Luca Paulesu ha scritto su Gramsci una fantabiografia dove, paradossalmente, ci sono più verità di quante se ne trovano nei libri di più blasonati autori che hanno fatto tanto rumore di recente.
Simonetta Fiori - figlia di quel Giuseppe Fiori che ha scritto negli anni sessanta una bella biografia sul sardo e che fin dal 1992 ha documentato la distanza siderale esistente tra il comunismo di Gramsci e quello di Stalin e Togliatti – nel recensire il libro di Paulesu non manca di denunciare il “fervore immaginifico” e la “libera invenzione filologica” che ha segnato la più recente produzione critica sul pensatore sardo.
Riproponiamo di seguito la recensione pubblicata ieri su La Repubblica:
FANTA GRAMSCI di Simonetta Fiori
«Sono sardo, sono gobbo, sono pure comunista. Dopo una lunga
agonia in carcere spirerò. Nino mi chiamo». Comincia così la vita a fumetti di
Antonio Gramsci, favola dal sapore grottesco e malinconico che porta la firma
di Luca Paulesu. Il genere è necessariamente quello della
"fantabiografia", ma per uno
di quei curiosi paradossi a cui ci ha abituato la storia - nell' anno della
gramscite acuta segnata da fervore immaginifico e libera invenzione filologica
- l' insolita graphic novel finisce per risultare una delle testimonianze più
oneste e limpide sul piccolo grande leader. Protagonista di queste strisce
è Nino, bambino spettinato e un po' smarrito, condannato alla solitudine da un
"mondo grande e terribile". Un bambino gracile e forte insieme,
indifeso e intellettualmente armatissimo, che cresce nella testa - nei
concetti, nelle categorie complesse - ma non nell' anagrafe né nel fisico
inseccolito. E nell' improvvida
esplosione di ipotesi congetturali e regolamenti di conti che segna l' attuale
fenomeno del "tutti pazzi per Gramsci", la surreale figurina di Nino mi chiamo diventa incredibilmente
la chiave più autentica per accedere a quel rispetto al quale la cultura italiana fatica a
trovare una misura (Feltrinelli, pagg. 284, euro 17). Perché Gramsci bambino?
Le ragioni sono diverse. Intanto il libro era stato pensato inizialmente come
guida non celebrativa per scolaresche alla casa museo di Ghilarza. Ma il motivo
più profondo va cercato all' interno della famiglia Gramsci, dove questo libro
è stato concepito. Luca Paulesu,
avvocato di 44 anni con passione per il disegno satirico, è il nipote di
Teresina, la sorella prediletta con cui Nino aveva l' abitudine di
"giocare ai libri", mettere in scena le avventure e i personaggi
incontrati nella letteratura. E le tavole sono il frutto di una memoria
famigliare coltivata nel piccolo borgo dell' altopiano sardo, tra gli oggetti
di Nino e la sua personale biblioteca arrivata dal carcere con le pagine
intonse, senza sottolineature o note in margine. «Ho abitato a Ghilarza fino ai
nove anni», racconta Luca, che ora vive a Firenze. «Tutti i pomeriggi, dopo l'
asilo e poi la scuola, passavamo qualche ora da Teresina. Nei racconti della
nonna, zio Nino è rimasto sempre bambino. Ogni avvenimento della famiglia
finiva per concentrarsi intorno alla sua figura, ma di lui adulto nessuno ci
parlava mai». Gramsci rimane piccolo perché intercettato la prima volta da
uno sguardo bambino. Ma la sua fisionomia infantile è anche un preciso segno
grafico, leggero e insieme sconfortato, delicatissimo e malinconico, che
Paulesu adotta per restituire la vulnerabilità del protagonista, condannato al carcere fascista ma anche a
un isolamento ancora più tragico per il suo comunismo eterodosso. E poi ancora
costretto alla distanza, quella sentimentale della moglie Giulia e quella
affettiva dai figli Delio e Giuliano. Un' estraneità inasprita dal difficile
rapporto con casa Schucht, la famiglia russa acquisita, politicamente ostile a
quel comunista dissidente. «Il fatto che Nino rimanga piccolo», spiega l'
autore, «mi ha permesso di marcare nel racconto fantastico alcuni elementi
drammatici della sua vita, innanzitutto la solitudine. La moglie, la cognata
Tania e i figli entrano nella narrazione solo sotto metafora letteraria o come
citazione di un passo di una lettera». Gramsci resta minuscolo perché così
appare rispetto alle colossali tragedie di quegli anni. E talvolta Paulesu
sembra adottare il criterio grafico dello zoom rovesciato, quello usato da
Istvan Banyai in uno splendido libro che abitua i bambini ad allargare l'
orizzonte visivo, anche immaginandolo. Ma il mondo che si estende intorno a
Gramsci è ricco di ombre minacciose. E non a caso è proprio in un campo lungo
che Nino ridotto a pupazzetto minimo si rivolge al compagno di classe: «Non
fare come al solito, Palmiro, stammi vicino...». La gran massa scettica di
capelli, l' occhiale dimesso, il sorriso perplesso: Gramsci, nel racconto,
rimane sempre da solo. E Togliatti è "l' amico immaginario", che si
accende nelle fantasie ma si vanifica nella realtà. Implicito il giudizio
politico? «Nell' affaire Gramsci la sua figura non è chiara», risponde Paulesu.
«Il dissidio politico tra Gramsci e
Togliatti del 1926 avrebbe dovuto sciogliere ogni riserva interpretativa da
tempo. La rottura tra i due era stata profonda. In una nota riporto il ricordo
di Rossana Rossanda proprio sul momento in cui Togliatti decise di rendere noti
quel dissidio pubblicando i documenti su Rinascita. Erano passati 40 anni dallo
scambio delle lettere incriminate». Ma ancora prima delle carte, parla la
malinconica vignetta con cui si chiude il racconto. Nino è di spalle, piccolo e
ripiegato su se stesso: «E se passa un certo Palmiro ditegli che sono partito».
Nino mi chiamo, il titolo del racconto, è ispirato al buffo incontro nel
carcere di Palermo del celebre prigioniero con un detenuto comunista. «Gramsci,
Antonio?», domanda sorpreso l' operaio. «Sì, Antonio», risponde il leader
comunista. «Ma non può essere. Gramsci è un gigante, non un uomo così piccolo».
La prima volta che Paulesu lo disegnò, sei anni fa, Nino comparve sulla pagina
esattamente come il nipote l' aveva sempre immaginato. «Ma mi venne naturale
farlo parlare da adulto, con le categorie concettuali elaborate nella stagione
successiva». Guerra di movimento, guerra di posizione. Egemonia. Intellettuali
organici. Il piccolo Gramsci non
rinuncia alle intuizioni della maturità. E non rinuncia alla passione per la
sua Julka, perché «vita e politica, amore e pensiero risultano inscindibili».
Il capitolo sentimentale - la struggente storia con la bellissima Giulia
Schucht, lunarmente lontana, cagionevole e organicamente legata al Pcus - è
raccontato attraverso un irrequieto Nino in pigiama a strisce che si rotola e
fa capriole intorno agli immensi tomi tolstojani con le storie di Anna Karenina
e Guerra e Pace. In fondo - sembra suggerire il nipote disegnatore - soltanto
il grande romanziere sarebbe stato capace di ritrarne luci ed ombre. Nella casa
di Teresina, dove Luca continua a passare le vacanze d' estate, sul cassettone
del salotto è rimasta esposta una fotografia di quella fragile cognata. «Ma
dopo la morte di zio Nino, la nonna e Giulia non si sarebbero mai incontrate».
Lettere, anche regali, ma mai una visita. Dopo
il 1946 arrivò invece Togliatti, per una commemorazione ufficiale a Oristano.
Della famiglia Gramsci si mossero Diddi e Grazietta, ma Teresina volle rimanersene
a casa. Non ha mai detto il perché. Forse anche lei lo considerava l'
"amico immaginario".
- SIMONETTA FIORI La Repubblica 5 giugno 2012
sono corso a comprare il libro!! è belissimo
RispondiEliminaieri ero alla presentazione di Feltrinelli Firenze ... è stato un successo. Copie esaurite già prima di cominciare. il libro è fantastico!!!!!
RispondiEliminaBernardo Puleio ieri in FB mi ha inviato un commento che trascrivo di seguito:
RispondiEliminaBernardo Puleio il libro di Fiori su Gramsci, Togliatti e Stalin è una delle cose più belle che abbia letto. Mi ha commosso il gesto eroico del piccolo grande sardo che nel 1926 va in Russia e dice al dittatore georgiano "se il comunismo è questo meglio che la finiamo qua". questo era il senso delle sue parole. Mussolini arrestando Gramsci nel 27 ha fatto il gioco di Stalin. Di cui Togliatti è stato troppo servo e cinicamente epigono