07 febbraio 2021

IL FASCISMO HA DIMEZZATO I SALARI DELLE DONNE

 



20 GENNAIO 1927
IL FASCISMO DIMEZZA I SALARI DELLE DONNE
“La indiscutibile minore intelligenza della donna ha impedito di comprendere che la maggiore soddisfazione può essere da essa provata solo nella famiglia."
Ferdinando Loffredo Politica della famiglia (1938)
“L’esodo delle donne dal campo di lavoro avrebbe senza dubbio una ripercussione economica su molte famiglie, ma una legione di uomini solleverebbe la fronte umiliata e un numero centuplicato di famiglie nuove entrerebbero di colpo nella vita nazionale. Bisogna convincersi che lo stesso lavoro che causa nella donna la perdita degli attributi generativi, porta all’uomo una fortissima virilità fisica e morale”.
Benito Mussolini su Il Popolo d’Italia del 31 agosto 1934
“La donna non desidera più i diritti per cui lottava […] (si torna) alla sana concezione della donna che è donna e non è uomo, col suo limite e quindi col suo valore […]. Nella famiglia la donna è del marito, ed è quel che è in quanto è di lui”.
Giovanni Gentile ne La donna nella coscienza moderna (1934)
Il 20 gennaio del 1927, con un decreto legge, il Governo fascista intervenne sui salari delle donne riducendoli alla metà rispetto alle corrispondenti retribuzioni degli uomini.
La prima offensiva al lavoro femminile del Regime si avrà nell’insegnamento.
Con il Regio Decreto 2480 del 9 dicembre 1926 le donne saranno escluse dalle cattedre di lettere e filosofia nei licei, verranno tolte loro alcune materie negli istituti tecnici e nelle scuole medie, si vieterà loro di essere nominate dirigenti o presidi di istituto (già il Regio Decreto 1054 del 6 maggio – Riforma Gentile – vietava alle donne la direzione delle scuole medie e secondarie. Per estirpare il male veramente alla radice, saranno raddoppiate le tasse scolastiche alle studentesse, scoraggiando così le famiglie a farle studiare).
Una legge del 1934 (legge 221) limiterà notevolmente le assunzioni femminili, stabilendo sin dai bandi di concorso l’esclusione delle donne o riservando loro pochi posti, mentre un decreto legge del 5 settembre 1938 fisserà un limite del 10% all’impiego di personale femminile negli uffici pubblici e privati.
L’anno successivo, il Regio Decreto n. 989/1939 preciserà addirittura quali impieghi statali potessero essere alle donne assegnati: servizi di dattilografia, telefonia, stenografia, servizi di raccolta e prima elaborazione di dati statistici; servizi di formazione e tenuta di schedari; servizi di lavorazione, stamperia, verifica, classificazione, contazione e controllo dei biglietti di Stato e di banca, servizi di biblioteca e di segreteria dei Regi istituti medi di istruzione classica e magistrale; servizi delle addette a speciali lavorazioni presso la Regia zecca. L’articolo 4 della stessa legge, suggerirà altri impieghi “particolarmente adatti” alle donne: annunciatrici addette alle stazioni radiofoniche; cassiere (limitatamente alle aziende con meno di 10 impiegati); addette alla vendita di articoli di abbigliamento femminile, articoli di abbigliamento infantile, articoli casalinghi, articoli di regalo, giocattoli, articoli di profumeria, generi dolciari, fiori, articoli sanitari e femminili, macchine da cucire; addette agli spacci rurali cooperativi dei prodotti dell’alimentazione, limitatamente alle aziende con meno di 10 impiegati; sorveglianti negli allevamenti bacologici ed avicoli; direttrici dei laboratori di moda.

Ilaria Romeo, Archivio Storico Cgil
Padri e Madri della Libertà

Nessun commento:

Posta un commento