23 ottobre 2022

LA DESTRA AL GOVERNO NON E' LA FINE DEL MONDO

 



    LA DESTRA AL GOVERNO:

PERCHE' NON E' LA FINE DEL MONDO

           di Mauro Piras

 da  http://www.leparoleelecose.it/?p=45380

Dalle parti del centrosinistra si respira un’aria pesante, plumbea. Sembra più o meno che sia arrivata la fine del mondo. “Il primo governo guidato dalla destra (ex?)-fascista”. “I diritti civili sono in pericolo”. “La destra ha stravinto e la sinistra è in rovina”. Ecc. Da tutte le parti si denunciano i trascorsi (neanche tanto) nostalgici di questo o di quello, le dichiarazioni intolleranti e retrograde, le amicizie sospette, i legami con le peggiori destre europee ecc. Insomma, sembra che la democrazia italiana sia precipitata nel baratro, sul punto di cedere a un regime se non dittatoriale di certo illiberale (Ungheria docet).

Tutto questo sembra un po’ esagerato. Ci sono, al contrario delle buone ragioni per dire che il passaggio a cui stiamo assistendo, dopo il risultato elettorale del 25 settembre e la formazione del governo Meloni, ha dei risvolti positivi. Per esporli, assumerò due punti di vista: quello generale del sano funzionamento (e della legittimazione) delle istituzioni democratiche; quello particolare (che è di chi scrive) delle prospettive politiche delle forze di centrosinistra, quali esse siano.

Gli aspetti positivi sono tre: 1) c’è una maggioranza chiara; 2) il sistema politico si sta riassestando; 3) il PD è condannato all’opposizione.

Vediamoli uno per uno.

 

1) Le elezioni hanno dato un risultato chiaro: il centrodestra ha ottenuto una maggioranza inequivocabile in Parlamento, e al suo interno è emerso un partito con un ruolo guida incontestabile. E con una leadership individuale incontestabile. Questo ha rilegittimato la formazione del governo. Dopo la quasi bancarotta del 2011 abbiamo avuto sempre governi che non erano espressione di una maggioranza chiara espressa nelle urne: o perché governi di “emergenza nazionale” o perché nati da difficili accordi tra forze che si erano contrapposte duramente in campagna elettorale. Questo ha provocato l’instabilità degli esecutivi e soprattutto una loro crescente delegittimazione: i cittadini si sono rassegnati all’idea di non poter influenzare, con il loro voto, la formazione delle alleanze di governo. In questa delegittimazione si trova una delle cause dell’astensionismo, che certo indebolisce anche il governo attuale. Tuttavia, quest’ultimo nasce, potenzialmente, su basi molto più solide: una alleanza che si è presentata unita alle elezioni ora va unita al governo, disponendo sulla carta di una maggioranza parlamentare abbastanza solida. Le tensioni emerse nei giorni precedenti si sono dimostrate marginali, per ora. Sta a loro, adesso, vedere come tenerle sotto controllo e portare avanti l’esecutivo senza incorrere in crisi politiche che ne anticipino la fine. Dal punto di vista del funzionamento delle istituzioni democratiche, questo significa che inizia un percorso di rilegittimazione della politica; dal punto di vista dell’area di centrosinistra, stare all’opposizione dopo una sconfitta inequivocabile per tutte le forze che la compongono servirà a ricostruirla, ma su questo vedremo meglio nei punti successivi.

 

2) Il voto del 25 settembre ha riportato il sistema politico italiano a una contrapposizione chiara tra un’area di centrodestra e un’area di centrosinistra. Ricordiamo che la crisi recente (di breve durata, ce n’è un’altra di lunga durata, iniziata nel 1992) del sistema politico italiano è iniziata nel 2011; allora, a causa della crisi del debito pubblico, un governo di unità nazionale ha sostituito un governo di centrodestra, premessa alla crisi della contrapposizione tra due poli; nel 2013 il primo grande successo elettorale del M5S ha reso quasi impossibile fare delle maggioranze stabili: i governi che si sono succeduti, pur a guida PD, erano fragili, con maggioranze anche eterogenee, tenute su a colpi di voti di fiducia; nel 2018 il risultato elettorale ha portato a far nascere, nel corso della legislatura, maggioranze “sperimentali” che tenevano insieme sempre forze radicalmente ostili nell’elettorato e in campagna elettorale. L’esito delle elezioni del 2022 ha ripulito il quadro e riportato alla contrapposizione tra due “poli”: il M5S, che destabilizzava il sistema, si è ridotto alla metà ma si è salvato, facendo un discreto risultato, perché si è intestato una identità dichiaratamente di sinistra; la componente di destra del suo elettorato se n’è andata (o è tornata) nel centrodestra. Questo passaggio ha ridefinito le aree: Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, come sempre, sono “il centrodestra”; e Azione-Italia Vita, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, e altri partiti di Sinistra, sono “il centrosinistra”. Che queste aree si uniscano o meno, con quali configurazioni, dipende dalla contingenza politica; che siano contrapposte però è chiaro e definisce il sistema politico. Questo aiuta gli elettori a orientarsi, a ritrovare una corrispondenza tra voto e formazione dei governi; quindi rilegittima la politica. E fa bene anche alle forze di centrosinistra perché sanno che l’avversario è uno e ben definito, si trova nell’area di centrodestra, va combattuto costruendo un progetto politico e delle alleanze di centrosinistra.

 

3) Infine, il Partito democratico. Che abbia subito una sconfitta netta e dura, ma non devastante (è al 19%, non al 7% come il Partito Socialista francese nel 2017), è un fatto anche positivo: perché, in un sistema di nuovo bipolare, il PD viene messo chiaramente all’opposizione e deve impegnarsi in questa, non in altro. Ricordiamo che il PD è stato al governo quasi ininterrottamente dal 2011 a oggi, tolti i quattordici mesi del governo Conte I, detto “giallo-verde”. Questa lunga esperienza di governo, in coalizioni difficili, costruite a fatica, non sulla base di un chiaro esito elettorale, anzi anche in situazioni in cui il PD aveva “perso le elezioni”, tutto questo è stato un danno sia per la legittimazione delle istituzioni democratiche sia per le prospettive delle forze di centrosinistra, e in particolare del PD stesso. Sul primo punto: proprio queste alleanze hanno aumentato lo scontento e l’insoddisfazione nei confronti della politica, e spiegano l’astensione eccezionale delle ultime elezioni. Sul secondo punto: governare sempre, senza aver vinto le elezioni (cioè senza poter imporre una guida forte al governo), con alleati ostili, radicati in elettorati ostili, porta a compromessi di ogni genere; assumersi la responsabilità di governare significa scaricare su se stessi il costo di tutte le decisioni impopolari, soprattutto di quelle prese contro la propria linea politica. È naturale che ci si logori e si perdano le elezioni dopo un’esperienza simile. Fare opposizione, ricostruire la propria identità nel confronto aperto con un governo avverso, senza cadere di nuovo nella tentazione di “fare i pompieri”, rafforzerà il PD e tutte le opposizioni, anche quelle più “di centro” recentemente nate.

(Firenze, 23 ottobre 2022)



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