EREDITA'
DA NON DISSIPARE
QUESTIONE
MERIDIONALE, QUESTIONE SICILIANA ED EMIGRAZIONE IN GRAMSCI
Francesco Virga
Il sottosviluppo meridionale rispetto al Nord del
Paese oltre ad avere radici antiche, si è accentuato dopo il 1860 a causa
dell’«accentramento bestiale» che non ha tenuto conto dei bisogni specifici delle
diverse regioni italiane; i protezionismi hanno aggravato ulteriormente la
situazione, arricchendo industriali ed agrari e impoverendo soprattutto i
contadini del sud. La guerra, infine, diventata fonte di profitti colossali per
le imprese industriali del Settentrione, ha completato il quadro: «Si parla
spesso di mancanza di iniziativa nei meridionali. È un’accusa ingiusta. Il
fatto è che il capitale va a trovare sempre le forme più sicure e redditizie di
impiego».
Sorvolando su tanti altri pezzi scritti nel periodo
della prima guerra mondiale su questo stesso tema, ripresi in gran parte nel
volume curato da Franco De Felice e Valentino Parlato (indicato in nota),
voglio soffermarmi su un articolo del 1919, pubblicato nell’edizione torinese
dell’Avanti!, massacrato dalla censura e scoperto di recente tra Carte
d’archivio:
“I signori torinesi, la classe borghese di Torino, che
nel 1898 ha seminato di lutti e rovine l’isola di Sardegna facendo
perseguitare, dai carabinieri e dai soldati, come cinghiali, per monti e per
valli, i contadini e i pastori sardi affamati [si potrebbero usare le stesse
parole per indicare quello che avvenne in Sicilia, nel biennio 1893-94, a
seguito della feroce repressione voluta da Crispi del movimento dei Fasci
Siciliani]; i signori di Torino e la classe borghese di Torino, che ha ridotto
allo squallore la Sardegna, privandola dei suoi traffici con la Francia, che ha
rovinato i porti di Oristano e Bosa e ha costretto più di centomila Sardi a
lasciare la famiglia, i figli, la moglie per emigrare nell’Argentina e nel
Brasile; i signori di Torino e la classe borghese di Torino, che ha sempre
considerato la Sardegna [e il resto del meridione italiano], come una colonia
di sfruttamento, che ha rubato, nell’ultimo cinquantennio, più di 500 milioni
di imposte, denaro sudato dai contadini e dai pastori rimanendo sotto la sferza
del sole per 16 ore quotidiane; i signori di Torino e la classe borghese di
Torino, che si è arricchita distruggendo le foreste sarde, che ha riempito i
suoi portafogli col sangue, la fame, la miseria del popolo di Sardegna.”
È questo uno dei primi testi gramsciani in cui il tema
dell’emigrazione viene accostato alla questione meridionale. Da questo momento
in poi i due temi si troveranno sempre connessi tra loro per essere ripresi e
sviluppati nel manoscritto del 1926, prima, e nei Quaderni dopo.
Particolarmente significativo appare il modo in cui il deputato sardo ne
parlerà, nel maggio del 1925, nell’ultimo discorso che terrà alla Camera dei
deputati in occasione del dibattito sul disegno di legge proposto dai fascisti
contro la massoneria e le società segrete. Durante il suo intervento Gramsci
verrà interrotto più volte dallo stesso Mussolini che lo ascolta attentamente.
Malgrado le continue interruzioni e provocazioni il sardo, con calma e
determinazione, riuscirà a non perdere il filo del suo ragionamento e di
arrivare alla conclusione. Il passo centrale del suo discorso è questo:
La questione meridionale, cioè la questione dei
contadini, è legata strettamente al problema dell’ emigrazione (interruzioni)
il significato dell’emigrazione in massa dei lavoratori è questo: il sistema
capitalistico non è in grado di dare il vitto, l’alloggio e i vestiti alla
popolazione e una parte non piccola di questa popolazione è costretta a
emigrare.(...). L’ emigrazione allontana dal territorio nazionale una tal massa
di popolazione, produttivamente attiva (...) Nel territorio nazionale rimangono
vecchi, donne, bambini, invalidi, cioè la parte della popolazione passiva, che
grava su quella attiva. È questa la debolezza fondamentale del sistema
capitalistico.
Appare notevole la distinzione operata, dallo stesso
Gramsci, tra quistione meridionale e quistione siciliana in un articolo
pubblicato il 15 marzo 1924 su L’Ordine Nuovo quindicinale dove, nel fare
riferimento ai Presidenti del Consiglio di origine siciliana, afferma:
«I Presidenti siciliani rappresentavano la Sicilia e
non il Mezzogiorno perché la quistione siciliana è notoriamente distinta dalla
quistione meridionale» (QM, 85).
Come vedremo, il sardo tornerà su questa distinzione
nei Quaderni, convinto com’è della specificità dei problemi della regione
siciliana.
Francesco Virga
(Brano ripreso da Eredità dissipate Gramsci Pasolini
Sciascia, Diogene editore, Bologna 2022)
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