Il pittore delle ombre e la santa
della Luce. Una luce perduta dagli occhi strappati, una luce che si sfalda, si
sgretola, nell'opera che Michelangelo Merisi realizzò per la cattedrale
siracusana nel 1608. Il lavoro di sfaldamento della superficie pittorica
operato dal tempo aggiunge in qualche modo ancora più fascino a questa grande
tela siciliana, composta su una canapa grossa con pigmenti di terre ricavate dalle
arenarie locali. Le cave di Acradina, le Latomie, l'inquietante "Orecchio
di Dioniso", le antiche tombe a camera, le catacombe cristiane, la cava
del Salnitro sembrano evocare l'avello infernale, scenografia incombente sui
personaggi con il peso di un vuoto spoglio e annerito dal fumo. I personaggi
animano la scena come in una sacra rappresentazione: il vescovo, sei passanti,
un armigero in armatura luccicante, i due fossores in primo piano, una vecchia
inginocchiata, ammantata di nero come è costume delle donne di Sicilia, e
Lucia, piccola figurina dalla testa spiccata dal collo pietosamente riunita al
corpo con un collare di sangue. I gesti parlano i diversi linguaggi del dolore,
come quelle mani nodose portate dalla vecchia alla guancia, un'attitudine che
la storia dell'arte ha già conosciuto con il gesto di pietas dolorosa di San
Giovanni nella scena del Compianto dipinta da Giotto per gli Scrovegni di
Padova, come le dita intrecciate del diacono, già incontrate nella figura di
Cristo nella caravaggesca Presa nell'orto. Lampi di rosso al centro,nel
mantello del diacono, con l'effetto drammatico tipico dell'artista e un uso
simbolico espressivo del colore che richiama il sangue innocente versato. Mani
e volti che parlano, sguardi che esplorano il buio, che fuggono la mattanza.
L'agiografia si fa racconto del quotidiano nel dramma di chi, spettatore
impotente, vivrà portandosi quell'immagine dentro indelebilmente impressa.
Raffaella Terribile, docente liceo artistico p. selvatico Padova.
Raffaella Terribile, docente liceo artistico p. selvatico Padova.
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