Lorenzo Pataro ha scritto una bellissima poesia che mi ha permesso di riproporre in questo spazio. La foto riproduce un angolo del cimitero del paese calabro fantasma di Laino Castello, simile a tanti nostri cimiteri. (fv)
l'ultimo senso a lasciare il corpo è l'udito,
questo nostro sentire così fragile,
a volte così sottile, a volte profondo,
a volte seta, a volte abisso.
Dicono che per dieci secondi, chi muore, continua
a sentire - forse senza più capire - come una traccia, un'orma sbiadita di parole, l'ombra
di una sillaba spezzata o l'eco di una voce
lontana, primitiva, che si perde nelle ere.
Dicono non sia certo che l'impulso
arrivi al cervello e forse allora si perde
nel passaggio, un neurone ne conserva il segreto
congelato, forse allora quel messaggio sarà
il primo battito cardiaco del fantasma e se è così
allora è proprio vero che qualcosa dopo
l'ultimo respiro continua a volere questa vita,
ai morti si allungano le unghie ancora per un po',
la vita persiste a durare come quasi
negasse che si muore, sí si muore,
ma intanto siamo qui a sperare che qualcosa
alla fine salvi noi, proprio noi, anche noi
di passaggio come tanti nel passato,
a chiederci chi siamo, dove andare, cosa fare,
se accettare il fardello o negare tutto quanto,
anche noi a sperare di sentire, negli ultimi secondi della vita la parola, la parola d'amore
sperata in tanti anni, che accompagni
il viaggio verso il buio, questa uscita dalla luce
che chiamiamo ancora vita e non sappiamo
alla fine cosa sia, quale il senso, se c'è un senso,
noi chiamati a proseguire, anche noi
ostinati nel durare, anche noi in attesa
delle ultime parole che gli altri penseranno
non avremo più sentito - le prime che diremo
nel corpo di universo tutto nuovo da abitare.
Lorenzo Patàro
Nessun commento:
Posta un commento