In occasione della Giornata
mondiale della poesia, pubblichiamo i versi di due autori che, per vie diverse, hanno saputo dare voce
ai migranti del mondo. I primi sono
tratti dal libro di Benjamin Fondane, Le mal des fantômes, Éditions Verdier,
Lagrasse 2006. Per farsi una prima idea dell’opera del poeta e filosofo rumeno,
morto ad Auschwitz nel 1944, si
consiglia la lettura dell’articolo di Alice
Gonzi: «Benjamin Fondane, la poesia e il grido». Dialegesthai.
Rivista telematica di filosofia [in linea], anno 9 (2007) [inserito il
30 dicembre 2007], disponibile su World Wide Web:
<http://mondodomani.org/dialegesthai/>, [38 KB], ISSN
1128-5478.
Emigranti, diamanti della terra, sale selvaggio
io sono della vostra razza,
io porto come voi la mia vita nella mia valigia
io mangio come voi il pane della mia angoscia
io non domando più quale sia il senso del mondo
io batto il mio pugno duro sul tavolo del mondo
io sono di quelli che non hanno niente
che vogliono tutto
-- io non potrei mai rassegnarmi.
io sono della vostra razza,
io porto come voi la mia vita nella mia valigia
io mangio come voi il pane della mia angoscia
io non domando più quale sia il senso del mondo
io batto il mio pugno duro sul tavolo del mondo
io sono di quelli che non hanno niente
che vogliono tutto
-- io non potrei mai rassegnarmi.
Benjamin Fondane
Prima delle elezioni
tutti distribuiscono miele di parole
faremo questo faremo quello
poi salgono al potere
si fanno i miliardi
ma il popolo resta schiavo
e
noi siamo venduti alla Germania [25, 27-33]
La
Sicilia dicono
è
una conca d’oro
l’isola
d’oro
ma
per le tasche di quelli che governano
ladri
senza vergogna
e
noi non siamo che dei poveri disgraziati
senza
cielo e senza terra
mandati
allo sbaraglio in altri mondi
pieni
di vento di neve di freddo [25, 79-87]
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