LO STUPORE DI FRONTE ALL'ESISTENZA
"Domani sarebbe stato il compleanno di Franco Scaldati, scomparso a settanta anni nel giugno 2013. Dalla pagina ufficiale saranno pubblicati alcuni materiali e una lettera a Franco scritta dalla compagnia.
Ogni anno è emozionante in maniera diversa. E Franco è ormai fra i Lari di molte persone. Ho voglia di riportare, però, oggi alcuni passi di una mia riflessione personale, tratta da un articolo pubblicato da una rivista subito dopo la morte.
Franco Scaldati stabiliva con ciascun allievo un rapporto unico e irripetibile e ognuno poteva usare questo privilegio a suo modo, secondo la propria sensibilità. Arrivare al risultato che il Maestro esigeva era apparentemente semplicissimo eppure implicava una fatica enorme, perché richiedeva tempo, umiltà, capacità di rinunciare ad abitudini mentali prima che pratiche, dedizione, buon gusto ed onestà. Franco non era moralista eppure esigeva moralità. Con lui si faceva soprattutto un percorso di sottrazione di volontà, che passava per un rigoroso lavoro di bottega. Franco guardava con sospetto la mentalità performativa e l'arte di genere, aborriva l'esaltazione gratuita del pensiero e del talento. Detestava i concetti edulcorati, autoreferenziali, amava tutto ciò che la mentalità borghese negava. Lo interessavano gli scenari urbani che poteva popolare di fantasmi. L'orrore e la meraviglia si sovrapponevano nelle sue storie, diventavano lo stupore dei suoi personaggi di fronte all'esistenza. Franco regalava commoventi epifanie. Bisognava allenarsi ad assistervi, lavorando con rigore ma alleggerendosi nel frattempo delle sovrastrutture. Il lavoro sul testo era maniacale. Le parole erano anzi tutto musica e poi significanti. Bisognava intuirle e mettersi a loro disposizione. Sul palco, poi, contava l'assenza più che la presenza scenica. Tutto ciò richiedeva innamoramento e tempo. Franco esigeva molto tempo. Sulla generosità del proprio tempo differenziava gli attori dagli artisti, prediligendo i secondi rispetto ai primi. (...) La sensazione è che se ne sia andato e che se ne sia andata qualcosa il cui tornare è finito, della quale cioè siamo rimasti orfani definitivamente."
(Valeria Sara Lo Bue)
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