Con "L'insulto" Ziad Doueiri dirige un’opera rigorosa sulla difficile convivenza di culture diverse nel suo paese
È un film politico a 360° “L’insulto”, premiato a Venezia con la Coppa Volpi
per la Miglior interpretazione maschile a Kamel El Basha, attore
palestinese con un background teatrale. Non è la prima volta che il
giovane regista Ziad Doueiri racconta il conflitto tra religioni
prendendo le mosse da piccole storie. L’ha fatto nella sua opera prima
“West Beyrouth”, e in “The Attack” del 2013 bandito dal Libano per avere
nel cast degli attori israeliani. Anche in questo caso la scelta degli
interpreti non è affatto casuale, poiché Toni/Abdel Karam è un cristiano
e il suo contendente Yasser/Kamel El Basha è palestinese. Eppure
entrambi sono profughi in casa loro per ragioni diverse. Con queste
premesse il regista riesce a colpire sin dall’inizio il cuore dello
spettatore.
La piccola disputa, nata dalla banale
acqua caduta dal balcone, è la miccia di una bomba a orologeria che
esplode letteralmente con una frase detta da Toni: Ariel Sharon avrebbe
dovuto uccidervi tutti.
L’insulto: quando le parole feriscono più di una coltellata
Il film di Doueiri è in continuo crescendo anche grazie allo stato di grazia dei due interpreti principali
in sintonia perfetta. Il passaggio all’aula di tribunale è all’insegna
di continui colpi di scena, a cominciare dalla scoperta che i due
avvocati delle controparti sono padre e figlia.
“L’insulto” ha qualcosa del western
nel contrapporre due parti che non sono poi così lontane. Anche gli
stessi Toni e Yasser nascondono dei terribili segreti che verranno alla
luce in un finale perfetto. Quello che colpisce è che nessuno in questo
dramma vince. Sono tutti perdenti e stranieri nel loro paese.
È iconica in tal senso la frase “Nessuno
detiene il monopolio della sofferenza”, dall’avvocato di Yasser, la
giovane Camille (Wajdi Wehble), che concentra in poche parole il plot.
La regia perfetta è coadiuvata da un’ottima sceneggiatura
firmata da Joelle Touma, già collaboratrice nonchè ex moglie del
regista. Da citare, anche la riuscita contestualizzazione storica degli
eventi, non ultimo il massacro di Damur fatto dai palestinesi nel gennaio del 1976
ai danni della popolazione cristiano/maronita. È questo il segreto
nascosto di Toni, che tuttavia riuscirà a riconciliarsi con Yasser in un
finale quanto mai toccante.
"L'insulto" è il candidato libanese alla
nomination agli Oscar 2018 nella categoria Miglior Film Straniero e mai
premio sarebbe così meritato per la lucidità e l’ecumenicità della
narrazione.
Ivana Faranda
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