Le architetture dell’orrore
Natàlia Castaldi
E’ il 27 gennaio e, ormai da undici anni,
ogni ventisette di gennaio si torna a parlare e polemizzare
sull’utilità di celebrare la memoria dell’Olocausto e la liberazione del
Campo di concentramento e sterminio di Auschvitz, avvenuto nel corso
de La Grande Offensiva dell’Armata Rossa, il 27 gennaio del
1945. La settimana del 27 gennaio anno dopo anno va perdendo di vista il
suo obiettivo principale, saturando l’informazione con discussioni
sterili, o peggio pavoneggianti, sulla retorica della memoria,
sull’inutilità dell’istituzione di una data in cui celebrare una memoria
tanto scomoda da meritare l’etichetta dell’ipocrisia, del
fastidio, della noia, del trito e ritrito talmente ripetuto e celebrato
da causare irritata indifferenza, un distacco emotivo assuefatto e
malato che non si ferma al passato, ma si protrae ed estende al
presente, al punto di “banalizzare il male” come qualcosa che comunque non ci appartiene se non come spettatori inermi, indispettiti,
disturbati.
disturbati.
Testo tratto da https://rebstein.wordpress.com/
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