Non la voglio fare lunga: io sto con il popolo che
in modo non violento sta cercando di fare sentire la propria voce contro un
progetto che rischia di devastare una delle valli più belle d’Italia.
P.S. : di seguito potete leggere l' Appello per il dialogo (primo firmatario Don Luigi Ciotti) reso pubblico qualche ora fa :
IN VAL SUSA UN DIALOGO È POSSIBILE E NECESSARIO
Dopo mesi in cui la politica ha omesso il confronto e il dialogo necessari con la popolazione della valle, la situazione di tensione in Val Susa ha raggiunto il livello di guardia, con una contrapposizione che sta provocando danni incalcolabili nel fisico delle persone, nella coesione sociale, nella fiducia verso le istituzioni, nella vita e nella economia dell’intera valle. Ad esserne coinvolti sono, in diversa misura, tutti coloro che stanno sul territorio: manifestanti e attivisti, forze dell’ordine, popolazione. I problemi posti dal progetto di costruzione della linea ferroviaria ad alta capacità Torino-Lione non si risolvono con lanci di pietre e con comportamenti violenti. Da queste forme di violenza occorre prendere le distanze senza ambiguità. Ma non ci si può fermare qui. Non basta deprecare la violenza se non si fa nulla per evitarla o, addirittura, si eccitano gli animi con comportamenti irresponsabili (come gli insulti rivolti a chi compie gesti dimostrativi non violenti) o riducendo la protesta della valle – di tante donne e tanti uomini, giovani e vecchi del tutto estranei ad ogni forma di violenza – a questione di ordine pubblico da delegare alle forze dell’ordine.
La contrapposizione e il conflitto possono essere superati solo da una politica intelligente, lungimirante e coraggiosa. La costruzione della linea ferroviaria (e delle opere ad essa funzionali) è una questione non solo locale e riguarda il nostro modello di sviluppo e la partecipazione democratica ai processi decisionali. Per questo è necessario riaprire quel dialogo che gli amministratori locali continuano vanamente a chiedere. Oggi è ancora possibile. Domani forse no.
Per questo rivolgiamo un invito pressante alla politica e alle autorità di governo ad avere responsabilità e coraggio. Si cominci col ricevere gli amministratori locali e con l’ascoltare le loro ragioni senza riserve mentali. Il dialogo non può essere semplice apparenza e non può trincerarsi dietro decisioni indiscutibili ché, altrimenti, non è dialogo. La decisione di costruire la linea ad alta capacità è stata presa oltre vent’anni fa. In questo periodo tutto è cambiato: sul piano delle conoscenze dei danni ambientali, nella situazione economica, nelle politche dei trasporti, nelle prospettive dello sviluppo. I lavori per il tunnel preparatorio non sono ancora iniziati, come dice la stessa società costruttrice. E non è vero che a livello sovranazionale è già tutto deciso e che l’opera è ormai inevitabile. L’Unione europea ha riaperto la questione dei fondi, dei progetti e delle priorità rispetto alle Reti transeuropee ed è impegnata in un processo legislativo che finirà solo fra un anno e mezzo. Lo stesso Accordo intergovernativo fra la Francia e l’Italia sarà ratificato solo quando sarà conosciuto l’intervento finanziario della Ue, quindi fra parecchi mesi. E anche i lavori sulla tratta francese non sono iniziati né prossimi. Dunque aprire un tavolo di confronto reale su opportunità, praticabilità e costi dell’opera e sulle eventuali alternative non provocherebbe alcun ritardo né alcuna marcia indietro pregiudiziale. Sarebbe, al contrario, un atto di responsabilità e di intelligenza politica. Un tavolo pubblico, con la partecipazione di esperti nazionali e internazionali, da convocare nello spazio di un mese, è nell’interesse di tutti. Perché tutti abbiamo bisogno di capire per decidere di conseguenza, confermando o modificando la scelta effettuata in condizioni del tutto diverse da quelle attuali..
Un governo di “tecnici” non può avere paura dello studio, dell’approfondimento, della scienza. Numerose scelte precedenti sono state accantonate (da quelle relative al ponte sullo Stretto a quelle concernenti la candidatura per le Olimpiadi). Noi oggi chiediamo molto meno. Chiediamo di approfondire i problemi ascoltando i molti “tecnici” che da tempo stanno studiando il problema,, di non deludere tanta parte del paese, di dimostrare con i fatti che l’interesse pubblico viene prima di quello dei poteri forti. Lo chiediamo con forza e con urgenza, prima che la situazione precipiti ulteriormente.
2 marzo 2012
primi firmatari:
1) don Luigi Ciotti (presidente Gruppo Abele e Libera)
2) Livio Pepino (giurista, già componente Consiglio superiore magistratura)
3) Michele Curto (capogruppo Sinistra, ecologia e libertà, Comune Torino)
4) Ugo Mattei (professore diritto civile, Università Torino)
5) Marco Revelli (professore Scienza Amministrazione, Università del Piemonte orientale)
6) Giorgio Airaudo (responsabile nazionale auto Fiom)
7) Niki Vendola (presidente Regione Puglia)
Monica Frassoni (presidente Verdi europei)
9) Michele Emiliano (sindaco di Bari)
10) Luigi De Magistris (sindaco di Napoli)
11) Tommaso Sodano (vicesindaco di Napoli)
12) Paolo Beni (presidente nazionale Arci)
13) Vittorio Cogliati Dezza (presidente nazionale di Legambiente)
14) Filippo Miraglia (Arci)
15) Gabriella Stramaccioni (direttrice di Libera)
16) don Armando Zappolin (presidente nazionale Cnca)
17) don Tonio dell’Olio (Libera international)
18) Giovanni Palombarini (giurista, già Procuratore aggiunto della Cassazione)
19) don Marcello Cozzi (Libera)
20) Sandro Mezzadra (professore Storia dell dottrine politiche, Università Bologna)
P.S. : di seguito potete leggere l' Appello per il dialogo (primo firmatario Don Luigi Ciotti) reso pubblico qualche ora fa :
IN VAL SUSA UN DIALOGO È POSSIBILE E NECESSARIO
Dopo mesi in cui la politica ha omesso il confronto e il dialogo necessari con la popolazione della valle, la situazione di tensione in Val Susa ha raggiunto il livello di guardia, con una contrapposizione che sta provocando danni incalcolabili nel fisico delle persone, nella coesione sociale, nella fiducia verso le istituzioni, nella vita e nella economia dell’intera valle. Ad esserne coinvolti sono, in diversa misura, tutti coloro che stanno sul territorio: manifestanti e attivisti, forze dell’ordine, popolazione. I problemi posti dal progetto di costruzione della linea ferroviaria ad alta capacità Torino-Lione non si risolvono con lanci di pietre e con comportamenti violenti. Da queste forme di violenza occorre prendere le distanze senza ambiguità. Ma non ci si può fermare qui. Non basta deprecare la violenza se non si fa nulla per evitarla o, addirittura, si eccitano gli animi con comportamenti irresponsabili (come gli insulti rivolti a chi compie gesti dimostrativi non violenti) o riducendo la protesta della valle – di tante donne e tanti uomini, giovani e vecchi del tutto estranei ad ogni forma di violenza – a questione di ordine pubblico da delegare alle forze dell’ordine.
La contrapposizione e il conflitto possono essere superati solo da una politica intelligente, lungimirante e coraggiosa. La costruzione della linea ferroviaria (e delle opere ad essa funzionali) è una questione non solo locale e riguarda il nostro modello di sviluppo e la partecipazione democratica ai processi decisionali. Per questo è necessario riaprire quel dialogo che gli amministratori locali continuano vanamente a chiedere. Oggi è ancora possibile. Domani forse no.
Per questo rivolgiamo un invito pressante alla politica e alle autorità di governo ad avere responsabilità e coraggio. Si cominci col ricevere gli amministratori locali e con l’ascoltare le loro ragioni senza riserve mentali. Il dialogo non può essere semplice apparenza e non può trincerarsi dietro decisioni indiscutibili ché, altrimenti, non è dialogo. La decisione di costruire la linea ad alta capacità è stata presa oltre vent’anni fa. In questo periodo tutto è cambiato: sul piano delle conoscenze dei danni ambientali, nella situazione economica, nelle politche dei trasporti, nelle prospettive dello sviluppo. I lavori per il tunnel preparatorio non sono ancora iniziati, come dice la stessa società costruttrice. E non è vero che a livello sovranazionale è già tutto deciso e che l’opera è ormai inevitabile. L’Unione europea ha riaperto la questione dei fondi, dei progetti e delle priorità rispetto alle Reti transeuropee ed è impegnata in un processo legislativo che finirà solo fra un anno e mezzo. Lo stesso Accordo intergovernativo fra la Francia e l’Italia sarà ratificato solo quando sarà conosciuto l’intervento finanziario della Ue, quindi fra parecchi mesi. E anche i lavori sulla tratta francese non sono iniziati né prossimi. Dunque aprire un tavolo di confronto reale su opportunità, praticabilità e costi dell’opera e sulle eventuali alternative non provocherebbe alcun ritardo né alcuna marcia indietro pregiudiziale. Sarebbe, al contrario, un atto di responsabilità e di intelligenza politica. Un tavolo pubblico, con la partecipazione di esperti nazionali e internazionali, da convocare nello spazio di un mese, è nell’interesse di tutti. Perché tutti abbiamo bisogno di capire per decidere di conseguenza, confermando o modificando la scelta effettuata in condizioni del tutto diverse da quelle attuali..
Un governo di “tecnici” non può avere paura dello studio, dell’approfondimento, della scienza. Numerose scelte precedenti sono state accantonate (da quelle relative al ponte sullo Stretto a quelle concernenti la candidatura per le Olimpiadi). Noi oggi chiediamo molto meno. Chiediamo di approfondire i problemi ascoltando i molti “tecnici” che da tempo stanno studiando il problema,, di non deludere tanta parte del paese, di dimostrare con i fatti che l’interesse pubblico viene prima di quello dei poteri forti. Lo chiediamo con forza e con urgenza, prima che la situazione precipiti ulteriormente.
2 marzo 2012
primi firmatari:
1) don Luigi Ciotti (presidente Gruppo Abele e Libera)
2) Livio Pepino (giurista, già componente Consiglio superiore magistratura)
3) Michele Curto (capogruppo Sinistra, ecologia e libertà, Comune Torino)
4) Ugo Mattei (professore diritto civile, Università Torino)
5) Marco Revelli (professore Scienza Amministrazione, Università del Piemonte orientale)
6) Giorgio Airaudo (responsabile nazionale auto Fiom)
7) Niki Vendola (presidente Regione Puglia)
Monica Frassoni (presidente Verdi europei)
9) Michele Emiliano (sindaco di Bari)
10) Luigi De Magistris (sindaco di Napoli)
11) Tommaso Sodano (vicesindaco di Napoli)
12) Paolo Beni (presidente nazionale Arci)
13) Vittorio Cogliati Dezza (presidente nazionale di Legambiente)
14) Filippo Miraglia (Arci)
15) Gabriella Stramaccioni (direttrice di Libera)
16) don Armando Zappolin (presidente nazionale Cnca)
17) don Tonio dell’Olio (Libera international)
18) Giovanni Palombarini (giurista, già Procuratore aggiunto della Cassazione)
19) don Marcello Cozzi (Libera)
20) Sandro Mezzadra (professore Storia dell dottrine politiche, Università Bologna)
Documento pubblicato oggi da http://www.democraziakmzero.org/
Mi associo
RispondiEliminaDa MARIACHIARA GIACOSA ricevo questo commento:
RispondiEliminaTAv sì, Tav no. I pro e i contro della ferrovia più contestata d'Italia sono
al centro della discussione da decenni. Con il passare del tempo le due parti,
invece, di avvicinarsi, si sono allontanate. Il premier Monti ha spiegato ieri
perchè l'opera va fatta, qui proviamo a riassumere alcune delle ragioni opposte
dei No Tav.
Salute. La montagna in cui si dovrà scavare la galleria contiene amianto e
uranio e non ci sono garanzie sulle tecniche di sicurezza. Fanno paura anche
polveri e inquinamento provocati da mezzi nei cantieri: previsioni di aumento
del 10 per cento di malattie cardiache e polmonari soprattutto tra anziani e
bambini
L'economia. Nessuno va in vacanza in un cantiere, tanto meno se è presidiato
da militari e forze dell'ordine. I lavori finiranno per distruggere l'industria
turistica, perché devasteranno il paesaggio e la ricchezza del territorio, come
è già successo alla cava del Moncenisio, in alta Valsusa.
L'occupazione. Le occasioni di lavoro create dal cantiere saranno offerte a
ditte che arrivano da fuori. In compenso i disagi provocati dai cantieri
faranno perdere posti di lavoro ai valligiani che oggi vivono di turismo e di
montagna. Già le opere preliminari hanno messo a rischio la viticoltura
d'origine controllata nella valle della Clarea.
L'ambiente. La ferrovia devasterà il territorio e distruggerà le falde: intere
zone, com'è già accaduto nel Mugello, resteranno senz'acqua. Il terreno è in
molti punti franoso: a ogni pioggia già oggi si sbriciolano i costoni., Lo
scavo peggiorerà la situazione
I servizi. Arrivare a Lione in un'ora e 40 minuti non serve a nessuno, (ma che
ci vai a fare a Lione).Già ora i treni viaggiano vuoti e la domanda di traffico
è in calo. La Tav distrugge il trasporto pubblico e sottrae soldi ai treni per
i pendolari,ma senza migliorare la qualità del viaggio di chi usa il treno.
I soldi. La Torino-Lione costerà 23 miliardi a cui si devono sommare tutti i
soldi, 90 mila euro al giorno, per pagare la sicurezza del cantiere di
Chiomonte. E non è assolutamente detto che l'Europa sia pronta a finanziare il
40 per cento dell'opera.
La corruzione. Le grandi opere servono soltanto ad arricchire i padroni e i
mafiosi. E' stato così per moltissimi appalti in questa regione. Sulla montagna
in Valsusa è scritto a caratteri cubitali "No Tav, no mafie" perché le grandi
opere rubano soldi pubblici e li danno alle grandi imprese che controllano gli
appalti.
Gli impegni. In questi anni non c'è stato alcun dialogo con gli enti locali.
Le decisioni sono state imposte e i sindaci non hanno potuto vedere i progetti,
nè avere un confronto serio sul piano tecnico o su quello politico.
Da Riccardo Farci ricevo un documento che mi sembra utile far circolare:
RispondiEliminaSIAMO STATI IN VAL DI SUSA ED ABBIAMO CAPITO
Siamo stati in Val di Susa ospiti degli abitanti della valle: insegnanti, agricoltori, pensionati, studenti e abbiamo visto:
Un luogo attraversato da due strade statali, un'autostrada, un traforo, una ferrovia, impianti da sci, pesanti attività estrattive lungo il fiume
Persone che continuano a curare questo territorio già affaticato da infrastrutture ed attività commerciali e cercano di recuperare un rapporto equilibrato con l’ambiente e la propria storia.
Una comunità che crede nella convivialità e nella coesione sociale e coltiva forti rapporti intergenerazionali.
Abbiamo capito che in Val di Susa non è in gioco la realizzazione della ferrovia Torino-Lione, bensì un intero modello sociale. Un popolo unito e coeso, una comunità forte non può essere assoggettata a nessun interesse nè politico, nè economico. E’ interesse di tutti i poteri forti dividere, isolare, smembrare per poter meglio controllare e favorire interessi particolari.
Abbiamo capito perché tutto l’arco costituzionale vuole la TAV, non è dificile, basta guardare alle imprese coinvolte:
Cmc (Cooperativa Muratori e Cementist) cooperativa rossa, quinta impresa di costruzioni italiana, al 96esimo posto nella classifica dei principali 225 «contractor» internazionali che vanta un ex-amministratore illustre, Pier Luigi Bersani, si è aggiudicata l’incarico (affidato senza gara) di guidare un consorzio di imprese (Strabag AG, Cogeis SpA, Bentini SpA e Geotecna SpA) per la realizzazione del cunicolo esplorativo a Maddalena di Chiomonte. Valore dell’appalto 96 milioni di Euro.
Rocksoil s.p.a società di geoingegneria fondata e guidata da Giuseppe Lunardi il quale ha ceduto le sue azioni ai suoi familiari nel momento di assumere l’incarico di ministro delle Infrastrutture e dei trasporti del governo Berlusconi dal 2001 al 2006. Nel 2002, la Rocksoil ha ricevuto un incarico di consulenza dalla società francese Eiffage, che a sua volta era stata incaricata da Rete Ferroviaria Italiana (di proprietà dello stato) di progettare il tunnel di 54 Km della Torino-Lione che da solo assorbirà 13 miliardi di Euro. Il ministro si è difeso dall’accusa di conflitto di interessi dicendo che la sua società lavorava solo all’estero.
Impregilo è la principale impresa di costruzioni italiana. È il general contractor del progetto Torino-Lione e del ponte sullo stretto di Messina. Appartiene a:
33% Argofin: Gruppo Gavio. Marcello Gavio è stato latitante negli anni 92-93 in quanto ricercato per reati di corruzione legati alla costruzione dell’Autostrada Milano-Genova. Prosciolto successivamente per prescrizione del reato.
33% Autostrade: Gruppo Benetton. Uno dei principali gruppi imprenditoriali italiani noto all’estero per lo sfruttamento dei lavoratori delle sue fabbriche di tessile in Asia e per aver sottratto quasi un milione di ettari di terra alle comunità Mapuche in Argentina e Cile
33% Immobiliare Lombarda: Gruppo Ligresti. Salvatore Ligresti è stato condannato nell’ambito dell’inchiesta di Tangentopoli pattuendo una condanna a 4 anni e due mesi dopo la quale è tornato tranquillamente alla sua attività di costruttore.
Abbiamo capito che l’unico argomento rimasto in mano ai politico-imprenditori ed ai loro mezzi di comunicazione per giustificare un inutile progetto da 20 miliardi di euro mentre contemporaneamente si taglia su tutta la spesa sociale è la diffamazione. Far passare gli abitanti della Val di Susa come violenti terroristi. Mentre noi abbiamo visto nonni che preparavano le torte, appassionati insegnanti al lavoro, agricoltori responsabili, amministratori incorruttibili.
Abbiamo capito che questo è l’unico argomento possibile perchè ormai numerosi ed autorevoli studi, di cui nessuno parla, hanno già dimostrato quanto la TAV sia economicamente inutile e gravemente dannosa.