“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.” Antonio Gramsci
14 aprile 2025
COLPO DI STATO NEL PAESE PIU' POTENTE DEL MONDO?
COLPO DI STATO NEL PAESE PIU' POTENTE
di Sergio Benvenuto
A leggere la stampa italiana, ci si fa l’idea che i dazi di Trump siano iniziativa di un pazzo che non capisce nulla d’economia e che porterà all’inflazione e al declino economico del proprio paese. Dietro la tracotante guerra commerciale ci sarebbe solo un’operazione demagogica populista che ignora ogni buon senso economico.
Ahimè, Trump è un ignorante nel senso accademico del termine, ma non è un pazzo e nemmeno un idiota, e conosce bene il business. Anche quello politico.
L’imposizione di dazi a destra e a manca, anche all’interno del proprio paese, è a mio avviso solo la prima fase di una strategia che dovrebbe portare a un regime molto simile a quello autocratico della Russia di Putin. La seconda fase verrà con le esenzioni ed eccezioni: gli alti dazi si applicheranno non a tutti, alcuni non saranno tenuti a pagarli. Ovviamente saranno coloro che andranno a Canossa da Trump e da Musk, i quali diranno loro: “se sei con noi, allora sarai exception”. E cosa significa “essere con noi”? Significa assecondare i progetti politici della presidenza, anche quelli più ripugnanti. Con questo ricatto il governo si assicura un pieno appoggio di industriali e imprenditori, ma non solo.
Qualche esempio. Si potrebbe costringere una grande impresa ad assumere meno neri e meno “etnici”. Oppure costringere la stessa impresa a non investire in certi paesi sgraditi che si oppongono alla linea Trump-Musk. O finanziare campagne di odio razziale o di demonizzazione degli LGBTQ+. Togliere i finanziamenti ai media di opposizione, come è già accaduto con il Washington Post. E così via.
Per poter portare a termine il colpo di stato che la banda Trump sta perpetrando oggi, occorre assicurarsi il controllo dei grandi poteri che contano oggi: le grandi imprese, i media, la giustizia e… per quanto alcuni non vogliano sentirlo, il consenso della popolazione. Con le grandi imprese e i media vale il sistema delle eccezioni ad hoc, come abbiamo detto. Forse il tandem Trump-Musk non avrà bisogno di ricorrere alla rozzezza della mafiocrazia putiniana, potrà non ricorrere alla cupezza dei processi simil-staliniani contro chiunque non si allinei al potere, né a far volare dalla finestra chi ostacolerà la strada del potere. Basterà il ricatto economico.
Mettiamo che Meloni voglia seguire la strada di Trump e che intenda sottomettere del tutto l’informazione televisiva al proprio esecutivo. Si tratterà così di spegnere la sola TV che ancora alberga voci di opposizione, La7, dato che la RAI e Mediaset sono già acquisite. Basterà imporre a tutte le reti private un minimo irrisorio di pubblicità. Ora, le tv private senza pubblicità muoiono presto. Basterà emanare un decreto che faccia eccezione per le reti Mediaset e per tutte le altre reti che diventino megafono del regime. Questa tattica vale per ogni impresa che abbia basi commerciali.
Così, i paesi europei che prenderanno una posizione dissidente rispetto allo “spirito europeo”, che insomma si metteranno fuori dell’Europa per seguire le fisime di Trump, verranno premiati con eccezioni. Siccome gran parte dell’economia europea vive dell’esportazione verso gli USA, i paesi o le aziende che verranno graziate dal governo USA avranno il privilegio di poter ancora esportare in America. Mentre gli altri… Questo Meloni lo sa, da qui la sua oscillazione: sta aspettando i risultati del golpe trumpiano. Se questo riesce, non avrà più dubbi: mollare l’Europa e divenire un satellite di Trump, come la Bielorussia è con la Russia oggi.
Quanto alla magistratura, Trump domina già la Supreme Court federale. Se tutti gli avvocati o i giudici conservatori d’America si appellassero in ultima istanza alla Corte Suprema, l’avrebbero sempre vinta. Quanto agli stati riottosi – che sono i più ricchi e culturalmente importanti del paese, dalla California a New York – li si potrà ridurre alla ragione togliendo i fondi federali che comunque permettono in parte il loro funzionamento.
Avremmo insomma l’esatto rovescio del tanto criticato neo-liberalismo, che voleva ridurre al minimo la politica per dare massimo spazio alla spontaneità del mercato: avremo un dominio politico sull’economia. Ovvero, la banda Musk-Trump deciderà anche della strategia industriale del paese.
Quanto all’appoggio della popolazione, non bisogna farsi illusioni. Certo, conquistare il consenso popolare è un’operazione lunga, ma se la si fa bene questo consenso è assicurato.
Nel corso di una ventina d’anni ho potuto seguire l’evolversi della popolarità di Putin in Russia. Mi colpiva il fatto che non solo la gente comune, anche intellettuali, scrittori, psicoanalisti… finissero per pensare che Putin avesse sempre ragione. “La Russia è Putin” finivano col dire. Certo c’è un 20% circa dei russi che resta anti-Putin, e sono molto amico di alcuni di questi. Costoro mi dicono che nel corso degli anni i media russi controllati dal regime hanno sviluppato una campagna di convinzione e di coesione patriottica a un livello molto sofisticato, che ha finito col convincere anche parte dell’intellighèntzia. I media danno ai russi l’immagine di un paese assolutamente libero e amichevole, minacciato però da un Occidente geloso dei propri privilegi, che puntella un regime ucraino anti-democratico e retto da nostalgici fascisti figli o nipoti dei nazionalisti ucraini che si schierarono con i tedeschi contro l’Unione Sovietica.
Del resto è stato sempre così. Tutti gli storici sono concordi nel dire che il regime hitleriano ha goduto di ampio appoggio da parte della popolazione almeno fino agli inizi dei rovesci della guerra. E anche gli anti-fascisti italiani più tenaci hanno sempre ammesso che per alcuni anni, dalla proclamazione dell’Impero fino a guerra avanzata, il regime di Mussolini ha goduto di un consenso assolutamente “bulgaro”. E così possiamo dire della Cina di oggi, e di altri paesi del tutto soddisfatti dei dispotismi che li dominano. Tranne ovviamente le solite minoranze intellettualoidi di bastian contrari, snob irrilevanti per le masse popolari.
Per esempio, c’è stato un ampio consenso al comunismo in Unione Sovietica fino alla fine degli anni 1970. Poi, per ragioni misteriose che nessuno veramente riesce a spiegare, questo consenso è caduto nel corso degli anni 1980. Prima la Perestrojka di Gorbachev, quindi il crollo del comunismo con Eltsin, sono gli effetti di questo declino dell’adesione al sistema, per cui in un certo senso il crollo del comunismo nel 1991 è stato “democratico”. Le dittature durano perché creano consenso nella massa.
Da secoli si analizzano le ragioni profonde per cui i popoli accettano di buon grado i dispotismi, almeno fin quando questi appaiono vincenti. Cominciò già nel XVI° secolo Etienne de la Boétie con La servitù volontaria, e poi via via fino alle analisi del totalitarismo di Hanna Arendt, Georges Bataille, T.W. Adorno… fino a Crozier e Huntington e oltre.
Si dirà: l’America è un paese troppo abituato al pluralismo delle idee e alla democrazia per lasciarsi imprigionare in una cultura di regime a cui si opporrebbe solo una manciata disarmata di intellettuali isolati dal comune sentire. E’ impensabile un’America che, nata all’insegna del freedom, finisca in un’autocrazia di tipo russo. Ora, questa impossibilità era data per scontata anche per la Germania negli anni 1930, il paese più ricco e colto d’Europa all’epoca, la nazione che aveva inventato la teoria della relatività e la meccanica quantistica, che godeva del pensiero filosofico e della produzione teatrale e cinematografica più fiorenti. Si pensava impossibile che fosse in breve tempo imbavagliata da una banda di fanatici esaltati e da “un imbianchino”, come veniva chiamato Hitler, un pittore fallito. Lo si pensò impossibile fino al febbraio del 1933.
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