14 febbraio 2022

ARIANNA BONINO, Svantaggi del collezionare libri

 



Gli svantaggi del collezionare libri sono molteplici.

Unire questa insana abitudine con la totale assenza di uno straccio di criterio con cui riporli nelle librerie sancisce condanne definitive e inappellabili.

L’unica via d’uscita alla quale affidarsi sembra essere il caso.

Tutto ciò per dire che solo un paio di giorni fa si è ripetuto un fatto che si ripresenta “puntualmente” ogni volta che metto mano alla libreria nella speranza di rintracciare un titolo ben preciso che beffardamente si nega.

Mi inerpicavo quindi tra gli scaffali alla ricerca di un titolo -ormai dimenticato-, quand’ecco che, per via delle imprescindibili leggi della fisica, in particolare di quella cosiddetta del moto rettilineo uniformemente accelerato, mi piomba in testa un volumone illustrato con copertina rigida (molto rigida, assicuro).

Intanto, ci tengo a confermare che Galileo aveva ragione: un corpo che cade si muove di moto rettilineo uniformemente accelerato. Decisamente accelerato.

Aggiungo anche che, impattando sulla scatola cranica (mia), capita che il corpo in caduta libera subisca una deviazione e che precipiti aprendosi casualmente a una pagina specifica, per cui, capovolgendolo, capiterà che le mie imprecazioni vengano repentinamente sostituite da espressioni di stupore e meraviglia e anche di piacere, aggiungo.

Questo accade perché la pagina in questione riporta una delle mitiche trovate dello stravagante e imperturbabile Major Grubert, uscito nel 1979 dalla prodigiosa penna (matita, meglio dire) di Moebius, grandissimo disegnatore dal tocco visionario e immaginifico di gusto impareggiabile.

Major Grubert è quello seduto dietro nella navicella: elegante, snello, di gran gusto nel vestire, protagonista accattivante di eclettiche avventure nella serie “Garage hermétique”, che già dal nome mantiene quel che promette: stramberie, in una serie senza capo né coda di avventure paradossali, come “Memorie del futuro”, “Starwatchers” e altro ancora.

Major Grubert è bizzarro e di gran classe nello stesso tempo: non si separa mai dal suo casco dalla foggia di pickelhaube prussiano, il che non sarebbe neppure troppo strano se poi il nostro non dovesse di volta in volta avere a che fare con robot, umanoidi, creature ibride. Gli fanno da sfondo scenari di magnetica bellezza costellati di torri medievali, piramidi egizie e basi spaziali.

Tutto sommato, un “paesaggio” che sembra quello nostro: guardo il mio tavolo da lavoro e ci trovo computer, iPhone, chiavette, un oggettino prodotto da una stampante 3d, ma anche carta, penna, un paio di libri di seconda mano, un abbonamento del treno (scaduto) e l’immancabile tazza di millenario tè nero…

E, come se non bastasse, nel tablet c’è un altro mondo ancora, fatto di app, di funzioni, di memorie, di connessioni, di accessi, di algoritmi che –imperscrutabili- scrutano.

Tutte cose che “uso” e che intanto ignoro nei loro meccanismi.

Forse un po’ mi usano anche loro: artificiose presenze, artificiali intelligenze.

Ora, c’è però una cosa: il nostro Major Grubert rispetto a noi ha un grosso, decisivo vantaggio: esiste, sì, ma solo nel suo mondo. E poi aveva uno che decideva tutto per lui.

Pensieri che si aggrovigliano in un labirinto inestricabile.

E si sa come va con queste cose: a non fermarsi un attimo si rischia di rimanere indietro per sempre.

Guardo questo mio tavolo pieno di cose strambe… i trucioli della matita sono nel cestino insieme alle bustine del tè, questo tè che mi ricorda sempre Perec, quando diceva:

" Ciò che dobbiamo interrogare sono i mattoni, il cemento, il vetro, le nostre maniere a tavola, i nostri utensili, i nostri strumenti, il modo in cui trascorriamo il nostro tempo, i nostri ritmi. Interrogare ciò che sembra aver cessato per sempre di stupirci. Viviamo, vero, respiriamo, vero, camminiamo, apriamo porte, scendiamo scale, ci sediamo a un tavolo per mangiare, ci sdraiamo su un letto per dormire. Come? Dove? Quando? Perché?… Fai un inventario delle tue tasche, della tua borsa. Chiediti la provenienza, l’uso, cosa ne sarà di ciascuno degli oggetti che tiri fuori. Chiedilo ai tuoi cucchiaini da tè. Cosa c’è sotto la tua carta da parati?…Poco importa che queste domande siano frammentarie… A me importa molto che sembrino banali e futili: è proprio questo che le rende tanto essenziali, se non di più, di tutte le altre domande con cui abbiamo cercato invano di aggrapparci alla nostra verità. 

E mentre penso a Major Grubert e ai suoi deserti spaziali, cerco di mettere in ordine questo tavolo, pieno di carte, trucioli e algoritmi. Ce n’è dappertutto, a quanto pare. Basta guardare dentro le cose. Ce n’è uno anche lì, in quella bustina di tè.

Arianna Bonino



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