barbara Lottero: Ci sono scritti che prima si amano, poi si studiano e col passare del tempo si comprendono
Silvana Locci: Grande intellettuale e maestro di vita.