“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.” Antonio Gramsci
23 aprile 2025
MARINA CVETAEVA, Il poeta e il tempo
I versi sono i nostri figli. I nostri figli sono più grandi di noi perché vivono di più, più a lungo. Più vecchi di noi, vengono dal futuro. È per questo che a volte ci sono estranei.
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Il poeta serve il tempo – giacché lo serve – in modo involontario, cioè fatale: al modo del “non posso non”. Che la mia colpa di fronte a Dio sia merito di fronte al secolo! […]
Ma il matrimonio del poeta con il tempo è un matrimonio forzato e per questo destinato al fallimento. Nel migliore dei casi: “buon viso a cattivo gioco”, nel peggiore – nel più frequente, nel più reale – un tradimento dopo l’altro, e sempre con lo stesso amante: quell’Unico che ha una moltitudine di nomi.
«Sfamalo pure quanto vuoi, il lupo ha sempre gli occhi rivolti verso il bosco». Noi tutti siamo lupi dell’impenetrabile bosco dell’Eterno.
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Il tema della Rivoluzione: mandato del tempo.
Il tema della celebrazione della Rivoluzione: mandato del partito.
Esiste al mondo un solo partito politico, anche il più potente, quello con più futuro, che sia tutto il suo tempo, e può esso impartire ordini a nome di tutto il tempo? Esenin si è rovinato perché ha scambiato per suo (del tempo – al poeta) un mandato altrui (del tempo – alla società), perché ha scambiato uno dei mandati per tutto il mandato. Esenin si è distrutto perché ha permesso agli altri di rispondere al suo posto, ha dimenticato che egli stesso era un filo di trasmissione: il filo più diretto! […]
E dunque: il mandato politico al poeta non è il mandato del tempo, che invece comanda sempre senza intermediari. Mandato non del proprio tempo, ma dell’attualità quotidiana. Di quella nera cronaca cui dobbiamo la morte di Esenin. […]
Se gli ideologi della poesia proletaria rispettassero di più e ammaestrassero di meno i poeti, lascerebbero che a sconvolgere il poeta fosse lo stesso elemento naturale e che ogni poeta si turbasse a suo modo.
Se gli ideologi della poesia proletaria rispettassero di più e ammaestrassero di meno i poeti, rifletterebbero anche sulla strofa successiva: «Lo scrittore, se soltanto/ è il nervo di un grande popolo,/ non può restare indifferente/ quando la libertà è colpita» – la libertà, cioè il nervo stesso dell’arte. Se mi direte «in nome del futuro dovete scrivere così e così» – vi risponderò: «Dal futuro io gli ordini li prendo direttamente…»
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Quello contemporaneo non è tutto il mio tempo. Ciò che è contemporaneo è solo indicativo del tempo – ciò per cui il tempo verrà giudicato: non commissione, incarico, ma dimostrazione del tempo. La contemporaneità è di pe sé selezione. […] La contemporaneità dell’arte è l’influsso dei migliori sui migliori, cioè l’esatto contrario dell’attualità: influsso dei peggiori sui peggiori. Il giornale di domani è già invecchiato. È dunque chiaro che tutti gli accusati di “contemporaneità” non meritano affatto questa accusa giacché peccano solo di “tempismo”, nozione opposta a quella di “extratemporalità”. […]
Quello contemporaneo non è tutto il mio tempo, ma allo stesso modo tutta la contemporaneità non è solo uno dei fenomeni in cui si manifesta. L’epoca di Goethe è al tempo stesso anche l’epoca di Napoleone e l’epoca di Beethoven. La contemporaneità è la compresenza del meglio.
Anche ammettendo che il comunismo come tentativo della migliore organizzazione della vita sociale sulla terra sia un bene, ci si chiede se è esso solo il bene, se è esso solo ogni bene, se comprende e determina tutti gli altri beni, tutte le altre forze: l’arte, la scienza, la religione, il pensiero. Se li include, li esclude, o convive con essi alla pari. Io, a nome di tutti gli altri beni, insisto sull’ultimo. E al comunismo dico, come a una delle forze motrici della contemporaneità, e proprio come all’organizzatore di una vita globale sempre più disorganizzata: prego, prendete posto! Ma esattamente come l’organizzazione della vita nel mondo e per il mondo non è più importante di quella spirituale, esattamente come la scienza della convivenza umana non è più importante dell’atto eroico della solitudine – così anche il comunismo non è più importante di tutte le forze motrici della vita culturale e spirituale, che non sono né una sovra né una sotto-struttura.
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