Per festeggiare gli
ottantasei anni compiuti oggi da Dario Fo, pubblichiamo una parte
delle dichiarazioni che il Maestro ha rilasciato all’ANSA:
Un compleanno è sempre comunque anche un momento di bilanci e Fo però tende a farli più collettivi che personali: "Alla manifestazione per la Costituzione ho detto: mi pare si stia reimparando a reagire, che ce ne è tanto bisogno. Mi ricordo la vivacità, l'insofferenza, la voglia di lottare degli anni '70 e ora mi guardo indietro e mi accorgo di quanta stanchezza e delusioni sono stati fatti gli anni a seguire. Il problema e' che la sinistra non ha preso in mano la situazione quando c'é stata la crisi della prima repubblica e poi è sceso in campo Berlusconi. Bisognava affrontarlo seriamente subito, senza permettergli di crescere. Basti pensare alla vergogna del conflitto di interesse, non risolto, è orrendo a dirsi, perché evidentemente c'era interesse anche dell'altra parte che certi spazi di manovra restassero aperti". Quanto a se stesso, dice che a farlo andare avanti è sempre la sua indomabile curiosità, il bisogno di impegnarsi davanti a certe cose, che a 85 anni lo costringono ancora a andare in giro, intervenire, fare dichiarazioni continuamente: "Tempo fa sono andato a visitare il museo di Storia Naturale, di cui avevo bei ricordi da bambino: è stato tristissimo, un'aria di abbandono, la gente che vi lavora senza stipendio, nulla di nuovo da tempo inverosimile. Allora ho deciso di fare uno spettacolo proprio lì, tra bestie impagliate e scheletri di dinosauro, per far capire ai giovani che valore potesse avere la conoscenza, il significato della scienza e del partecipare alle sue scoperte in un misto di ragione e fantasia".
Quanto ai suoi testi, che stanno conoscendo una nuova stagione, grazie a tanti interpreti, ultimo dei quali Paolo Rossi alle prese col "Mistero buffo", Fo sottolinea: "Quel che mi interessa davvero è che riescano a rinnovarli, che questi servano da occasione per nuovi collegamenti con la realtà d'oggi". E' la dimostrazione che quei lavori, che parevano così legati alla sua figura, alle sue interpretazioni e improvvisazioni, avevano un loro valore come testi in sé, che il premio Nobel per la letteratura nel 1997 ha ratificato. "Del resto - commenta lui - era solo in Italia che dicevano li può fare solo Fo, per la solita melina di mettere dei paletti e non farli andare troppo in giro, ché in tanti altri paesi c'erano attori che li riprendevano abitualmente". Quanto all'aver riletto Boccaccio, dice che ha verificato di persona quanto teatro, dal quattrocento in poi, per secoli, debba tantissimo all'autore del Decameron, quanti autori abbiano "imparato molto dal suo modo distaccato, ironico, disincantato e provocatorio di raccontare. Persino un grande come Shakespeare ha rubato molto per il suo 'Cimbelino', storia su cui ho lavorato ora anch'io, ma proponendo un finale diverso da quello di pacificazione tra marito e moglie, dopo lotte, screzi e persino un tentativo di farla ammazzare per gelosia. Già George Bernard Show aveva lavorato in questa direzione, ma senza arrivare a scrivere un vero e proprio testo. La mia scelta viene dagli originali fabuleux medievali, e le loro riscritture sino a Boccaccio, che appunto avevano un finale non lieto".
Nessun commento:
Posta un commento