Oggi, 3 luglio 2012, sul Corriere della Sera si può leggere questo articolo:
Un
fantasma si aggira per l’Europa: la nuova primavera di Karl Marx
Oltre
la tragedia del comunismo reale, la riscoperta del grande filosofo
di Umberto
Curi
Qualche tempo fa, la
rete radiofonica della Bbc, Radio 4, nella rubrica «In our time» aveva promosso
un’iniziativa davvero singolare. Si chiedeva agli ascoltatori di indicare «il
più grande filosofo della storia», fra una lista di 20 autori. L’esito finale
del sondaggio, proseguito per alcune settimane con una risonanza crescente e
con alcuni significativi riflessi nei grandi media, appare per molti aspetti
sorprendente. In questa insolita classifica, infatti, è risultato largamente
vincitore Karl Marx (con quasi il 30% dei voti), seguito a notevole distanza
da Hume (12,67%), Wittgenstein (6,80%), Nietzsche (6,49%), Platone (5,65%) e
Kant (5,61%). Nelle ultime posizioni, Epicuro, Hobbes e Heidegger, votati con
percentuali pressoché irrilevanti. A ridosso dei primi, anche se
irrimediabilmente tagliati fuori dalla «zona podio», san Tommaso e Socrate,
seguiti da Aristotele e da Popper, i quali raggranellano rispettivamente il
4,52% e il 4,20%. Ma prima di esprimere qualche valutazione in margine a una
iniziativa per molti versi stravagante, può essere istruttivo, oltre che talora
anche divertente, andare a spulciare nel repertorio delle risposte fornite,
oltre che delle motivazioni che accompagnano le diverse nomination.
Trascurando le
indicazioni più scontate, riguardanti pensatori comunque noti e più volte
votati, colpisce anzitutto l’insistenza con la quale emergono i nomi di
filosofi orientali — gli indiani Ghandi, Patanjali e Nagarjuna, i cinesi
Lao-Tzu e Confucio, il persiano El Ghazali, proposti in esplicita polemica con
l’impostazione «eurocentrica» dominante nella lista dei 20 nomi proposti.
Merita di essere sottolineata, in questo contesto, la motivazione addotta per
la scelta di Averroè, grande esponente dell’aristotelismo arabo, fautore del
dialogo interculturale e della tolleranza contro ogni forma di fanatismo, a
proposito del quale si dice che «abbiamo bisogno di ricordare quest’uomo oggi
più che mai». Una seconda annotazione riguarda la filosofia italiana, che
risulterebbe del tutto assente, se non fossero avanzate le candidature di due
grandi autori, i quali non rientrano tuttavia fra i filosofi in senso stretto,
quali sono Dante e Machiavelli.
Tipicamente britannico
il senso dell’umorismo che ha ispirato, fra le altre, le nomination di
Guglielmo di Occam («Per il suo celebre rasoio. Ah, se solo la gente si
ricordasse di usarlo di più!») e di Montaigne («Perché mi fa ridere e perché
non è nella lista dei 20 che lo farebbe ridere!»). Più corrosive, al limite
della provocazione, altre proposte: quella relativa a Kermit the Frog («almeno
i suoi epigrammi ci fanno ridere»), o quella che vorrebbe incoronare come
maggiore filosofo della storia il calciatore Éric Cantona, noto per le sue
intemperanze violente dentro e fuori i campi da football, e più recentemente
per la sua performance come attore cinematografico. Infine, non prive di
arguzia, e perfino di una sottile verità, alcune proposte «estremistiche», per
certi versi coincidenti, quali quella che indica «nessuno» quale maggior
filosofo della storia («Perché ha ragione il poeta giapponese Basho quando
ammonisce a non cercare i saggi del passato, ma a cercare piuttosto ciò che
essi hanno cercato»), o quella che nomina se stesso, perché «non si deve
credere ai filosofi più di quanto si debba credere ai politici o a qualunque
altro, in quanto ciascuno dovrebbe essere per se stesso il proprio filosofo
favorito».
Nel complesso, il
sondaggio promosso dalla Bbc può essere giudicato semplicemente come un
giochino bizzarro ma innocuo, derivato principalmente dalla tendenza a
inventare nuove forme di intrattenimento. D’altra parte, da questa
competizione emergono anche alcuni elementi un po’ più seri, che meritano
qualche riflessione. Anzitutto stupisce, e per certi versi perfino allarma, il
fatto che un quotidiano austero e prestigioso, quale l’«Economist», nelle
ultime settimane del sondaggio abbia svolto una campagna fra i suoi lettori,
affinché fosse votato Hume, al solo scopo — esplicitamente dichiarato — di
evitare l’incoronazione di Marx quale maggior filosofo. Segno evidente della
persistenza di paure e pregiudizi tutt’altro che superati, in un Paese, e in
un giornale, che pure dovrebbero essere perfettamente in grado di distinguere
fra l’opera di un filosofo (certamente fra i più grandi, comunque la si pensi)
e la tragedia del comunismo realizzato. Senza altresì avvedersi che, in una
società dello spettacolo e della comunicazione quale è la nostra, un intervento
a gamba tesa di questo genere non poteva che generare un effetto
controproducente. In secondo luogo, i risultati del sondaggio dimostrano che,
almeno in un pubblico eterogeneo e indifferenziato quale è quello
presumibilmente coinvolto nella consultazione, la figura del filosofo è
ancora largamente associata a quella di alcuni grandi autori del passato,
mentre stentano a emergere i protagonisti del pensiero del Novecento. A ciò si
aggiunga che, a eccezione di Wittgenstein, non vi è traccia fra i più votati di
una particolare inclinazione per i filosofi di orientamento analitico. A
dispetto di ciò che, viceversa, si è soliti ripetere, quando si indicano nei
Paesi di lingua inglese le roccaforti della tendenza abitualmente contrapposta
alla filosofia continentale.
Insomma, per quanto
possa apparire sorprendente: uno spettro ancora si aggira per l’Europa, nelle
sembianze di un uomo con una folta capigliatura e una barba scurissima.
Il
materialismo storico e la crisi contemporanea
Studi,
festival e perfino un romanzo giallo
Così
Hobsbawm ha lanciato la tendenza
Le idee di Karl
Marx per interpretare la crisi contemporanea: Gian Paolo Patta, sindacalista e
politico, ha appena pubblicato il saggio Plusvalore d’Italia. Il buon uso di
Marx per capire la crisi mondiale e del nostro Paese (edizioni Punto Rosso, pp.
236, € 15). La riscoperta di Marx ha già un suo «classico» nel saggio di Eric
Hobsbawm, uno dei maggiori storici contemporanei, intitolato Come cambiare il
mondo. Perché riscoprire l’eredità del marxismo (Rizzoli, 2011).
Tra i libri
dedicati alla modernità del pensiero del filosofo tedesco usciti quest’anno: A
lezione da Marx (Manifestolibri) di Stefano Petrucciani, Marx oltre il marxismo
(Franco Angeli) di Stefano Ricciuti e perfino un giallo, Marx & Engels,
investigatori.
Il filo rosso del delitto (Nuovi Equilibri).
Dagli scaffali alla piazza: dal 5 al 9 luglio a Londra si tiene il festival
«Marxism 2012». Sottotitolo: «Idee per cambiare il mondo» (www.marxismfestival.org.uk).La seconda vita di Karl Marx
di Marcello
Musto
da l'Unità,
24/6/2012
Se la
perpetua giovinezza di un autore sta nella sua capacità di riuscire a stimolare
sempre nuove idee, si può
allora affermare che Karl Marx possiede, senz’altro, questa virtù.
Nonostante, dopo la caduta del Muro di Berlino, conservatori e progressisti, liberali ed ex-comunisti, ne avessero decretato, quasi all’unanimità, la definitiva scomparsa, con una velocità per molti versi sorprendente, le sue teorie sono ritornate di grande attualità. Di fronte alla recente crisi economica e alle profonde contraddizioni che dilaniano la società capitalistica, si è ripreso a interrogare il pensatore frettolosamente messo da parte dopo il 1989 e, negli ultimi anni, centinaia di quotidiani, periodici, emittenti televisive e radiofoniche, di tutto il mondo, hanno celebrato le analisi contenute ne Il capitale.
Nuovi
sentieri per la ricerca
Questa
riscoperta è accompagnata, sul fronte accademico, dal proseguimento della nuova
edizione storico-critica delle opere complete di Marx ed Engels, la MEGA². In
essa, le numerose opere incompiute di Marx sono state ripubblicate rispettando
lo stato originario dei manoscritti e non, come avvenuto in precedenza, sulla
base degli interventi redazionali cui essi furono sottoposti. Grazie a questa
importante novità e tramite la stampa dei quaderni di appunti di Marx
(precedentemente quasi del tutto sconosciuti), emerge un pensatore per molti
versi differente da quello rappresentato da tanti avversari e presunti seguaci.
Alla statua dal profilo granitico che, nelle piazze di Mosca e Pechino,
indicava il sol dell’avvenire con certezza dogmatica, si sostituisce l’immagine
di un autore fortemente autocritico che, nel corso della sua esistenza, lasciò
incompleta una parte significativa delle opere che si era proposto di scrivere,
perché sentì l’esigenza di dedicare le sue energie a studi ulteriori che
verificassero la validità delle proprie tesi.
Diverse
interpretazioni consolidate dell’opera di Marx vengono, così, rimesse in
discussione. Le cento pagine iniziali de L’ideologia tedesca (testo
molto dibattuto nel Novecento e da tutti considerato pressoché terminato) sono
state pubblicate, per la prima volta, in ordine cronologico e nella veste
originaria di sette frammenti separati. Si è scoperto che essi erano degli
scarti delle sezioni, del libro in cantiere, dedicate agli esponenti della
Sinistra hegeliana Bauer e Stirner. La prima edizione del testo, stampata a
Mosca nel 1932, ma anche le numerose e successive versioni, che non ne variarono
di molto la sostanza, crearono, invece, l’errata impressione che il cosiddetto
“capitolo su Feuerbach” rappresentasse la parte principale del libro scritto da
un Giano bifronte (Marx ed Engels), nel quale – secondo gli studiosi sovietici
– erano state esposte esaustivamente le leggi del materialismo storico
(espressione, per altro, mai utilizzata da Marx), o – secondo il marxista
francese Althusser – era stata partorita niente meno che “una rottura
epistemologica senza equivoci, chiaramente presente nell’opera di Marx”.
Ulteriore
motivo di interesse di questa edizione è l’avanzamento nella distinzione tra la
concezione di Marx e quella di Engels. Passaggi precedentemente considerati del
tutto unitari vengono letti in modo differente. La frase, oggetto di critiche
feroci e difese ideologiche, ritenuta da diversi autori come una delle
principali descrizioni della società post-capitalistica secondo Marx (“la
società comunista […] regola la produzione in generale e […] mi rende possibile
il fare oggi questa cosa, domani quell’altra; la mattina andare a caccia, il
pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare”), fu,
in realtà, opera del solo Engels (ancora influenzato dalle idee degli utopisti
francesi) e del tutto respinta dal suo amico più caro.
Le
acquisizioni filologiche della MEGA² hanno prodotto risultati di rilievo anche
rispetto al magnum opus di Marx. Nel corso dell’ultimo decennio sono stati
pubblicati quattro nuovi volumi, contenenti tutte le bozze mancanti dei Libri
Secondo e Terzo de Il capitale – lasciati, com’è noto, da lui
incompleti. La stampa di questi testi consente di ricostruire l’intero processo
di selezione e composizione dei manoscritti marxiani svolto da Engels (i suoi
interventi ammontano a diverse migliaia – cifra inimmaginabile fino a pochi
anni fa), nel lungo arco di tempo compreso tra il 1883 e il 1894. Oggi si può
valutare, dunque, dove egli apportò consistenti modifiche e dove, invece,
rispettò più fedelmente il testo di Marx che pure, occorre affermarlo con chiarezza,
non rappresenta affatto l’approdo finale della sua ricerca (incluse le pagine
sulla celebre Legge della caduta tendenziale del saggio di profitto).
Non solo un
classico
Credere di
poter relegare Marx alla funzione di classico imbalsamato, al campo degli
specialismi dell’accademia, costituirebbe, però, un errore pari a quello
commesso da coloro che lo trasformarono nella fonte dottrinaria del “socialismo
reale”. Le sue analisi sono più attuali che mai. Quando Marx scrisse Il
capitale, il modo di produzione capitalistico era ancora in una fase
iniziale del proprio sviluppo. Oggi, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica
e alla sua espansione geografica in nuove aree del pianeta (in primis la Cina),
esso è divenuto un sistema compiutamente globale – che invade e condiziona
tutti gli aspetti (non solo quelli economici) della vita degli esseri umani – e
le riflessioni di Marx si rivelano più feconde di quanto non lo fossero al suo
tempo.
Nessun commento:
Posta un commento