Istituto Gramsci di Palermo, 14 dicembre 2007. Presentazione della ristampa del capolavoro di Vilardo.
Da sinistra a destra: Francesco Virga, Sergio Pattavina, Salvatore Nicosia, Aldo Gerbino, Enzo Guarrasi.
Un maestro di
letteratura, di coerenza morale ed umana compie in questi giorni novanta anni,
un traguardo a cui arriva con spirito e corpo forti e vivaci. Stefano Vilardo è nato
a Delia (CL) il 22 marzo 1922. Con Tutti
dicono Germania Germania. Poesie dell’emigrazione, pubblicato da Garzanti
nel 1975, è diventato famoso in tutto il mondo. Non si parlerà mai abbastanza
di questo libro la cui importanza venne immediatamente colta da Leonardo
Sciascia. Ma Vilardo, oltre a questo libro, ha scritto tant’altro su cui
avremo modo di tornare. Peraltro non ha
smesso di scrivere. Ed il suo nuovo editore, Sellerio, ha preannunciato la
prossima pubblicazione di un interessante documento che ricostruisce la storia della sua profonda
amicizia con lo scrittore di Racalmuto.
Oggi, insieme a un pezzo del suo
capolavoro, ci piace riproporre altri suoi antichi versi,
tratti da Il frutto più vero, che l’amico del cuore pubblicò nei Quaderni di Galleria nel 1960. In questi ultimi versi la Sicilia che non c’è più ha trovato una delle sue migliori rappresentazioni.
Francesco Virga
tratti da Il frutto più vero, che l’amico del cuore pubblicò nei Quaderni di Galleria nel 1960. In questi ultimi versi la Sicilia che non c’è più ha trovato una delle sue migliori rappresentazioni.
Francesco Virga
Da Il frutto più vero (1960)
Ancora il fumo dei
camini
Ancora il fumo dei
camini,
violento di
stoppie e di umida
legna, sporca il
cielo
che la sera
illimpidisce e tende.
Le case si
accendono.
Le piazze si
aprono al gioco dei fanciulli
e il buio dei
cortili
addensa l’agguato
infido.
Si spegne per le
vie di fango,
la voce stridula
del venditore di
cicoria.
Ora gli uomini
vanno nelle bettole
a dimenticare la
mala sorte
i figli scalzi le
mogli gravide
che l’albumina
divora.
E gridano
bestemmie,
antiche bestemmie
di rivolta.
E sputano sordo
rancore,
sui pavimenti di
creta rossa
sporchi di scorze
di semi.
I MIETITORI
Sulla collina
bruciata, il paese.
La merlatura delle
case di gesso
finge mura
turrite,
rotte, ad un
tratto, dalla strada
tagliata a rombi
da luce violenta.
I cani leccano
l’ombra.
Ma, appena fuori,
i campi
nell’onda gialla
delle messi
e giallo negli
occhi,
la voce secca in
gola.
Così da noi, i
mietitori
si vendono la
sera,
nella piazza
incolore,
a gran voce.
Vengono da lontani
paesi.
Dormono sui
marciapiedi
come animali
abbattuti,
l’uno a fianco
dell’altro,
avvolti in vecchi
pastrani militari,
per cuscino le
braccia doloranti.
A volte delirano
nel sonno.
Da Tutti
dicono Germania Germania (1975)
Sono
partito per la Germania
il due ottobre del millenovecentosessantuno
ché qui non potevo più campare
io e la famiglia con quattro bambini
Sono partito da clandestino
e non ho passato le montagne a piedi come tanti altri
ma d'intrallazzo con le macchine
Cento mila lire tutto mi è costato
denari prestati al venti per cento
ma Dio mi ha aiutato
e ora alla posta ho qualche milione
Sebbene in Germania il denaro si guadagna
uno è sempre disperato
ché non si può sopportare
stare lontani dalla famiglia dalla moglie dai figli
soli sempre soli
La prima città dove arrivai fu Sabrik
e trovai subito lavoro
ché allora c'era il blocco di Berlino
e tutti gli italiani scofIavano
e lavoro ce n'era abbastanza
Lavorai in una ditta per diciotto mesi
facevamo strade ponti canali
Lavorai anche in altre ditte
una vita disperata
Ora a Manaim lavoro in una fabbrica di chimica
dove la passerei tanto bene
se non fosse per i colori che mi fanno male alI.o stomaco
Lavoro di notte e fa freddo j
ché la temperatura non è la nostra
e anche questo è male ;
Questo io vorrei
che ci dessero lavoro in Italia
ché siamo stufi della Germania
e di tutti i paesi del mondo
Dormo nelle case della fabbrica
e pago trenta marchi al mese
Otto persone in una stanza
non si può vivere così
ché tanti fiati ad una persona fanno male
ognuno di noi ci abbiamo un fiato diverso
fa infezione
Prima abitavo in una baracca
dove la polvere si mangiava le persone
Oggi mi trovo meglio
Certo non è che ci abbiamo la donna
come qui in Italia
e a tutto dobbiamo pensare noi
fare la spesa farci da mangiare lavarci la biancheria
il cervello si sfrutta
non si può più vivere così
Faccio dodici ore di lavoro
un'ora per mangiare
undici ore nette di lavoro
e guadagno centoquarantamila lire al mese
alla famiglia mando centodiecimila lire
e con il resto tento di arrangiarmi
E' da cinque anni che non vedo Pasqua
ché lavorando dodici ore al giorno
Pasqua e Natale sono come tutti gli altri giorni
Da cinque anni che non vedo la Scinnenza
né quella bella festa dell'incontro del Salvatore con la Madonna
con la banda che suona un'allegria
Lì fanno festa in chiesa
Più festa fanno per Carnevale
Una festa speciale
Si vestono di elefanti di cammelli di tigri
una festa importante
io ci sono andato l'anno scorso
I tedeschi sono bravi
ma non sono uomini d'onore
non sanno tenere un segreto
Questo sono i tedeschi
spioni forti sono
Quando vedo una cosa io non parlo mai
dovessero ammazzarmi
Quelli invece non sono capaci cc
Non lo fanno apposta
forse sarà la temperatura
non so
perché tutti i tedeschi sono uguali
Non ho altro da dire io
il due ottobre del millenovecentosessantuno
ché qui non potevo più campare
io e la famiglia con quattro bambini
Sono partito da clandestino
e non ho passato le montagne a piedi come tanti altri
ma d'intrallazzo con le macchine
Cento mila lire tutto mi è costato
denari prestati al venti per cento
ma Dio mi ha aiutato
e ora alla posta ho qualche milione
Sebbene in Germania il denaro si guadagna
uno è sempre disperato
ché non si può sopportare
stare lontani dalla famiglia dalla moglie dai figli
soli sempre soli
La prima città dove arrivai fu Sabrik
e trovai subito lavoro
ché allora c'era il blocco di Berlino
e tutti gli italiani scofIavano
e lavoro ce n'era abbastanza
Lavorai in una ditta per diciotto mesi
facevamo strade ponti canali
Lavorai anche in altre ditte
una vita disperata
Ora a Manaim lavoro in una fabbrica di chimica
dove la passerei tanto bene
se non fosse per i colori che mi fanno male alI.o stomaco
Lavoro di notte e fa freddo j
ché la temperatura non è la nostra
e anche questo è male ;
Questo io vorrei
che ci dessero lavoro in Italia
ché siamo stufi della Germania
e di tutti i paesi del mondo
Dormo nelle case della fabbrica
e pago trenta marchi al mese
Otto persone in una stanza
non si può vivere così
ché tanti fiati ad una persona fanno male
ognuno di noi ci abbiamo un fiato diverso
fa infezione
Prima abitavo in una baracca
dove la polvere si mangiava le persone
Oggi mi trovo meglio
Certo non è che ci abbiamo la donna
come qui in Italia
e a tutto dobbiamo pensare noi
fare la spesa farci da mangiare lavarci la biancheria
il cervello si sfrutta
non si può più vivere così
Faccio dodici ore di lavoro
un'ora per mangiare
undici ore nette di lavoro
e guadagno centoquarantamila lire al mese
alla famiglia mando centodiecimila lire
e con il resto tento di arrangiarmi
E' da cinque anni che non vedo Pasqua
ché lavorando dodici ore al giorno
Pasqua e Natale sono come tutti gli altri giorni
Da cinque anni che non vedo la Scinnenza
né quella bella festa dell'incontro del Salvatore con la Madonna
con la banda che suona un'allegria
Lì fanno festa in chiesa
Più festa fanno per Carnevale
Una festa speciale
Si vestono di elefanti di cammelli di tigri
una festa importante
io ci sono andato l'anno scorso
I tedeschi sono bravi
ma non sono uomini d'onore
non sanno tenere un segreto
Questo sono i tedeschi
spioni forti sono
Quando vedo una cosa io non parlo mai
dovessero ammazzarmi
Quelli invece non sono capaci cc
Non lo fanno apposta
forse sarà la temperatura
non so
perché tutti i tedeschi sono uguali
Non ho altro da dire io
Aspettiamo di leggere con ansia il nuovo libro di Vilardo intitolato A scuola con Leonardo. Ricordiamo, comunque, che più volte il maestro di Delia ha scritto e parlato dalla sua amicizia con Sciascia. Ricordiamo, per tutte, queste sue parole:
RispondiElimina"Era una piacevolissima, e per me vitale, consuetudine quegli incontri pomeridiani con Leonardo Sciascia, mio amico fin dalla prima adolescenza. E, nell’usare l’espressione verbale ‘vitale’, che potrebbe suonare eccessiva ad orecchie sottilmente educate, non esagero affatto, perché la mia sensibilità malata, i dubbi assillanti, le angosce improvvise, gli avvilimenti che ancora mi amano con immutato ardore - tenaci ragnatele che tanto deliziano la mia divertente esistenza- venivano lacerate e ignominiosamente disperse da quegli appuntamenti quotidiani. Lo scambio di pensieri, anche i più segreti, i suoi chiari, attenti giudizi sui fatti del giorno (come dimenticare la concitata, sgomenta, telefonata che avemmo subito dopo la notizia dell’assassinio del presidente Kennedy), sui libri appena letti, sui films già visti o da vedere, sulla mafia, su certi discutibili uomini politici… mi acquietavano, davano certezze, senso ai miei giorni."
Questi versi di Stefano Vilardo -m'hannu piaciutu assai- è siciliano..in tema con l'autore. La spontaneità (seppur ricreata come dice Sciascia..) mi ha colpita. La schiettezza del dire, un nudo svelarsi, senza censure ammorbidenti ..li ho trovati di una bellezza incredibile, e poi non sai che vuol dire ritrovare espressioni originarie, per me sicula, come 'di sacchetta mia' (di tasca mia) o quel ni (ci) che ricorre, 'ni' facevano , 'ni' davano.
RispondiEliminaE quel 'capitai', che sarebbe mi è capitato ..capitare, verbo che sta ad indicare un qualcosa che succede per caso, ecco, qui vien fuori il fatalismo della gente del sud.
Grazie per averli postati, […], li ho letti d'un fiato anche per il contenuto di una drammaticità non manifesta ..ch’eppure senti a pelle.
Hai ragione nel dire che anche questa è memoria, anche se di altro genere, è storia, comunque, da non dimenticare.
ottimi, buoni come il pane di casa, così il vilardo, che non conoscevo, ha messo in versi le lettere di un emigrante. è bravo, dove l'hai scovato? […] bene. la germania, tutti dicono germania germania. ricordo che una mia amica emigrata in germania con la famiglia mi raccontava che sua madre aveva affittato una stanza con il patto che doveva essere da sola, la madre però aveva un sacco di figli con sè e quando la padrona di casa veniva a controllare chi si nascondeva nell'armadio chi sotto il letto. mio cugino ci andò da ragazzo, poi tornò, in germania si ammalò e fu ricoverato in ospedale, lo venne a trovare la sua ragazza tedesca e gli portò dei crisantemi, non sono nacora morto disse lui e se la prese un po'. ma pare che in germania i crisantemi non sono i fiori dei morti come qui da noi. guarda questi versi li sento miei per educazione, stile, nascita e crescita. comunque la germania è meglio della merica zuela. grazie a te.