16 aprile 2025

STORIA E COSCIENZA DI CLASSE TRA LUKACS E GRAMSCI

GLI SCRITTI RIVOLUZIONARI DI GYÖRGY LUKÁCS A proposito di un volume che raccoglie alcuni testi (1919-1921) del filosofo marxista, a cura di Antonino Infranca. di GUIDO LIGUORI György Lukács è ancora abbastanza noto in tutto il mondo come filosofo marxista, studioso di estetica, storico e teorico della letteratura. Egli fu però anche un politico in atto, un rivoluzionario, almeno in due momenti fondamentali della sua vita – restando per il resto sempre un militante convinto, costretto dallo «stalinismo» a celare prudentemente le proprie opinioni. I due momenti in cui Lukács esercitò direttamente un ruolo politico di primo piano sono quelli relativi alla sua partecipazione a due distinti governi comunisti in Ungheria: nel 1919, quando divenne Commissario all’istruzione (ministro) della Repubblica dei Consigli d’Ungheria guidata da Béla Kun, che durò solo tra il marzo e la fine di luglio di quell’anno. E nel 1956, con il governo di Nagy, ancora come ministro dell’Istruzione. Entrambe le esperienze finirono malissimo. La Repubblica consiliarista del 1919 fallì e venne invasa dall’esercito controrivoluzionario rumeno. Nel 1956 furono i paesi del Patto di Varsavia a porre fine al primo esperimento di socialismo democratico guidato da Nagy. DOPO IL GOVERNO rivoluzionario del 1919 Lukács era riparato in Austria, esule politico. Un libro da poco pubblicato (György Lukacs, Scritti rivoluzionari 1919-1921, a cura di Antonino Infranca, Edizioni Punto Rosso, pp. 176, euro 20) ha il merito di proporre per la prima volta in italiano i numerosi scritti apparsi su giornali ungheresi nei tre anni indicati nel titolo, che sono anche quelli in cui vennero scritti la maggior parte dei saggi che confluiranno in Storia e coscienza di classe, uscito nel 1923. Questo libro testimonia di come l’adesione di Lukács al marxismo, durante la prima guerra mondiale, fosse avvenuta sotto l’influenza di Sorel prima e di Luxemburg poi. Negli scritti in questione si nota dunque la collocazione di Lukács nell’ambito del «comunismo di sinistra», nonché il suo modo peculiare di affrontare alcuni temi teorici e culturali che rimarranno anche nel suo percorso successivo. Riguardo a questi ultimi, Lukács afferma – come nota Infranca nell’Introduzione – la necessità che il proletariato si impadronisca «della cultura in generale, anche della cultura borghese». Dal punto di vista teorico, emergono le categorie di totalità e di coscienza di classe, che saranno centrali nel libro del 1923. Per quanto riguarda il primo aspetto, invece, Lukács aderiva al consiliarismo che caratterizzava il comunismo di quegli anni, e che declinò rapidamente anche per l’esautoramento dei Soviet da parte del partito bolscevico in Russia, in seguito alla situazione causata dalla guerra civile. Lukács cita ad esempio positivamente Pannekoek (il consiliarista olandese che si separerà dal Comintern nel 1921), come critica Paul Levi, uscito (o espulso) da «destra» dal partito comunista tedesco. La posizione di Lukács è (al contrario di quella coeva di Gramsci, e dello stesso Lenin) decisamente antiparlamentarista: la sua critica alla democrazia rappresentativa sarà del resto mantenuta fino alla fine dei suoi giorni (e andrebbe rivisitata). Sempre più importanza acquista il ruolo del partito, segnale anche della sua sempre più convinta adesione alle posizioni di Lenin. UN LUNGO SCRITTO di questa raccolta – del settembre 1920 – è dedicato all’Italia e all’occupazione delle fabbriche (come molti altri sono dedicati alla Germania, o all’Inghilterra, oltre che all’Ungheria). Come il resto del Comintern, il marxista ungherese riteneva il nostro paese maturo per una rivoluzione, mancandovi solo un partito rivoluzionario. Il drammatico errore di valutazione – di cui il maggior responsabile in Italia fu Bordiga, a cui finì per accodarsi anche Gramsci – sarà alla base della nascita del Pcd’I come partito minoritario e poco influente. In definitiva, un libro senza dubbio utile per conoscere meglio Lukács, pur con il non semplice lavoro necessario per ricavarne i motivi essenziali più rilevanti depurandoli dagli elementi della polemica quotidiana.

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