Porto di Genova nel 1481
Un percorso di letture
storiche lungo i mari dei commerci. Gli intrecci tra est e ovest
grazie alla presenza delle città marinare.
Marina Montesano
Genova, Pisa, Venezia,
rotte per la civiltà
In coincidenza con la
lotta per le investiture, che nella seconda metà dell’XI secolo
pose spesso in dubbio la legittimità dei poteri vescovili, i ceti
dirigenti cittadini, fra i quali emergeva sempre più la piccola
feudalità che si era inurbata, ma che non per questo aveva
abbandonato i suoi possessi extraurbani e le sue attitudini
guerriere, acquistarono crescente coscienza di sé e del proprio
ruolo nelle città.
Un nuovo sistema di
governo cittadino si sviluppò proprio tra il XI e il XII
secolo, in significativa coincidenza con la maturazione dello
sviluppo economico e commerciale delle città occidentali,
specie di quelle affacciate sul mare. E proprio il Mediterraneo
è centrale per comprendere la precocità di alcune fra queste
autonomie, che andavano di pari passo con una rinnovata forza
espansiva: commerciale quanto militare. È il caso di Pisa
e Genova, che già prima della fine dell’XI secolo avevano,
tra le poche in Italia, un governo consolare.
Furono queste città (e
poco dopo Venezia: inizialmente legata troppo strettamente a Bisanzio
e timorosa di una concorrenza) a imporre, in concomitanza
con la prima crociata, dei veri e propri itinerari che si
snodavano su un asse est-ovest e viceversa, che univa i loro
porti a Costantinopoli e alle colonie mercantili che
avevano fondato tanto nell’impero bizantino quanto sulla costa
siro-libano-palestinese, con l’appoggio dei principi crociati.
I molti conflitti
che scaturirono nel XII-XIII secolo tra loro ebbero sovente origine
da tensioni nate «oltremare». Ad esempio l’inimicizia tra Genova
e Pisa, poi divenuta proverbiale, non sussisteva nell’XI
secolo, quando le due città collaboravano per liberare il Tirreno
dai corsari musulmani provenienti dall’Africa e dalle Baleari.
Ma cominciò a configurarsi quando si trattò di stabilire quale
fra le due avrebbe dovuto stabilire la sua egemonia sulle grandi
isole di Corsica e di Sardegna; e continuò poi sia in
Costantinopoli, sia in Acri e in Tiro (i due massimi porti del
regno crociato), dove i quartieri veneziano, pisano e genovese
erano contigui.
Un’idea del
protocolonialismo
Fra le tre potenze, è stata Venezia a esercitare la parte del leone nel panorama storiografico: la sua longevità, la sua stessa urbanistica, così unica, l’hanno resa meglio nota e più studiata. Gli studi specialistici sulle due città del Tirreno non sono certo mancati, ma a latitare sono state piuttosto le opere di sintesi, in grado di comunicare ai lettori quadri generali senza rinunciare alla correttezza e all’aggiornamento dei metodi e dell’informazione. Vengono a colmare questo vuoto due libri agili, eppure molto ricchi: Antonio Musarra, Genova e il mare nel Medioevo (il Mulino, pp. 204, euro 14) e Michael Mitterauer – John Morrissey, Pisa nel Medioevo. Potenza sul mare e motore di cultura (Viella, pp. 300, euro 25).
Mitterauer e Morrissey strutturano il lavoro in tre parti ben definite: si inizia con l’ascesa di Pisa, si dedica la parte più ampia alla costruzione della rete commerciale e a quello che i due definiscono «protocolonialismo» (sulla linea inaugurata decenni fa dall’indimenticato Joshua Prawer), fino alla crisi del Duecento; l’ultima parte, come il titolo promette, è dedicato a Pisa come centro culturale, per il quale si prende a paradigma il capolavoro di Piazza dei Miracoli e il suo significato dal punto di vista artistico, nonché politico.
Liguri e mappe
atlantiche
Antonio Musarra traccia un quadro più articolato della fortuna marittima dei genovesi sul mare; non ci si deve dimenticare infatti che anche Genova ha conosciuto una straordinaria longevità che cronologicamente va ben oltre la mera «età comunale». Si parte allora dalle prime attestazioni per giungere fino all’apparizione dei liguri sulle rotte atlantiche. Tuttavia, rispetto a opere simili, e anche rispetto al testo di Mitterauer e Morrissey, Musarra dedica spazio ai quadri istituzionali e di governo. Può sembrare ovvio, ma così non è: sino a ora la storiografia ha preso in considerazione la Genova sui mari o la Genova-città; il dialogo tra le due parti potrebbe dare, come sembra già mostrare questo libro, risultati interessanti.
Come abbiamo detto, la
storia di Genova quale potenza imprenditoriale e marittima va
ben oltre i limiti del Medioevo; lo spiega bene il
catalogo Tutti i genovesi del mondo. La grande espansione
commerciale (secoli XI-XVI), a cura di Giustina Olgiati
(Brigati, pp. 204), che illustra una mostra appena tenutasi
all’Archivio di Stato di Genova. La presenza genovese riguarda il
Mediterraneo occidentale (dalle isole del Tirreno, al nord-Africa,
alla Francia, alla Spagna), quello orientale (Bisanzio, il Mar Nero,
il Vicino Oriente) e poi oltre: la Cina da una parte,
l’Atlantico dall’altra. Senza trascurare la cartografia, i culti,
e tutto ciò che viaggia insieme agli uomini e alle merci.
Se i confini della
presenza genovese sono oceanici, è vero che il Mediterraneo
resta centrale, anche culturalmente, per comprenderne l’esperienza.
È vero inoltre che siamo abituati a parlare di rapporti
intermediterranei soprattutto per certi temi e certe epoche. Ad
esempio, è ancora largamente diffuso lo stereotipo che vuole la
conquista ottomana del Mediterraneo orientale come spartiacque tra un
prima florido e un poi problematico, mentre è vero il
contrario: quella conquista avviò una nuova fase di rapporti a 360
gradi. È ciò che si evince molto bene da un’altra ottima
uscita: Incontri di civiltà nel Mediterraneo. L’impero
ottomano e l’Italia del Rinascimento. Storia, arte
e architettura, a cura di Alireza Naser Eslami (Olschki,
pp. 180 euro 25).
Pisa nel Medioevo
Un cocktail di culture
Si tratta di una raccolta di saggi che partono dall’incontro-scontro militare (Giovanni Ricci e Franco Cardini) e dai rapporti commerciali (Gabriella Airaldi) per dedicare poi un ampio spazio al fenomeno artistico latu sensu. Per questo è di grande aiuto la qualità delle immagini, molte, belle, inserite nel testo, che una volta tanto rendono giustizia alle meraviglie prodotte dall’incontro culturale tra Oriente da Occidente: bastino i tappeti turchi raffigurati nelle tele italiane del Rinascimento, di cui si occupa Giovanni Curatola, oppure le architetture genovesi e veneziane a Istanbul, illustrate da Aygül Agir: la torre (detta dei «genovesi») e le mura esterne a Galata; lo Han di Rüstem Pasha che ingloba la chiesa di San Michele, e poi tanti altri.
È una storia, quella degli incontri di civiltà nel
Mediterraneo, che tutti questi libri ci invitano a scoprire
nella storia; o, perché no, nelle molteplici attestazioni materiali
(documentarie, artistiche, urbanistiche) che fortunatamente sono
ancora sotto i nostri occhi. Purché le si voglia vedere, senza
paraocchi e soprattutto senza farsi incantare dalle sirene dei
fautori dello «scontro di civiltà».
Il Manifesto – 13 gennaio 2016
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