23 febbraio 2021

IL PENSIERO MERIDIANO DI FRANCO CASSANO 1 e 2

 


Addio Franco Cassano, teorico del "pensiero meridiano"

Franco La Cecla


Il pensiero meridiano è stata una fertile espressione di Franco Cassano, appena scomparso a 78 anni, sociologo meridionalista (credo non se ne avrebbe a male) nella grande tradizione del meridionalismo di Gaetano Salvemini dei grandi pensatori che all’Unità d’Italia si posero il problema della differenza all’interno del nostro paese. Franco Cassano a lungo ha collaborato per questo giornale, e oltre al geniale "pensiero meridiano" (che usci la prima volta nel 1997) ha lavorato sulle concezioni "differenti" del tempo e sulla "partita doppia", cioè sulle vicende che conducono alcuni umani a fare modestamente il bene o modestamente il male. La sua vocazione è rimasta però ancorata alla fertilità della diversità dei tempi e dei luoghi.

Da sociologo ha coltivato la geografia come una virtù. E oggi il suo pensiero evoca un mondo intero che nuovamente sembra essersi inabissato. Il Sud d’Italia è tornato alla ribalta solo come "evidenza" di un luogo dove si vive meglio in questa fase di pandemia. Migliaia di studenti e giovani meridionali sono tornati al Sud, dopo aver vissuto il trasferimento al Nord come vittoria contro una situazione che li costringeva alla marginalità del lavoro e delle retribuzioni. La pandemia ha ricordato loro che è meglio vivere in un contesto ricco climaticamente, affollato di storia e bellezze naturali e monumentali, di vita quotidiana significativa, piuttosto che languire in un Nord che ha smarrito la bussola (e davvero oggi non sa dove si trova, se tra faide leghiste, provincialismo sovranista e stupidità mediatica).

Franco Cassano è anche il primo ad aver parlato di "lentezza" e di avere ispirato il glamour di Petrini o le file ai banconi di Eataly. A me ricorda un mondo straordinario che ho avuto la fortuna di conoscere e incrociare, da meridionale anch’io, tra gli intellettuali e militanti calabresi e lucani e l’intelligenza campana e pugliese. Per non parlare delle furibonde avventure e delusioni della mia terra sicula. Quando negli anni 70 rubai la macchina a mio padre e partii alla scoperta del Mezzogiorno, sull’onda degli stimoli di un altro grande sociologo di impronta olivettiana, Carlo Doglio, che mi aveva spinto verso Rocco Scotellaro, Carlo Levi e la nuova stagione del meridionalismo. Approdai a Viibo Valentia nella sede dei "Quaderni del Mezzogiorno e delle isole" diretti da Francesco Tassone e Nicola Zitara, dal’antropologo Mariano Meligrana e dall’aristocratico Luigi Lombardi Satriani. Fu per me la scoperta di un mondo vivissimo di pensatori, volontari, militanti e mi dischiuse le porte di un mondo contadino che non era mai morto, nonostante il funerale cantatogli da Ernesto De Martino. Scoprii Matera che sembrava deserta ma non lo era, conobbi Pietro Laureano e il suo pensiero sull’urbanistica meridionale e il grande fotografo Mario Cresci. Mi sembrò per la prima volta di capire cosa univa tutto quel mondo, e cosa soprattutto lo divideva dal resto d’Italia.


E qui bisogna tornare a Franco Cassano. C’è una differenza radicale, che è aumentata, invece di diminuire. Tra il Nord e il Sud d’Italia c’è una differenza antropologica che rimane quasi intatta e che non ha nulla a che fare con il "ritardo" del Sud, con i piagnistei dei politici meridionali o con il razzismo dei plebei leghisti. E questa differenza ha attraversato la globalizzazione. Nascere, crescere e vivere al Sud crea una certa maniera di essere che è distinta. E che fa sembrare provinciale la pretesa del nord Europa e d’Italia di essere il centro di qualcosa. Questo ce lo dice da sempre Cassano. Lui loda Edward Said e il suo anti-"Orientalismo", io lo detesto proprio perché Said è l’antesignano della globalizzazione. Il credere che l’Est sia una invenzione dell’Ovest significa ignorare Ibn Khaldoun ma anche tutta la grande tradizione antropologica e geografica. Il Sud non è una proiezione del Nord - forse è più vero il contrario, il Nord è un "southern dream", che non avrebbe consistenza senza gli anni 70 e l’immensa emigrazione dal Sud.

Oggi che siamo un po’ meno stupidi e parliamo di transizione ecologica, sappiamo bene quale è il vantaggio del Mezzogiorno, proprio non avere avuto quello sviluppo tanto auspicato. E quando l’ha avuto ha creato i mostri come l’Ilva di Taranto o l’inferno di Augusta e Priolo. Forse oggi il ritardo del Mezzogiorno è l’unico vantaggio che ha l’Italia rispetto al resto d’Europa, vantaggio culturale, economico, paesaggistico, biologico, climatico, agricolo, turistico. Sarebbe interessante che Draghi cominciasse da questo se non ha già perso l’anima a Bruxelles.

Rileggendo Cassano si sente un clima di cui ci sarebbe di nuovo bisogno. Anche se - e non è colpa sua - la sua sociologia manca di antropologia. D’altro canto dove sono gli studi sul campo, i fieldwork che potrebbero raccontare dal vivo cosa è oggi il Sud d’Italia? Non c’è quasi nulla dopo De Martino, e quello che c’è è stato creato da outsider come Urich Van Loyen su Napoli (Napoli sepolta, viaggio nei riti di fondazione di una città, Meltemi 2021). In Sicilia vige un’accademia baronale che non fa ricerca sul campo da decenni, ma le cose non sono diverse altrove, con qualche magnifica eccezione, Mariella Pandolfi che si occupa di tarantismo, Vito Teti che si occupa di paesi abbandonati. Il resto è tristezza di corridoi e di cattedre ma poca vita. E invece ce ne sarebbe bisogno.

A leggere le bigliografie dei titoli di Franco Cassano, stringe il cuore: si ha nostalgia degli anni in cui il Sud era un luogo di ricerca sul campo, gli anni delle inchieste e del vivere a contatto con le questioni. Oggi del Sud quotidiano si sa ben poco, se ne hanno immagini da stereotipo e cartoline televisive. O se volete c’è Saviano che sostituisce il giornalismo alla ricerca sul campo. E noi ci siamo abituati a prendere per buone tutte le definizioni "giuridiche" e "criminologhe" del Sud d’Italia, tra Sacra Corona, N’drangheta, Camorra , Mafia e Sacra Stidda. Ed è il motivo per cui il Sud è ancora il campo di un "tarantinismo", cioè di una visione miserabilista e da serial alla Tarantino. Il Sud come grande macchina del miserabilismo che salva gli scrittori poco dotati e li premia perché si occupano dei bassifondi. Per questo non abbiamo mai una vera analisi delle classi medie meridionali e delle classi dirigenti meridionali. Franco Cassano ci ricorda che il Sud non è il western all’italiana che fa comodo a Netflix & Company, ma un posto ancora per buona parte sconosciuto.

Articolo ripreso da AVVENIRE 23 febbraio 2021


*******

Franco Cassano e l’attualità del pensiero meridiano.- di Tonino Perna

Ho conosciuto Franco Cassano negli anni ’90 quando era uscito da poco il saggio che l’ha reso famoso nel mondo: Il pensiero meridiano. Il testo che poi è diventato oggetto di culto per più generazioni, non solo meridionali, un approccio con cui il Sud del mondo può guardare al suo futuro senza restare succube del modello capitalistico dell’Occidente industrializzato.

Una svolta nel pensiero meridionalista che faceva i conti con la modernità senza nostalgie retoriche, ma evitando i luoghi comuni sul Mezzogiorno che doveva inseguire, secondo la vulgata, la stella polare del Nord.

“Pensiero meridiano” significa andare oltre, è una filosofia del vivere (non a caso molti hanno detto che Franco Cassano sia stato più un filosofo che un sociologo) che parte dal sentire dei popoli che si affacciano su questo grande lago che chiamiamo Mediterraneo.

Un modo per scoprire il limite che il mare ci pone, ma anche la forza della sua massa liquida che ci connette e ci interroga. Un modo per dire che il Sud d’Italia come i Sud del mondo devono pensare a costruire il proprio futuro senza farsi colonizzare da modelli esterni, senza inseguire mete che li snaturerebbero, come purtroppo è in gran parte avvenuto.

Un modo per scavalcare il muro decrepito del meridionalismo piagnone, quanto per rigettare l’inseguimento dei vincitori, senza cadere nella trappola del Sud contro il Nord, della secessione meridionale, come quella auspicata da Pino Aprile e dai suoi seguaci neoborbonici.

Il “pensiero meridiano” ha ispirato decine e decine di iniziative, di gruppi culturali, artistici, che sono stati conquistati da questo modo di guardare al mondo, persino in campo enogastronomico con importanti chef e esperti che si sono fatti guidare da questo magnete.

Ma, quello che è mancato finora è chi, a livello politico raccogliesse la forza di questa elaborazione intellettuale per tradurla in una serie di proposte politiche concrete.

Franco ci ha provato, anche con il suo impegno politico in prima persona, ma è stato fagocitato da un partito, il Pd, che ha perso la bussola e non la cerca più.

Il fatto che il “pensiero meridiano” sia ancora attuale e entusiasmi le nuove generazioni mi fa ben sperare che il seme gettato da Franco Cassano farà germogliare altre piante ricche di frutti.

Grazie Franco per la tua umanità, la forza delle tue idee, e per la fortuna che ho avuto di godere della tua amicizia.

da “il Manifesto” del 25 febbraio 2021




Nessun commento:

Posta un commento