06 febbraio 2022

UN SOGNO DI BAUDELAIRE

 


da A. Hitchcock, Spellbound (Io ti salverò), 1945

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Da R. Calasso, La Folie Baudelaire, Milano, Adelphi, 2011, p. 164.Ora invece Baudelaire si assumeva il compito di raccontare a Asselineau un sogno proprio, «ancora caldo». Così lo definiva: frammento di «un linguaggio quasi geroglifico di cui non ho la chiave». Una successione di «confuse parole», come quelle che promanano dal tempio della natura in Correspondances. Il sognatore ne è circondato, osserva i loro «sguardi familiari». Riconosce che sono geroglifici, quindi immagini cariche di significati. Sa di non averne la chiave. Può solo contemplarle, a lungo; può solo presentarle in successione, quindi narrarle, come in quel momento Baudelaire prova a fare con Asselineau. Tale è la condizione cronica della sua vita, immersa nella «oscurità naturale delle cose». Come la vita di tutti, anche di coloro che non sanno di vivere in mezzo a geroglifici. Ancora una volta, la differenza decisiva è solo nella coscienza, come fra il puro male e la «coscienza nel Male». L’atto di raccontare è la prima – forse anche l’ultima – forma della coscienza.

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[Mots-clés è una rubrica mensile a cura di Ornella Tajani. Ogni prima domenica del mese, Nazione Indiana pubblicherà un collage di un brano musicale + una fotografia o video (estratto di film, ecc.) + un breve testo in versi o in prosa, accomunati da una parola o da un’espressione chiave.
La rubrica è aperta ai contributi dei lettori di NI; coloro che volessero inviare proposte possono farlo scrivendo a: tajani@nazioneindiana.com. Tutti i materiali devono essere editi; non si accettano materiali inediti né opera dell’autore o dell’autrice proponenti.]

Pezzo ripreso da https://www.nazioneindiana.com/2022/02/06/mots-cles-22/


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