09 luglio 2024

LEONARDO SCIASCIA RICORDA MIGUEL DE UNAMUNO

 


OMAGGIO A UNAMUNO

Unamuno e il generale

Leonardo Sciascia 

 

Rettore dell’Università di Salamanca, Unamuno si trovò nel 1936, allo scoppio della guerra civile, nel territorio occupato dai franchisti. A suo modo cattolico, a suo modo nazionalista, egli credette in un primo tempo di poter aderire alla Spagna di Franco. Ma si ricredette subito.

Precisamente il 12 ottobre del ’36 durante una cerimonia tenuta nell’aula magna dell’Università, presente donna Carmen Franco, ad un certo punto il generale franchista Millan Astray, invalido di guerra, gridò il motto della Falange: “Viva la morte!”. Fu la goccia che fece traboccare l’indignazione di Unamuno. Si alzò a parlare: “Sento un grido necrofilo ed insensato: Viva la morte! Ed io che ho passato la mia vita a creare paradossi che suscitavano la collera di coloro che non li capivano, io devo dirvi, come esperto in materia, che questo barbaro paradosso mi ripugna. Il generale Millan Astray è un invalido. Sia detto senza alcuna intenzione di sminuirlo. E’ un invalido di guerra. Anche Cervantes lo era. Ma oggi, purtroppo, in Spagna ci sono troppi invalidi. E presto ce ne saranno ancora di più, se Dio non verrà in nostro aiuto. Mi addolora pensare che debba essere il generale Millan Astray a dirigere la psicologia di massa. Un mutilato che non abbia la grandezza spirituale di Cervantes cerca solo un macabro sollievo nel provocare mutilazioni attorno a sé”.

Irato il generale Astray gridò: “Abbasso l’intelligenza! Viva la morte!”. E Unamuno: “Questo è il tempio dell’intelligenza. E io ne sono il sommo sacerdote. Voi state profanando il sacro recinto. E vincerete perché avete la forza bruta. Ma non convincerete. Perché, per convincere, dovrete persuadere. E per persuadere occorre proprio quello che a voi manca: ragione e diritto nella lotta. Io considero inutile esortarvi a pensare alla Spagna. Ho finito”.

E queste sono state le ultime parole della sua vita pubblica.

 

Testo di Leonardo Sciascia pubblicato su L'ORA , 24 ottobre 1964


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