22 febbraio 2021

INTORNO ALL' OPERA DI ROBERTO CALASSO

 


LA “LETTERATURA  ASSOLUTA” DI ROBERTO CALASSO

Come epigrafe al suo Il libro di tutti i libri, pubblicato nel 2019, Roberto Calasso, scrittore e presidente di Adelphi, ha scelto una citazione di Goethe che recita: «Così, libro dopo libro, il libro di tutti i libri potrebbe mostrarci che ci è stato dato perché tentiamo di entrarvi come in un secondo mondo e lì ci smarriamo, ci illuminiamo e ci perfezioniamo». Queste parole venivano utilizzate da Calasso per dare la misura dell’oggetto di studio in cui si era immerso, i testi dell’Antico Testamento, ma in una chiave più ampia si può dire che la frase di Goethe apre anche a un modo attraverso il quale provare ad addentrarsi nella sua opera, in particolare dentro la grande opera unica che il direttore di Adelphi ha iniziato a costruire nel 1983 con La rovina di Kasch e che ha l’ultimo capitolo in La tavoletta dei Destini, pubblicato nel 2020. Si tratta fino a questo momenti di undici volumi, diverse migliaia di pagine, a cui vanno affiancati non solo i suoi altri libri, dal più recente Come ordinare una biblioteca a L’impuro folle o a I quarantanove gradini, ma anche le centinaia di libri a cui ha lavorato per Adelphi fin dagli inizi della storia della casa editrice a fianco di Roberto Bazlen e Luciano Foà. Un protagonista assoluto della cultura italiana degli ultimi cinquant’anni a cui però non sono stati dedicati studi particolarmente completi, anche forse per lo spavento che può generare accostarsi e addentrarsi in un’opera complessa che si muove senza continuità e con incredibile intelligenza dalla cultura vedica al mondo contemporaneo spalancando continuamente improvvisi e impressionanti abissi di senso.

A colmare finalmente questa vistosa lacuna arriva adesso la corposa monografia di Elena Sbrojavacca, Letteratura assoluta, pubblicata da Feltrinelli, che mantiene la promessa del sottotitolo, ovvero una lettura organica e stimolante delle Opere e il pensiero di Roberto Calasso. Sbrojavacca dedica la sua attenzione principale agli undici volumi della grande opera unica di Calasso, seppure anche gli altri testi hanno nella sua argomentazione un ruolo rilevante (per esempio La letteratura e gli dèi, raccolta delle Weidenfeld Lectures tenute dall’autore presso l’Università di Oxford nel 2000, è considerato un «accesso laterale all’Opera» ed è protagonista del primo capitolo). L’autrice oltretutto decide con coraggio di percorrere la via più complessa all’interno di questo già tortuoso itinerario, non muovendosi quindi solo assecondando l’ordine cronologico di pubblicazione, ma operando anche una precisa lettura diacronica dei libri, isolando alcuni grandi temi capaci di comunicare con l’opera nella sua interezza, non perdendo mai di vista «il suo rapporto ambiguo con il presente e la sua idea della letteratura come strumento che illumina gli intrecci della mente». Riguardo al primo punto, l’idea di letteratura che innerva ogni pagina di questa analisi critica e che è una delle eredità più importanti che lascia questo libro, l’analisi prende le mosse dalla querelle nata sull’inserto della “Stampa”, “Tuttolibri”, in occasione dell’uscita di Quarantanove gradini, quando Angelo Guglielmi accuserà Calasso di una mancanza di attenzione sulle specificità del presente, critica a cui Calasso risponderà dicendo che la letteratura, come tutte le cose essenziali, «non ha funzione – e tanto meno quella di fornire un “conforto a fare le scelte per l’oggi” (Guglielmi) –, ma si appaga del capire ciò che è, rivelando ciò che è in una forma».

Per ciò che invece riguarda il rapporto tra la letteratura e la mente, a cui l’autrice dedica la seconda parte del libro, basti fare riferimento a un personaggio che segna l’opera calassiana sia dal punto di vista dell’editore che dello scrittore. Nel 1974 infatti Adelphi pubblica, come primo volume della “Collana dei casi”, Memorie di un malato di nervi, con postfazione proprio di Calasso, di Daniel Paul Schreber, il presidente della Corte d’Appello di Dresda che nel 1893 entrerà in una grave crisi psichica di cui questo libro è testimonianza oltre che sintomo, e prova per l’autore, della sua guarigione (in uno sforzo compositivo per fuggire dalla follia che può ricordare un altro libro adelphiano, Il rituale del serpente di Aby Warburg, sua lezione presso la casa di cura di Kreuzlingen per dimostrare la sua sanità mentale). Sempre nel 1974 Calasso pubblica L’impuro folle, il suo primo libro, da molti lettori considerato il suo testo più oscuro, «un prologo celeste all’Opera che ruota attorno al delirio allucinatorio del presidente Schreber». Partendo da questa importante evidenza, Sbrojavacca muove attraversando l’opera di Calasso attorno alla domanda su cosa sia la mente, cosa significhino e come arrivino la coscienza e la conoscenza, non mancando di soffermarsi sulle strade che percorre la mente per muoversi nel mondo e interpretarlo e aprendo così al dualismo tra analogico e digitale, «uno dei cardini di tutta la costruzione calassiana».

Lo stesso editore di Adelphi in un’intervista per la Rai nel 2006 spiegava che la grande protagonista dell’Opera è questa polarità, questo «movimento associativo del pensiero» che dalle pagine di La rovina di Kasch giunge fino all’Innominabile attuale, da una parte una modalità di pensiero che dice che «a sta per b, e implica che a annulli b e lo uccida, talvolta per scoprirne il funzionamento», dall’altra che «a sta per b, ma come una scheggia di granito che sta per la montagna da cui si è distaccata» (La rovina di Kasch). L’analisi di questa complessa dualità del pensiero, attentamente studiata da Sbrojavacca, è un importante esempio del modo di lavorare dell’autrice che solo apparentemente indaga gli epifenomeni dell’opera di Calasso, muovendosi invece sempre con precisione tra tutta la sua opera in cerca di connessioni e collegamenti rivelatori.

Letteratura assoluta è un libro che giustamente non prova a semplificare il pensiero di Calasso, ma che anzi si immerge nelle sue complessità e spigolosità, isolando con successo elementi tematici e interpretativi che, nell’analisi puntuale e rigorosa di Sbrojavacca, funzionano come strumenti importanti per muoversi più compiutamente nell’Opera dello scrittore. In una delle sue lezioni sulla letteratura (ripubblicate recentemente proprio da Adelphi), Vladimir Nabokov ha parlato della letteratura come regno del superfluo e di quell’inutile che però risulta essenziale per vivere: «Il sapere di cui ho cercato di farvi partecipi è lusso, puro e semplice. Ma, se avrete seguito le mie indicazioni, potrà aiutarvi a provare il senso di appagamento puro e assoluto che dà l’opera d’arte ispirata e ben costruita, e quel senso di appagamento, a sua volta, contribuirà a creare una sensazione di serenità, di benessere mentale più genuino». Tornando alle parole di Guglielmi sulla poca aderenza al presente dell’opera di Calasso e alla risposta dello scrittore su “Tuttolibri”, possiamo dire che quando riusciremo a provare il piacere di cui parla Nabokov leggendo Calasso, un po’ lo dovremo anche a questo libro, coraggioso e «inattuale», di Elena Sbrojavacca.

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