Dal
fiorire degli studi sul fenomeno dell'Inquisizione nell'Europa
rinascimentale emerge l'immagine di una società molto più
trasgressiva e libera di quello che solitamente si crede.
Dino Messina
Le libertà nascoste
dietro l’Inquisizione
Streghe, eretiche, mistiche, ebree, bigame, concubine, schiave, convertite... Sono numerose le protagoniste di saggi e incontri sull’Inquisizione, ma — ha detto la storica Marina Caffiero introducendo i lavori del recente convegno L’inquisizione e le donne , che si è svolto a Roma a cura dell’Università La Sapienza e della Congregazione del Sant’Uffizio — è la prima volta che un incontro di studi viene dedicato al tema. Ancora oggi non sappiamo quante siano state le inquisite, le condannate e così via.
Nonostante alcuni lavori
specifici, come quello fondamentale di Andrea Del Col sull’Italia
del Rinascimento, abbiano per esempio «ridimensionato sia i numeri
dei processi sia delle condanne a morte (circa 700 processi con
250-270 condanne capitali certe tra 1400 e 1541) e una percentuale di
condanne a morte che era del 22 per cento per gli uomini e di ben il
40 per cento per le donne».
Questa percentuale si
spiega con il fatto che si riferisce al periodo culminante della
caccia alle streghe, ma non risponde alla domanda di carattere
storico-sociale: chi erano concretamente le inquisite?
Nei processi, risponde la
storica Caffiero, tutti i ceti sociali sono rappresentati. Così «i
reati non sono esclusivamente quelli ritenuti di pertinenza femminile
(stregoneria, infanticidio)», ma troviamo false sante, visionarie e
anche scrittrici, come Maria d’Agreda, la mistica spagnola vissuta
nella prima metà del Seicento che sosteneva di aver visitato le
Americhe senza mai uscire dal convento.
I processi
dell’Inquisizione ci raccontano non soltanto una storia di
repressione, ma anche un universo di libertà, perché documentano
pratiche e stili di vita ben lontani dalla morale cattolica. «Emerge
— sostiene Caffiero — una libertà disinvolta di comportamento,
ad esempio nei rapporti sessuali e nella frequenza della bigamia e
del concubinato, e soprattutto di movimento sul territorio. Mobilità
con spostamenti frequenti in tutta Europa, falsificazione di identità
e di documenti, travestimenti anche maschili, dissimulazione della
propria fede, facilità della conversione».
Dagli
archivi dell’Inquisizione esce insomma un mondo di trasgressioni e
un’emancipazione femminile che furono solo in minima parte
sanzionati.
Il Corriere della sera –
15 giugno 2014
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