È tanto che
non ti scrivo. Non ho tue notizie. Ma sempre
spero che un
giorno tu possa tornare
nella città
che hai cantato.
Come stupide
navi si dissolvono gli anni.
Io recito al
Wolker. Sono serena. Il passato
lo tengo
lontano, sui margini, come un intruso.
C’è solo un
filo di ignobile malinconia,
che trapela
talvolta di sotto una porta,
ma io riesco a
tagliarlo, fingendomi ottusa
e decrepita
come una mummia di Strindberg.
La primavera
ha inondato di bionde forsythie
la piccola
casa in cui vivo, in cui studio le parti.
Com’è duro
parlarsi a distanza,
quando
l’armadio del cuore
vorrebbe
aprirsi in un fiotto di chiacchiere.
Eppure vedrai,
se verrai: dopo secoli
non avremo che
dirci, vi sarà solo un attònito,
goffo,
appallottolato, bruciante silenzio.
- Angelo Maria
Ripellino -
Da questa spenta
città minerale vi mando notizie e un fagottino di desideri.
L’uomo sprofonda nel fango, ma le oche si muovono
in fretta
con passo sicuro e arrogante sulla superficie.
Carezzare i miei libri la sera, guardare i quadri
di Klee,
perché non so ancora il finale di molte sue storie,
ripensare una sferica infanzia, un maneggio di
sogni,
cercare su un comodino deserto bugiarde conchiglie,
e udire la voce di Dio nei fili di pioggia, che
grondano
come gli urlanti capelli dei Beatles.
ANGELO MARIA RIPELLINO
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