02 aprile 2021

MENTRE I GENERALI DANNO FIATO ALLE TROMBE qualcuno CAMBIA NOME AI VACCINI

 


VAXZEVRIA

Oggi su “Repubblica” Stefano Bartezzaghi, noto semiologo ed enigmista, commenta la notizia del “renaming” (così, sappiate, si definisce un cambio di nome in questa nostra epoca anglosassonizzata) del vaccino AstraZeneca, che d’ora in avanti si chiamerà “Vaxzevria”.
La modifica è stata approvata dall'Ema il 25 marzo a seguito di una richiesta da parte del gruppo farmaceutico anglo-svedese, come si legge nel sito dell'agenzia europea del farmaco, in cui è stato pubblicato anche il nuovo “bugiardino” del farmaco (confesso che a me questo termine ha sempre messo i brividi…).
Come scrive argutamente Bartezzaghi, «i titolari fanno notare che in realtà il loro prodotto sinora un nome non l’aveva, ma si chiamava genericamente “Vaccino Covid19 AstraZeneca”, che è come se “I promessi sposi” si intitolassero “Romanzo di Alessandro Manzoni". Che sia per attenuare il ricordo degli infortuni, che sia per preservare il nome della ditta, che sia che solo ora abbiano trovato il tempo di occuparsi del nome, sta di fatto che i signori di AstraZeneca hanno dato al loro prodotto un nome: “Vaxzevria”. Non si sa dove cada l’accento, sulla E o sulla I, ma sembra il minore dei problemi. Che nome è? Un che di romagnolo lo ha. Incomincia con un “vax” e va benissimo, si capisce. Ma poi c’è una Z e non si ricordano parole in cui X e Z siano ravvicinate, senza neppure la pausa con il trattino. Un posto dove X e Z sono contigue è la tastiera e dato che anche le altre lettere sembrano disposte in modo inconsulto si teme sia successo come nello storico tweet trumpiano “Covfefe”, probabile frutto di un colpo di sonno durante la digitazione e di un Invio preterintenzionale. Sapremo mai scrivere “Vaxzevria” senza pensarci troppo sopra? Troveremo una pronuncia accettabile e soprattutto compatibile con la necessità igienica di moderare la produzione orale di droplet nel parlare? E AstraZeneca non era un nome già abbastanza assurdo? […] Non avremo mai risposte. Speriamo di avere almeno il vaccino».
Bartezzaghi però è fin troppo ottimista: infatti un ennesimo ritardo di 48 ore della consegna delle fiale dell’ineffabile vaccino ex-AstraZeneca, attese per ieri, ha costretto diverse regioni a rimandare migliaia di appuntamenti rallentando ancora una volta la travagliatissima campagna vaccinale.
In realtà, il cambio di nome del più discusso (ma più economico) vaccino anti-Covid a me ricorda un raccontino contenuto in un’antica antologia scolastica dialettale di mio padre (“Li cosi nuvelli – Indovinelli, proverbi, novelline del popolo siciliano” di Giovanni Antonio Di Giacomo e Luciano Nicastro, 1924); il titolo di questo sapido aneddoto è “Magàgghiu e matacubbu”.
Un villano, stufo di zappare con il “magagghiu” (pesante zappa) decide di farsi monaco per non faticare più. Il priore del convento gli chiede che lavoro avesse fatto in passato; alla risposta sincera dell’ex contadino (“Iu, zappava; e mi fici monacu pirchì m’annuiava ddu travagghiu”), il religioso decide di prendersi gioco di lui e lo invita a recarsi in sagrestia per prendere il “matacubbu”. Quando il monaco esegue l’ordine, trova in sagrestia un “magagghiu” e non può che constatare che l’oggetto tanto odiato ha cambiato nome: “Lu nomu ti canciasti: di magagghiu, matacubbu ti mittisti!”.
Similmente noi, nell’hub o sagrestia o studio medico o farmacia dove un giorno prima o poi saremo vaccinati, se dovessimo avere la ventura di vederci somministrare il Vaxzevria, non potremo fare a meno di esclamare: “Lu nomu ti canciasti”, incrociando le dita (o facendo di nascosto le corna) per evitare spiacevoli effetti collaterali.

Mario Pintacuda

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