I Professori
chiamati al capezzale dell’Italia malata fanno tanto pensare ai medici
chiamati per salvare Pinocchio:
E i medici
arrivarono subito uno dopo l’altro: arrivò, cioè, un Corvo, una Civetta e un
Grillo-parlante.
“Vorrei sapere da
lor signori “ disse la Fata, rivolgendosi ai tre medici riuniti intorno al
letto di Pinocchio “vorrei sapere da lor signori se questo disgraziato
burattino sia vivo o morto!”
A quest’invito, il
Corvo, facendosi avanti per il primo, tastò il polso a Pinocchio, poi gli tastò
il naso, poi il dito mignolo dei piedi e quand’ebbe tastato ben bene, pronunziò
solennemente queste parole: “A mio credere il burattino è bell’e morto: ma se
per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre
vivo!”
“Mi dispiace” disse
la Civetta “di dover contraddire il Corvo, mio illustre amico e collega: per
me, invece, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo,
allora sarebbe segno che è morto davvero.”
“E lei non dice
nulla?” domandò la Fata al Grillo-parlante. “Io dico che il medico prudente,
quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare, è quella di
stare zitto. Del resto quel burattino lì, non m’è fisionomia nuova: io lo
conosco da un pezzo!”
Pinocchio, che fin
allora era stato immobile come un vero pezzo di legno, ebbe una specie di
fremito convulso, che fece scuotere tutto il letto.
“Quel burattino lì”
seguitò a dire il Grillo-parlante “è una birba matricolata…”
Pinocchio aprì gli
occhi e li richiuse subito. “È un monellaccio, uno svogliato, un vagabondo…”
Pinocchio si
nascose la faccia sotto i lenzuoli. “Quel burattino lì è un figliuolo
disubbidiente, che farà morire di crepacuore il suo povero babbo!”
A questo punto si
sentì nella camera un suono soffocato di pianti e di singhiozzi. Figuratevi
come rimasero tutti, allorché, sollevati un poco i lenzuoli, si accorsero che
quello che piangeva e singhiozzava era Pinocchio.
“Quando il morto
piange, è segno che è in via di guarigione” disse solennemente il Corvo.
“Mi duole di contraddire il mio illustre amico e collega” soggiunse la
Civetta “ma per me quando il morto piange, è segno che gli dispiace a morire.”
Dal
XVI capitolo delle Avventure di Pinocchio
del Collodi
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