CELAN E GIOBBE
Mario Pezzella
Nel 1960 a Zurigo, nell’Hotel “Alla cicogna” (Zum Storchen) si incontrano Paul Celan e Nelly Sachs. Parlano a lungo di Margarete Susman, che vive in quel tempo a Zurigo, e del suo Il libro di Giobbe e il destino del popolo ebraico. Questo colloquio ispira la poesia Zürich, zum Storchen, in cui Celan nella terza strofa assume la posizione contestatrice di Giobbe: «Si parlò del tuo Dio, io dissi cose/contro di lui»; il tuo Dio, dice il poeta, quasi che fosse solo quello di Sachs, non il suo, non un Dio che anche lui potrebbe riconoscere come tale. «Lasciavo il mio cuore sperare/nella sua altissima rantolata litigiosa parola». Un Verbo che, diversamente da quello del Dio potente che infine a Giobbe si rivela, è ridotto a un rantolo moribondo, fioco e indecifrabile, come di qualcuno che vorrebbe parlare ma ormai non ha più la forza e la voglia di dire e se poi pensiamo che la sua parola dovrebbe salvare e redimere, va ancora peggio, perché proprio non ha alcuna capacità di farlo, è un dio morente, in via di estinzione o di sparizione e per giunta rissoso, rabbioso, come quello che nel tempo biblico sfida gratuitamente Giobbe; e tuttavia sembra che Celan in fondo al suo cuore mantenga un barlume di speranza: come a Giobbe questo Signore incomprensibile dirà infine qualcosa di sensato? (…)
Leggi l’intero articolo di Mario Pezzella,
Il dio dell’arcata spezzata. Celan e Giobbe,
su AltraParola Rivista, giugno 2023.
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