Se l’occhio
non si esercita, non vede,
se la pelle
non tocca, non sa,
se l’uomo non
immagina, si spegne.
Quasi ho
pudore a scrivere poesia
come fosse un
lusso proibito
ormai, alla
mia vita.
Ma ancora in
me
un ragazzino
canta
seppure
esperto di fatiche e lotte,
meravigliato
dei capelli bianchi
d’essere
ancora vivo,
necessitato
d’essenzializzarsi:
e al varco
d’un malanno scrive versi
come una volta
quando il
silenzio diventava colmo
futuro,
chiarore che bruciava
la fatica del
fare successivo.
Nel mio
bisogno di poesia, gli uomini,
la terra,
l’acqua, sono diventati
le mie parole.
Non importano
i versi
ma in quanto
non riesco a illimpidirmi
e allimpidire,
prima di dissolvermi,
invece di
volare come un canto
l’impegno mi
si muta in un dovere.
Danilo Dolci dal suo Poema umano (Einaudi, 1974)
Premio Lenin
per la pace 1958
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