27 agosto 2023

PAVESE VISTO DA ANNA MARIA BONFIGLIO

 


LA DONNA E LA MORTE NELLA POESIA DI PAVESE

Nel 1949 Cesare Pavese conosce l'attrice americana Constance Dowling e con lei intreccia l'ultimo di una serie di infelici
rapporti d'amore. Nella vita del poeta la donna è stata una presenza-assenza e nella sua scrittura un mito rivelato attraverso la simbologia del sesso e del sangue. E' stata il nodo emblematico della sua vicenda esistenziale sia sul piano del privato che su quello dell'arte, non soltanto come negazione di una realtà d'amore ma anche come scoglio su cui si arena l'idealità. In una lettera all'amico Davide Lajolo, Pavese chiama la Dowling "allodola" e scrive: "Essa si è fermata presso il mio covone di grano soltanto perché si sente sperduta, ma se ne andrà presto, lo sento, sentirò sbattere le sue ali, senza neppure la forza di alzare un grido per richiamarla". Tra l'undici marzo e il dieci aprile del 1950 il poeta scrive le poesie che verranno pubblicate postume con il titolo "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi", e che si riferiscono alla sua breve storia con l'americana. La prima poesia porta come titolo "To C. from C.", verosimilmente "A Constance da Cesare", ed è scritta in inglese." (…) domani sarà il gelo/sotto la luce/tu variopinto sorriso/accesa risata", i versi di chiusura del testo prefigurano lo stato d'animo del poeta che si prepara a penetrare il mistero della morte. Per il poeta la donna, la terra e la morte si identificano: "Tu sei come una terra/che nessuno ha mai detto/tu non attendi nulla/se non la parola/che sgorgherà dal fondo/come un frutto tra i rami". La morte dunque come frutto stesso della terra, come realtà archetipa assolutizzante. Le poesie di "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi" sono un addio dolce e straziante, una partitura dalla quale s'innalza la musica perduta della vita. "Lo spiraglio dell'alba/respira con la tua bocca/in fondo alle vie vuote/Luce grigia i tuoi occhi/dolci gocce dell'alba/sulle colline scure/Il tuo passo e il tuo fiato/come il vento dell'alba/sommergono le case/La città abbrividisce/odorano le pietre/sei la vita, il risveglio". Presenza fisica, dimensione temporale, luoghi, un'unità trinaria che si condensa e si manifesta nell'ultimo verso. La terra è il mallo che ha racchiuso il frutto pervenuto al poeta per un miracolo; la terra contiene la donna e ne è rappresentata( il tuo tenero corpo/una zolla nel sole), la donna "è" la terra che accoglierà la morte ( sei radice feroce/sei la terra che aspetta). Donna-sesso-morte, correlazione emblematica(il tuo passo leggero/ha violato la terra/Ricomincia il dolore): il poeta è la terra, fredda, immobile in un "torpido sogno come chi più non soffre", ma è arrivata la donna e ha "riaperto il dolore". E' una violazione che sa di speranza ma è anche la paura di una rinnovata solitudine.
La poesia "La casa" è un'accorata seppure oggettiva invocazione ad un destino che non è mai appartenuto al poeta, quello di ogni uomo che costruisce il suo futuro accanto alla propria donna; in questo testo la presenza femminile è metaforizzata dal fonema voce, voce mai udita come costante presenza. La scrittura poetica di Cesare Pavese ha come apogeo la morte. Inutile ogni tentativo di indagare le ragioni del suo gesto finale; più utile soffermarsi sul dato letterario e considerare che le ferite di cui egli ha sofferto sono il presupposto delle due raccolte postume, "La terra e la morte" e "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi", dalle quali, con crudezza ed essenzialità, attraverso un dettato poetico che si rivolge all'interlocutore donna-morte, si leva una tensione di altissimo patos.

ANNA MARIA BONFIGLIO

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