F.
CARBONE, G. GIARDINA e R. GUTTUSO
Circa dieci anni fa, nella rivista NUOVA
BUSAMBRA, creata anche per ricordare un caro vecchio amico, Ciccino Carbone, scrissi quattro righe per
sottolineare i debiti del poeta Giacomo Giardina, oltre che con Francesco Carbone,
con Renato Guttuso.
La
fonte principale di quel mio breve pezzo è stata una straordinaria
pubblicazione voluta da Carbone e realizzata nel 1978, con la sapiente cura di
Nicolò D’Alessandro, nel Quaderno intitolato: Giacomo Giardina, RoccaBusambra.
Poesie Disegni Testimonianze, Edizione Movimento Comunità di Base (uno
dei tanti nomi dati dal geniale Ciccino al suo Movimento), Godrano-Palermo
1978. Conservo ancora gelosamente la copia dello splendido quaderno-libro che mi donò Giacomino con una bella dedica.
In
questo prezioso Quaderno il grande pittore di Bagheria occupa un
posto centrale. Vi si trovano, infatti, riprodotti, a partire dalla splendida
copertina, tanti suoi disegni ed anche alcuni significativi brani della
corrispondenza tra i due artisti.
Tra
la ricca corrispondenza di Giacomino con letterati ed artisti coevi, che
sarebbe opportuno recuperare e pubblicare, spicca quella intrattenuta con Renato
Guttuso. Particolarmente significativa la lettera scritta da quest’ultimo
all’amico, il 22 giugno 1972, dove si afferma:
Cosa è cambiato da allora? Molto
dall’esterno, ma ‘di dentro’ poco o nulla. Battiamo sempre lo stesso
chiodo, quello che
ci siamo portati addosso dalla nascita, forse con più esperienza e sapienza,
forse con meno freschezza. Ma in fondo anche con freschezza perchè il
nostro amore della verità e della realtà è un amore che non può finire.
(sottolineatura mia)
Lo
stesso Guttuso due anni dopo, in un foglietto
scriverà:
Caro Giacomo, fin dall’ormai lontana adolescenza ho imparato ad amare la tua
poesia, la fresca indipendenza della tua immaginazione, il tuo sentimento della
natura e della gente umile. Ricordo brani bellissimi di un tuo romanzo che
meriterebbe di vedere la luce. A te, al tuo lavoro, è legato uno dei miei primi
dipinti (del ’28, mi pare) che ti raffigurava davanti alla tua Rocca Busambra,
circondato dalle pecorelle. Dove sia quel quadro non si sa, ma ho fiducia che
prima o poi salterà fuori.
La lettera si
chiude con uno schizzo, sopra riprodotto, in cui Renato abbozza l’antico
ritratto. Il documento è importante anche per il riferimento ad un
“romanzo” inedito del poeta di cui si sono perse le tracce.
Francesco
Virga
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