21 febbraio 2021

1956 PIERO CALAMANDREI DIFENDE DANILO DOLCI

 









"Qui e fuori di qui siamo in molti a pensare e a ripetere che la cultura, se vuol essere viva e operosa, qualcosa di meglio dell' inutile e arida erudizione, non deve appartarsi dalle vicende sociali, non deve rinchiudersi nella torre d' avorio senza curarsi delle sofferenze di chi batte alla porta di strada. Tutto questo lo diciamo e lo scriviamo da decenni; ma tuttavia siamo incapaci di ritrovare il contatto fraterno con la povera gente. Siamo pronti a dire parole giuste; ma non sappiamo rinunciare al nostro pranzo, al nostro comodo letto, alla nostra biblioteca appartata e tranquilla. Tra noi e la gente più umile resta, per quanto ci sforziamo, come uno schermo invisibile, che ci rende difficile la comunicazione immediata. Il Popolo ci sente come di un altro ceto: sospetta che questa fraternità di parole sia soltanto oratoria. Per Danilo no. L' eroismo di Danilo è questo: dove più la miseria soffoca la dignità umana, egli ha voluto mescolarsi con loro e confortarli non con i messaggi ma con la sua presenza; diventare uno di loro, dividere con loro il suo pane e il suo mantello, e chiedere in cambio ai suoi compagni una delle loro pale e un pó di fame."

(Brano tratto dall' arringa di difesa di PIERO CALAMANDREI nel processo del 1956 contro Danilo Dolci, responsabile dello SCIOPERO ALLA ROVESCIA insieme al segretario della Camera del Lavoro di Partinico)

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