Massimo Recalcati - La terapia creativa di
Elvio Fachinelli
Elvio
Fachinelli è stato probabilmente, insieme a Franco Fornari, ma diversissimo per
stile e vocazione teorica, lo psicoanalista italiano più originale e creativo
degli anni Settanta-Ottanta. La sua opera non ha mai assunto quello spirito di
sistema che ha invece caratterizzato il pensiero di Fornari e anche per questo
ne costituisce, seppure nel solco comune della tradizione freudiana, una
alternativa radicale. Se Fornari diede luogo alla psicoanalisi come macchina
interpretativa (teoria coinemica), Fachinelli non ha mai smesso di ricordare la
centralità dell' imprevisto e della sorpresa nell' esperienza singolare dell'
analisi.
Se il primo
si muoveva attraverso l' uso programmatico di codici simbolici immutabili, il
secondo sospingeva la teoria della psicoanalisi al limite dell' indicibile, al
confine con l' esperienza estatica rivendicandone il carattere anarchico e
avverso ad ogni sistematizzazione che pretendeva di proporsi come
definitiva.
Se il primo
insisteva sul carattere trasmissibile della psicoanalisi, sulla possibilità di
farne una disciplina universitaria, il secondo metteva in guardia sulla
dimensione didattica della psicoanalisi che ai suoi occhi appariva come una
truffa, una mistificazione intellettuale dell' autentica esperienza dell'
inconscio come incontro con il non ancora visto, né saputo.
Se il primo
è stato un produttore infaticabile di scritti teorici sulla psicoanalisi
ordinati in un sistema concettuale rigoroso, il secondo ha sempre scritto nella
forma del frammento, dell' intervento breve, privilegiando la parola orale a
quella scritta a partire dalla convinzione che lo spirito della psicoanalisi abbiaa
che fare con il dialogo vivente più che con il carattere immobile della
scrittura.
Per tutte
queste ragione, e per altre ancora, Jacques Lacan lo considerava il suo allievo
prediletto in Italia, sebbene Fachinelli avesse sempre declinato garbatamente l'
investitura ufficiale decidendo di non lasciare mai la sua società di
appartenenza (la Società psicoanalitica italiana). Ho incontrato di persona
Elvio Fachinelli una sola volta nella mia vita. L' occasione fu quella di un
convegno di psicoanalisi svoltosi verso la fine di novembre del 1988 alla Casa
della Cultura di Milano. Intervenne tra gli ultimi e mi colpì come la sua
parola si differenziasse nettamente da quella pesantemente erudita e scolastica
di altri relatori.
Ora questo
breve intervento è disponibile in una piccola raccolta di suoi scritti rari
proposta da Adelphi col titolo Su Freud. La mole anoressica di questo libretto
conferma il carattere nomadico e anti-sistematico dell' opera di Fachinelli. Il
lettore troverà la tesi che ha ispirato tutto il suo lavoro di analista: non si
dà esperienza dell' analisi se non attraverso un effetto imprevisto con
qualcosa che scompagina l' ordine costituito dei nostri pensieri. Questo
significa che un' analisi non è una semplice acquisizione di sapere già dato
attraverso la sua accumulazione progressiva. Il sapere analitico si incontra e
si produce solo a partire da una sorpresa, da una sospensione del sapere dell'
Io, da un suo vacillamento.
E' questo il
contributo decisivo di Freud che in queste pagine Fachinelli ci ricorda
puntualmente: la psicoanalisi come nuova pratica della cura non si applica ad
un paziente-passivo, ma esige un movimento attivo di ricerca da parte dei
soggetti (l' analista e il paziente) che vi sono impegnati. Fu questo il
contributo più profondo di Freud: porsi lui stesso, nella sua carne e nelle sue
ossa, come malato di inconscio. Egli, ci ricorda Fachinelli, diverrà, con una
lucidità che potrà apparire persino "disumana", "paziente di se
stesso" ("Il malato che più mi preoccupa sono io stesso"). E' su
questa base freudiana che egli propone di differenziare una "psicoanalisi
della risposta" (quale è, per esempio, quella della teoria coinemica di
Franco Fornari) da una "psicoanalisi della domanda" che anziché
applicare un codice interpretativo alle parole del paziente dovrebbe essere in
grado di sapersi rinnovare ogni volta proprio grazie a quelle parole.
Questo è il
grande contributo di Freud: il sapere della psicoanalisi non si trova nelle
biblioteche, non è sapere scritto, catalogato, codificato, ma è sapere sempre
in movimento, vivente nella dimensione orale della parola di cui si nutre la
pratica della psicoanalisi. Per questa ragione, sempre secondo Fachinelli, l'
autentico spirito freudiano non va rintracciato nei paradigmi positivistici che
riducono la malattia mentale ad una malattia del cervello, ma nell' aver dato
valore al potere trasformativo della parola, nell' aver dato forma ad una
"conversazione conoscitiva" la cui tradizione si inaugura con la
"nobile sofistica" di Protagora e Socrate.
(Da: La
Repubblica del 20 dicembre 2012)
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