Becattini Giacomo
La coscienza dei luoghi. Il territorio come soggetto corale
"La
coscienza dei luoghi" è un libro intestato al solo Giacomo Becattini, e
probabilmente è giusto così, non fosse altro che il saggio in gran parte
è composto da inediti dell'economista toscano e da testi pubblicati su
riviste come "Il Ponte", "Il Sole 24 Ore", "Sviluppo locale",
"Contesti". E' opportuno aggiungere però che la presentazione di Alberto
Magnaghi e il lungo dialogo tra i due professori emeriti (frutto di
diversi incontri tra il 2006 e il 2010) ci dice moltissimo sulla "lunga
marcia degli studi economici verso il territorio". Ricordiamo, infatti,
che la carriera accademica di Becattini si è caratterizzata per una
particolare attenzione alle ricchezze dei distretti industriali, intese
innanzitutto come accumulo di conoscenze ed esperienze di imprenditori e
lavoratori. Interessi che hanno reso Becattini - da tempo convinto che
gli studi economici non dovessero interpretare il territorio come
semplice e neutro spazio geografico - l'interlocutore ideale di
Magnaghi, non a caso fondatore della Scuola territorialista italiana.
Quello che possiamo cogliere dal dialogo tra i due professori, forse con
ancor più evidenza rispetto le pur apprezzabili pubblicazioni
scientifiche, è che l'obiettivo di avvicinarci a un'economia
cooperativa, al fine di limitare i danni della globalizzazione
finanziaria e di un capitalismo finanziario "che ha fatto deragliare il
processo di incivilimento", vuol dire innanzitutto implementare una
"coralità produttiva". In altri termini proporre una sorta di
globalizzazione alternativa, fatta di innumerevoli mondi locali
cooperanti, e di altrettante "coscienze di luogo". Esattamente l'opposto
di quanto sostenuto dai "brillanti strateghi" che avanzano l'idea di
approfittare della crisi "per rinnovare il guardaroba della nostra
industria, abbandonando - era l'ora! - le chincaglierie
pseudo-artigianali del Made in Italy per affacciarsi in forze - quali
forze? - sulle scene prestigiose dell'hight tech e della grande
industria […] Non possiamo esimerci dal notare che quel modo di ragionar
implica che la posizione di un paese nella divisione mondiale del
lavoro sia una cosa da decidere a un tavolino romano, fra una carbonara e
un abbacchio" (pp.19).
Becattini, invece, senza dimenticare "la divaricazione tra Pil e
benessere" (precisata, oltretutto, da studiosi come Joseph E. Stiglit,
Amartya Sen e Jean-Paul Fitoussi), ci dice che "il punto di partenza
corretto dell'analisi produttiva dovrebbe essere che ogni luogo, per
come l'hanno foggiato madre natura e le vicende della sua storia, ha, in
ogni dato momento, un suo grado, diciamo, di coralità produttiva,
basata, questa, non soltanto sula vicinanza tecnica, spaziale e
culturale delle imprese, ma anche e più sulla omogeneità e congruenza
culturale delle famiglie" (pp.59). Basandosi sulle analisi del pensiero
di Marshall, di Giorgio Fuà e di altri eminenti studiosi, il nostro
autore propone una via d'uscita dall'idea "anchilosante che vi sia un
solo sentiero di sviluppo" (pp.93). Un modo per governare quelli che
vengono definiti "i termini del conflitto della nostra epoca: il
conflitto fra eterodirezione globale e autogoverno locale in comune dei
mezzi della riproduzione della vita materiale e relazionale" (pp.220).
Un'analisi
che, soprattutto nel dialogo col collega urbanista, viene valorizzata
con casi concreti di stretta attualità, e che merita qualche ampia
citazione. Così Magnaghi: "Faccio un esempio. E' nota la polemica sul
sottoattraversamento di Firenze per la Tav [ndr: in realtà i fiorentini
sono disinformati e, spesso, indifferenti se interrogati sulla vicenda],
un'opera di cui nessuno è in grado di definire l'utilità. E' stato
pubblicato un rapporto (cui ha partecipato il mio laboratorio
dell'Università di Firenze, Lapei) che dimostra che una soluzione di
superficie è più semplice, meno rischiosa e infinitamente meno costosa.
Perché politici e amministratori non ascoltano nessuno - cittadini,
comitati, movimenti, università - e insistono sulla soluzione più
costosa e a rischio? Una risposta la si trova vedendo la composizione
degli appalti: un intreccio indissolubile fra poteri e interessi
economici e partitici. I politici locali si trovano a dover rispondere
agli interessi delle imprese create dal loro stesso partito, per le
quali più l'opera costa e meglio è" (pp.121). Situazioni simili, secondo
Becattini, si sono aggravate ormai da decenni proprio a causa dei
sempre più stretti rapporti tra politica e big business. E' altrettanto
evidente che, in un'Italia dove la corruzione è stata sdoganata come
"volano dell'economia" e dove le proteste degli ambientalisti e della
società civile sono archiviate con la parola "comitatini" (cit. M.
Renzi), sia Becattini che Magnaghi si fanno davvero promotori di un
cambiamento di prospettiva: un'economia che torni ad essere "quello che
era in origine, vale a dire lo studio dell’organizzazione sociale più
favorevole alla felicità dei popoli". Del tutto coerenti quindi le
parole di Becattini al termine della cosiddetta "metafora del lago",
pubblicata nel 2012 per la società dei territorialisti: "L'economia è
certamente la scienza degli affari, ma,'anche e più', essa è parte
essenziale del discorso filosofico sull'uomo. O, come diceva John Stuart
Mill: non può essere un buon economista chi sia soltanto un economista"
(pp.114).
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE:
Giacomo Becattini,
nato a Firenze nel 1927, è stato professore di Economia politica
nell’Università di Firenze. È membro delle Accademie dei Lincei,
Colombaria e dei Georgofili, nonché socio onorario di Trinity Hall
(Cambridge). Fra i suoi libri ricordiamo: Il concetto d’industria e la
teoria del valore, Boringhieri, 1962; Scienza economica e trasformazioni
sociali, La Nuova Italia, 1979; Distretti industriali e made in Italy,
Bollati Boringhieri, 1998; Dal distretto industriale allo sviluppo
locale, Bollati Boringhieri, 2000; Il distretto industriale, Rosenberg
& Sellier 2000; Miti e paradossi del mondo contemporaneo, Donzelli,
2002.
Alberto Magnaghi,
architetto urbanista, professore emerito dell’Università di Firenze, è
fondatore della Scuola territorialista italiana e presidente della
Società dei territorialisti/e. Fra le pubblicazioni più recenti: Il
progetto locale (Bollati Boringhieri, 2000, 2010), La biorégion urbaine
(Eterotopia France, 2014), La regola e il progetto (Firenze University
Press, 2014).
Giacomo
Becattini,“La coscienza dei luoghi. Il territorio come soggetto corale",
Donzelli (collana Saggine), Roma 2015, pp. XVI-224. Con una
Presentazione di Alberto Magnaghi e un Dialogo tra un economista e un
urbanista di Giacomo Becattini e Alberto Magnaghi.
Luca Menichetti. Lankelot, gennaio 2016
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