Oggi voglio
ricordare uno scrittore che ho tanto amato nella mia giovinezza: Albert Camus
(1913-1960). Così recupero anche la recensione di un libro che merita di essere
letto per la sua straordinaria attualità.
Leonetta Bentivoglio - La rivolta di Camus e
la sinistra di oggi
Con lucidità
di sguardo filosofico, Albert Camus vola oltre il suo tempo e atterra nel nostro.
A cinquant' anni dalla morte dello scrittore, nato in Algeria nel 1913 e ucciso
da un incidente d' auto nel ' 60, Paolo Flores d' Arcais dipinge in una sintesi
puntuale il persuasivo ritratto di Albert
Camus, filosofo del futuro
(Codice edizioni, euro 9, pagg. 61). Lo fa scansando le forzature di giudizio
che ne hanno diluito l' importanza nell' ottica novecentesca non solo francese:
l' autore di un romanzo di riferimento quale Lo straniero passa infatti per un "filosofo per liceali"
dotato di un' aura troppo letteraria, nella classica sobrietà della scrittura,
per meritare approfondimenti filosofici. Pregiudizi che Flores d' Arcais non
segnala in modo dichiarato, ma evoca come fantasmi impliciti da abbattere lungo
il suo percorso di riscatto.
Ostile a
Sartre nella diversità di riflessione esistenzialista e nemico del marxismo,
pur nell' adesione giovanile al partito comunista, Camus, in quest' excursus
che attinge soprattutto al volume degli Essais, ci viene presentato come
messaggero di quel «finito dell' esistenza» che respinge fughe nell' ideologia
e nel sacro.
La finitezza
si collega ai concetti-chiave dell' assurdo e della rivolta: assurdo è il mondo
in quanto non ha senso, e la rivolta insorge laddove l' uomo non soccombe all'
irrazionale per giustificare il proprio esistere insensato, né si rassegna al
male che lo assedia. È questa dimensione etica della ribellione a stabilire un
territorio di dignità per tutti e un nesso umanitario fondato su valori scelti
e non strumentali. Se non c' è un Dio che incorona i sovrani, e se il popolo è
molteplicità dei singoli e non un Uno equiparabile al monarca per diritto
divino, si spezza la linea colma di valenze fasciste che nella storia porta
fino a Lenin. Di fatto il comunismo, secondo Camus, è rivolta tradita, al pari
delle filosofie che offrono surrogati di Dio; e non sono i fascismi a potersi
dire eredi di Nietzsche, dato che elementi nicciani confluiscono pure nel
leninismo.
Dar senso
alla vita vuol dire condividere la rivolta scagliandosi sia contro l'
ortodossia comunista sia contro le menzogne della morale borghese. Visione
intollerabile a destra così come a sinistra: perciò malgrado il Nobel e l'
universalità dei suoi romanzi, Camus, alfiere di una sinistra opposta a quella
del marxismo poliziesco («sono di
sinistra nonostante la sinistra», è una sua frase scandalosamente attuale),
viene bandito da un establishment che non ragiona fuori dagli schieramenti.
L' essere
umano in bilico tra l' assurdo della propria condizione e la solidarietà col
prossimo ( solitaire, solidaire ), ci insegna questo "filosofo del
futuro", deve reagire imbracciando una concreta fratellanza. È in tal
senso che il pensiero politico di Camus, conclude Flores d' Arcais, ha la
geniale preveggenza di un riformismo laico e libertario, allergico ai
totalitarismi di ogni colore e ricco di un genuino afflato etico che vince
rischi di nichilismo. Altro che filosofo pessimista e dilettante.
(Da: La
repubblica del 22 febbraio 2010)
"L'intellettuale non deve essere indifferente alla politica. Deve però essere indipendente da essa. [...] L'artista non deve servire alcun partito, ma soltanto la gioia e il dolore degli uomini".
RispondiEliminaAlbert Camus
«Ogni generazione, senza dubbio, si crede destinata a rifare il mondo. La mia sa che non lo rifarà. Il suo compito è forse più grande: consiste nell’impedire che il mondo si distrugga» *Albert Camus nel discorso per il Nobel, 1957*
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