26 giugno 2012

MARX VIVO















Oggi, 3 luglio 2012, sul  Corriere della Sera si può leggere questo articolo:

 
Un fantasma si aggira per l’Europa: la nuova primavera di Karl Marx
Oltre la tragedia del comunismo reale, la riscoperta del grande filosofo
di Umberto Curi

Qualche tempo fa, la rete radiofo­nica della Bbc, Radio 4, nella ru­brica «In our time» aveva pro­mosso un’iniziativa davvero singolare. Si chiedeva agli ascoltatori di indicare «il più grande filosofo della sto­ria», fra una lista di 20 autori. L’esito fi­nale del sondaggio, proseguito per alcu­ne settimane con una risonanza crescen­te e con alcuni significativi riflessi nei grandi media, appare per molti aspetti sorprendente. In questa insolita classifi­ca, infatti, è risultato largamente vincito­re Karl Marx (con quasi il 30% dei voti), seguito a notevole distanza da Hume (12,67%), Wittgenstein (6,80%), Nietz­sche (6,49%), Platone (5,65%) e Kant (5,61%). Nelle ultime posizioni, Epicuro, Hobbes e Heidegger, votati con percen­tuali pressoché irrilevanti. A ridosso dei primi, anche se irrimediabilmente ta­gliati fuori dalla «zona podio», san Tom­maso e Socrate, seguiti da Aristotele e da Popper, i quali raggranellano rispettivamente il 4,52% e il 4,20%. Ma prima di esprimere qualche valutazione in margi­ne a una iniziativa per molti versi strava­gante, può essere istruttivo, oltre che ta­lora anche divertente, andare a spulcia­re nel repertorio delle risposte fornite, oltre che delle motivazioni che accompa­gnano le diverse nomination.
Trascurando le indicazioni più sconta­te, riguardanti pensatori comunque noti e più volte votati, colpisce anzitutto l’in­sistenza con la quale emergono i nomi di filosofi orientali — gli indiani Ghan­di, Patanjali e Nagarjuna, i cinesi Lao-Tzu e Confucio, il persiano El Ghazali, proposti in esplicita polemica con l’impostazione «eurocentrica» dominan­te nella lista dei 20 nomi proposti. Merita di essere sottolineata, in questo conte­sto, la motivazione addotta per la scelta di Averroè, grande esponente dell’aristotelismo arabo, fautore del dialogo inter­culturale e della tolleranza contro ogni forma di fanatismo, a proposito del qua­le si dice che «abbiamo bisogno di ricor­dare quest’uomo oggi più che mai». Una seconda annotazione riguarda la filoso­fia italiana, che risulterebbe del tutto as­sente, se non fossero avanzate le candi­dature di due grandi autori, i quali non rientrano tuttavia fra i filosofi in senso stretto, quali sono Dante e Machiavelli.
Tipicamente britannico il senso del­l’umorismo che ha ispirato, fra le altre, le nomination di Guglielmo di Occam («Per il suo celebre rasoio. Ah, se solo la gente si ricordasse di usarlo di più!») e di Montaigne («Perché mi fa ridere e perché non è nella lista dei 20 che lo fa­rebbe ridere!»). Più corrosive, al limite della provocazione, altre proposte: quel­la relativa a Kermit the Frog («almeno i suoi epigrammi ci fanno ridere»), o quella che vorrebbe incoronare come maggiore filosofo della storia il calciatore Éric Cantona, noto per le sue intempe­ranze violente dentro e fuori i campi da football, e più recentemente per la sua performance come attore cinematografi­co. Infine, non prive di arguzia, e perfi­no di una sottile verità, alcune proposte «estremistiche», per certi versi coinci­denti, quali quella che indica «nessu­no» quale maggior filosofo della storia («Perché ha ragione il poeta giapponese Basho quando ammonisce a non cercare i saggi del passato, ma a cercare piut­tosto ciò che essi hanno cercato»), o quella che nomina se stesso, perché «non si deve credere ai filosofi più di quanto si debba credere ai politici o a qualunque altro, in quanto ciascuno do­vrebbe essere per se stesso il proprio fi­losofo favorito».
Nel complesso, il sondaggio promos­so dalla Bbc può essere giudicato semplicemente come un giochino bizzarro ma innocuo, derivato principalmente dalla tendenza a inventare nuove forme di in­trattenimento. D’altra parte, da questa competizione emergono anche alcuni elementi un po’ più seri, che meritano qualche riflessione. Anzitutto stupisce, e per certi versi perfino allarma, il fatto che un quotidiano austero e prestigioso, quale l’«Economist», nelle ultime setti­mane del sondaggio abbia svolto una campagna fra i suoi lettori, affinché fos­se votato Hume, al solo scopo — esplici­tamente dichiarato — di evitare l’incoro­nazione di Marx quale maggior filosofo. Segno evidente della persistenza di pau­re e pregiudizi tutt’altro che superati, in un Paese, e in un giornale, che pure do­vrebbero essere perfettamente in grado di distinguere fra l’opera di un filosofo (certamente fra i più grandi, comunque la si pensi) e la tragedia del comunismo realizzato. Senza altresì avvedersi che, in una società dello spettacolo e della co­municazione quale è la nostra, un inter­vento a gamba tesa di questo genere non poteva che generare un effetto controproducente. In secondo luogo, i risul­tati del sondaggio dimostrano che, alme­no in un pubblico eterogeneo e indiffe­renziato quale è quello presumibilmen­te coinvolto nella consultazione, la figu­ra del filosofo è ancora largamente asso­ciata a quella di alcuni grandi autori del passato, mentre stentano a emergere i protagonisti del pensiero del Novecen­to. A ciò si aggiunga che, a eccezione di Wittgenstein, non vi è traccia fra i più votati di una particolare inclinazione per i filosofi di orientamento analitico. A dispetto di ciò che, viceversa, si è soli­ti ripetere, quando si indicano nei Paesi di lingua inglese le roccaforti della ten­denza abitualmente contrapposta alla fi­losofia continentale.
Insomma, per quanto possa apparire sorprendente: uno spettro ancora si aggira per l’Europa, nelle sembianze di un uomo con una folta capigliatura e una barba scurissima.

Il materialismo storico e la crisi contemporanea
 Studi, festival e perfino un romanzo giallo
Così Hobsbawm ha lanciato la tendenza

Le idee di Karl Marx per interpretare la crisi contemporanea: Gian Paolo Patta, sindacalista e politico, ha appena pubblicato il saggio Plusvalore d’Italia. Il buon uso di Marx per capire la crisi mondiale e del nostro Paese (edizioni Punto Rosso, pp. 236, € 15). La riscoperta di Marx ha già un suo «classico» nel saggio di Eric Hobsbawm, uno dei maggiori storici contemporanei, intitolato Come cambiare il mondo. Perché riscoprire l’eredità del marxismo (Rizzoli, 2011).
Tra i libri dedicati alla modernità del pensiero del filosofo tedesco usciti quest’anno: A lezione da Marx (Manifestolibri) di Stefano Petrucciani, Marx oltre il marxismo (Franco Angeli) di Stefano Ricciuti e perfino un giallo, Marx & Engels, investigatori.
Il filo rosso del delitto (Nuovi Equilibri). Dagli scaffali alla piazza: dal 5 al 9 luglio a Londra si tiene il festival «Marxism 2012». Sottotitolo: «Idee per cambiare il mondo» (www.marxismfestival.org.uk).



La seconda vita di Karl Marx
di Marcello Musto
da l'Unità, 24/6/2012 


Se la perpetua giovinezza di un autore sta nella sua capacità di riuscire a stimolare sempre nuove idee, si può allora affermare che Karl Marx possiede, senz’altro, questa virtù.

Nonostante, dopo la caduta del Muro di Berlino, conservatori e progressisti, liberali ed ex-comunisti, ne avessero decretato, quasi all’unanimità, la definitiva scomparsa, con una velocità per molti versi sorprendente, le sue teorie sono ritornate di grande attualità. Di fronte alla recente crisi economica e alle profonde contraddizioni che dilaniano la società capitalistica, si è ripreso a interrogare il pensatore frettolosamente messo da parte dopo il 1989 e, negli ultimi anni, centinaia di quotidiani, periodici, emittenti televisive e radiofoniche, di tutto il mondo, hanno celebrato le analisi contenute ne Il capitale.

Nuovi sentieri per la ricerca 
Questa riscoperta è accompagnata, sul fronte accademico, dal proseguimento della nuova edizione storico-critica delle opere complete di Marx ed Engels, la MEGA². In essa, le numerose opere incompiute di Marx sono state ripubblicate rispettando lo stato originario dei manoscritti e non, come avvenuto in precedenza, sulla base degli interventi redazionali cui essi furono sottoposti. Grazie a questa importante novità e tramite la stampa dei quaderni di appunti di Marx (precedentemente quasi del tutto sconosciuti), emerge un pensatore per molti versi differente da quello rappresentato da tanti avversari e presunti seguaci. Alla statua dal profilo granitico che, nelle piazze di Mosca e Pechino, indicava il sol dell’avvenire con certezza dogmatica, si sostituisce l’immagine di un autore fortemente autocritico che, nel corso della sua esistenza, lasciò incompleta una parte significativa delle opere che si era proposto di scrivere, perché sentì l’esigenza di dedicare le sue energie a studi ulteriori che verificassero la validità delle proprie tesi.
Diverse interpretazioni consolidate dell’opera di Marx vengono, così, rimesse in discussione. Le cento pagine iniziali de L’ideologia tedesca (testo molto dibattuto nel Novecento e da tutti considerato pressoché terminato) sono state pubblicate, per la prima volta, in ordine cronologico e nella veste originaria di sette frammenti separati. Si è scoperto che essi erano degli scarti delle sezioni, del libro in cantiere, dedicate agli esponenti della Sinistra hegeliana Bauer e Stirner. La prima edizione del testo, stampata a Mosca nel 1932, ma anche le numerose e successive versioni, che non ne variarono di molto la sostanza, crearono, invece, l’errata impressione che il cosiddetto “capitolo su Feuerbach” rappresentasse la parte principale del libro scritto da un Giano bifronte (Marx ed Engels), nel quale – secondo gli studiosi sovietici – erano state esposte esaustivamente le leggi del materialismo storico (espressione, per altro, mai utilizzata da Marx), o – secondo il marxista francese Althusser – era stata partorita niente meno che “una rottura epistemologica senza equivoci, chiaramente presente nell’opera di Marx”.
Ulteriore motivo di interesse di questa edizione è l’avanzamento nella distinzione tra la concezione di Marx e quella di Engels. Passaggi precedentemente considerati del tutto unitari vengono letti in modo differente. La frase, oggetto di critiche feroci e difese ideologiche, ritenuta da diversi autori come una delle principali descrizioni della società post-capitalistica secondo Marx (“la società comunista […] regola la produzione in generale e […] mi rende possibile il fare oggi questa cosa, domani quell’altra; la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare”), fu, in realtà, opera del solo Engels (ancora influenzato dalle idee degli utopisti francesi) e del tutto respinta dal suo amico più caro.

Le acquisizioni filologiche della MEGA² hanno prodotto risultati di rilievo anche rispetto al magnum opus di Marx. Nel corso dell’ultimo decennio sono stati pubblicati quattro nuovi volumi, contenenti tutte le bozze mancanti dei Libri Secondo e Terzo de Il capitale – lasciati, com’è noto, da lui incompleti. La stampa di questi testi consente di ricostruire l’intero processo di selezione e composizione dei manoscritti marxiani svolto da Engels (i suoi interventi ammontano a diverse migliaia – cifra inimmaginabile fino a pochi anni fa), nel lungo arco di tempo compreso tra il 1883 e il 1894. Oggi si può valutare, dunque, dove egli apportò consistenti modifiche e dove, invece, rispettò più fedelmente il testo di Marx che pure, occorre affermarlo con chiarezza, non rappresenta affatto l’approdo finale della sua ricerca (incluse le pagine sulla celebre Legge della caduta tendenziale del saggio di profitto).

Non solo un classico 
Credere di poter relegare Marx alla funzione di classico imbalsamato, al campo degli specialismi dell’accademia, costituirebbe, però, un errore pari a quello commesso da coloro che lo trasformarono nella fonte dottrinaria del “socialismo reale”. Le sue analisi sono più attuali che mai. Quando Marx scrisse Il capitale, il modo di produzione capitalistico era ancora in una fase iniziale del proprio sviluppo. Oggi, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica e alla sua espansione geografica in nuove aree del pianeta (in primis la Cina), esso è divenuto un sistema compiutamente globale – che invade e condiziona tutti gli aspetti (non solo quelli economici) della vita degli esseri umani – e le riflessioni di Marx si rivelano più feconde di quanto non lo fossero al suo tempo.

Dopo vent’anni di lodi incondizionate alla società di mercato, pensieri deboli subalterni e vacuità post-moderne, poter ritornare a guardare l’orizzonte sulle spalle di un gigante come Marx è una notizia positiva per tutti quelli che sono impegnati nella ricerca, politica e teorica, di un’alternativa democratica al capitalismo.


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