Il convegno. Racalmuto fa incontrare Sciascia e Pasolini
Racalmuto rende ancora omaggio al suo illustre cittadino Leonardo Sciascia. Lo fa questa volta con una due giorni, sabato 22 e domenica 23, dedicata a «Cent’anni di solitudine: la generazione di Sciascia e Pasolini». L’occasione è offerta dai due centenari della nascita (rispettivamente 1921 e 1922), ma anche dalla volontà di celebrare il duraturo sodalizio tra i due scrittori. Per questo la Fondazione Leonardo Sciascia, che organizza e ospita il convegno nella cittadina siciliana, ha deciso di allargare il quadro a quegli scrittori, artisti e politici che, nati in quei primi anni Venti del secolo scorso, hanno segnato nel nostro Paese la storia della letteratura e delle arti, della politica e del dibattito intellettuale e civile. Tanti i nomi che troveranno spazio nelle numerose relazioni previste: oltre Sciascia e Pasolini, Italo Calvino, Francesco Rosi, Maria Callas, Damiano Damiani, Emanuele Macaluso, Enrico Berlinguer, Franco Basaglia, Goliarda Sapienza, Cristina Campo, Danilo Dolci, Mario Pomilio e don Lorenzo Mila.
Una storia della cultura e delle forme espressive scandita per generazioni è ancora da fare, ma questo tentativo, arricchito da relatori competenti e prestigiosi, intende innovare il consueto appuntamento dei centenari, facendone occasione di indagini sincroniche che ai soliti medaglioni celebrativi sostituiscano la febbrile temperatura delle epoche di volta in volta indagate.
In quanto a Sciascia (nato come detto a Racalmuto, in provincia di Agrigento, l’8 gennaio 1921 e morto a Palermo il 20 novembre 1989) c’è da ricordare che ha attraversato il fascismo rimanendone immune e poi ha vissuto la prima repubblica da solitario. Ha capito, raccontato e rappresentato la mafia senza farsene risucchiare. Ha contestato le Chiese e il potere restandone sostanzialmente estraneo. Scrittore diretto ed essenziale, amante della migliore letteratura francese, si faceva apprezzare per la lucida analisi della realtà e per la limpidezza morale che traspariva dalle sue parole in romanzi come Il giorno della civetta, A ciascuno il suo, Il contesto, ma anche in «opere di verità» come L’affaire Moro.
Con la sua visione illuministica, nata accanto alle zolfatare siciliane e al mondo contadino, Sciascia ha percorso, nella ricerca ostinata del più alto senso civico, un lungo e travagliato tratto della storia italiana. Come uomo e scrittore si è confrontato anche con Dio, pur avendo un rapporto antagonistico con la religione. Ma Sciascia non era un ateo. Si poneva il problema dell’Assoluto. Non amava i riti. Apprezzava casomai la militanza della fede, un cristianesimo come quello dei monaci.
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