Un libro ridefinisce
l'atteggiamento di Giacomo Leopardi verso la natura. Ne esce
l'immagine di un filosofo naturale nella migliore tradizione
illuminista.
Armando Massarenti
Leopardi: natura non solo matrigna
Se la vulgata sulla concezione della natura in Giacomo Leopardi si riducesse al suo essere “matrigna“ (come ahinoi avviene in quasi tutte le scuole) avremmo un’immagine assai misera del pensiero del poeta. Il quale a tutti gli effetti, invece, ci appare grandissimo anche come filosofo proprio se consideriamo la profondità e la continuità con cui si è occupato delle varie scienze, dalle prime opere giovanili (la Storia dell’astronomia, scritta a soli 13 anni) fino alla fine dei suoi giorni.
Gaspare Polizzi ha
scritto un bellissimo libro intitolato Io sono quella che tu fuggi
(Edizioni di Storia e Letteratura, pagg. 136, € 17) in cui mostra
«la ricchezza della concezione leopardiana della natura e la
presenza in essa di una trama di conoscenze scientifiche,
significativa rispetto al sapere del tempo e talmente efficace da
indirizzare non solo tante riflessioni sulla natura disseminate nello
Zibaldone, ma anche la filosofia della natura che emerge dalle
Operette morali, opera “filosofica, benché scritta con leggerezza
apparente” (Lettera ad Antonio Fortunato Stella, Recanati 6
dicembre 1826), e che traspare, se pure nello stile “vago” e
indefinito scelto dall’autore, nei Canti e negli altri componimenti
poetici».
Polizzi considera giustamente Leopardi un ”filosofo naturale” nell’accezione che rinvia al philosophe illuminista e mette in evidenza le competenze scientifiche che contribuiscono all’originalità della sua filosofia: astronomia, cosmologia, matematica, chimica, biologia, storia naturale, fisica, tecnologia, storia della scienza, antropologia. La natura matrigna, rappresentata da una «forma smisurata di donna» (la si vede personificata anche nel film di Martone) è quella che, secondo la vulgata, ha fatto tanto soffrire il poeta.
Sottolineando questo
aspetto, non si capisce però quanta gioia ha dato a Leopardi lo
studio delle scienze, veicolo di un atteggiamento scevro da ogni
forma di autoinganno che pervade tutta la sua riflessione. Polizzi
cita nella prefazione un articolo del fisico Carlo Rovelli uscito su
Domenica il 17 dicembre 2014 intitolato «Non possiamo non dirci
naturalisti» dove il naturalismo è definito come «l’atteggiamento
filosofico di chi ritiene che tutti i fatti che esistono possano
essere indagati dalle scienze naturali, e noi stessi siamo parte
della natura.
Non è naturalista chi
assume realtà trascendenti che possiamo conoscere solo attraverso
forme non indagabili dal pensiero scientifico». Una definizione che
si attaglia perfettamente al pensiero leopardiano. Le scienze
predilette da Leopardi erano l’astronomia, la chimica e la
biologia.
L’astronomia, più di
ogni altra scienza moderna, ha mostrato lo scarto tra gli errori che
commette il senso comune e le verità che la scienza può disvelare:
«Ci fa “vedere” un mondo che contraddice le nostre più
elementari esperienze sensibili e mette di conseguenza in discussione
le certezze più consolidate, tra le quali quella, fondamentale, del
primato dell’uomo nel cosmo. Il punto di vista dell’astronomia
moderna permette così a Leopardi di sviluppare fino alle più
estreme conseguenze la potenza della ragione critica». Nello
Zibaldone (2/12 agosto 1823) si trova una chiara indicazione del
rilievo filosofico della “rivoluzione copernicana” nel rapporto
tra uomo e natura, che riconosce insieme la piccolezza umana e il
carattere “periferico” del nostro sparuto pianeta.
L’astronomia, ma anche
la biologia (vi sono pagine che mostrano la conoscenza di dispute che
portano diritte al contesto da cui scaturì l’idea darwiniana della
vita) e la chimica (con Lavoisier come protagonista) continuano a
interessare Leopardi per tutta la vita. Attraverso di esse prosegue
la sua riflessione sul ruolo dell’errore (e del suo superamento)
nella crescita della conoscenza che iniziò giovanissimo con il
Saggio sopra gli errori popolari degli antichi. Non deve stupire se
la moderna ragione scientifica e filosofica viene posta in contrasto
con la sapienza degli antichi, che peraltro furono anch’essi
campioni di naturalismo. È che la distruzione sistematica degli
“errori” - nota Leopardi - finisce per distruggere anche le
“illusioni” necessarie per vivere.
Ma questa consapevolezza,
da cui deriva una riflessione assai matura sulla filosofia morale
degli antichi e di come possa essere utile ai moderni, non si
trasforma mai in Leopardi in critica all’unica fonte attendibile
della nostra conoscenza, che possiamo trovare solo nelle sue amate
scienze.
Il Sole 24Ore – 17
gennaio 2016
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