15 febbraio 2012

Risparmia la mia casa, o San Floriano. Appicca il fuoco a quella del vicino!




        Per capire quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi i sentimenti non bastano; tanto più, se si considera,  che chi governa il mondo  ne è del tutto privo.
        Helena Janeczek, in un articolo pubblicato  stamattina su http://www.nazioneindiana.com  , riuscendo a coniugare ragione e sentimenti,  ci aiuta a capire meglio come sta reagendo la Germania ( e non solo) alla crisi greca:


La cicala, la formica e San Floriano

Domenica bastava guardare i tg prime-time della tv pubblica tedesca per capire che la Grecia è uno scenario venuto a noia, un fronte dato per perso comunque vada, senza tanti rimpianti né rimorsi. Il voto e la guerriglia ancora in corso ad Atene non aprono nessun notiziario, né ricevono una copertura più ampia di due minuti. La cosa fa riflettere su come, attraverso i media, interagiscano interessi politici e opinione pubblica. Lo sfacelo della Grecia, la miseria in cui sono ridotti i suoi cittadini, non vengono taciuti, ma sono presentati come esito ineluttabile di cui gli stessi greci risultano i principali colpevoli.“Un intero popolo scende in strada contro una situazione che deve ascrivere a se stesso”, sintetizza un commento della seconda rete Zdf.
L’aspetto interessante è che il messaggio non passa solo per le opinioni esplicite, ma anche attraverso le definizioni “neutre” che ricorrono uguali sulla stampa di qualsiasi orientamento politico. L’oggetto del voto recente viene chiamato Sparpaket, pacchetto-risparmio: formula eufemistica adatta a superofferte di ogni tipo, con cui si eludono parole come “tagli” o “austerità” adoperate in tutte le altre lingue. La stessa crisi è rubricata come Schuldenkrise, crisi del debito, dando per implicito che la causa risiede solo lì e non anche nelle politiche d’austerità che hanno generato il collasso economico senza risollevare il debito pubblico.
Che i greci medesimi si siano fatti un’idea un po’diversa, su questo si è visto invece qualcosa di simile alla censura: massima cautela nel diffondere immagini di svastiche, bandiere tedesche bruciate, slogan contro i nuovi nazisti. In vista degli ultimi aiuti da dover far approvare in parlamento, meglio non ostentare quanto sia odiosamente ingrato il popolo incapace “di fare i compiti”.
Ma forse c’è qualcosa in più contro cui erigere quelle difese che qualificano il memorandum firmato a Atene come firewall (e non come reale “salvataggio” da una bancarotta già avviata). Oggi i tedeschi stanno meglio di pressoché tutti gli altri europei, ma del contagio forse hanno più paura. Nessuno ha sperimentato quanto loro dove può condurre l’innesco tra depressione e violenza: quindi se c’è qualcuno in cui un tedesco moderno e democratico non vorrebbe mai doversi riconoscere non è soltanto un avo in divisa da SS, ma anche uno fra il 43% di disoccupati, causati negli anni ‘30 proprio dalla rigidissima austerità del cancelliere Brüning, quella massa di disperati che fu decisiva per la fulminante ascesa del nazismo.
Alla preoccupazione primaria di perdere il benessere e le sicurezze sociali conquistate, si potrebbe quindi aggiungere il timore per un’identità nazionale positiva faticosamente ricostruita. Se la crisi facesse emergere la fragilità del lavoro denominato Vergangenheitsbewältigung, con un neologismo mastodontico quanto lo sforzo di superare il passato? Se dimostrasse che aveva ragione Marx a teorizzare che la sovrastruttura culturale non regge senza la base economica che la sostiene?
C’è un sentore di cecità, anzi persino di diniego, nella serena ostinazione con cui in Germania ci si adagia collettivamente sulla parabola della formica e della cicala che ottengono ciascuna ciò che merita. La Grecia e i greci siano tutt’altro: non un problema nostro e uno specchio tantomeno. Del resto, la scarsa reazione ai roghi di Atene richiama un proverbio austriaco-bavarese improntato a un realismo (o cinismo) cattolico-contadino persino antitetico all’etica protestante motore dello spirito del capitalismo altrove invocate come un mantra. Heiliger Sankt Florian / Verschon’ mein Haus / Zünd’ andre an! Risparmia la mia casa, o San Floriano/ Appicca il fuoco a quella del vicino.
Purtroppo è abbastanza evidente che una simile preghiera non alberga soltanto nei cuori dei tedeschi. E’ a questo che pare ridotta l’Europa unita: un rapporto di vicinato dove si spera che l’incendio divelga la casa accanto, affinché la propria rimanga illesa o ne esca solo bruchiacchiata. Si potrebbe elevare San Floriano martire, sinora venerato soprattutto come patrono dei pompieri, a protettore dell’Unione o di quanto ne resterà nel prossimo futuro. 

Helena Janeczek

1 commento:

  1. Analisi interessantissima. L'uso del linguaggio a fini manipolativi, distorsivi della realtà. Mostrare attenuando, occultando se è il caso lo richiede, rendere impliciti contenuti sgraditi. Il retroterra storico di questo ostinato atteggiamento tedesco. In ultimo il proverbio che è un'invocazione e al contempo una maledizione. Un vero stimolo alla riflessione. Grazie. Ne farei un "sottolinea" per il mio blog.
    Fabrizio

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