Oltre la politica
La mancata uccisione di Trump ha fatto venire alla luce un tratto caratteristico della politica statunitense, il suo messianismo, lo stesso che porta poi gli Stati Uniti a far guerre in tutto il mondo e a scegliersi i più grandi nemici da battere, come la Russia e la Cina, per diffondere, ovvero imporre, la loro visione salvifica della società, che come dicono i loro documenti ufficiali, consiste nella Democrazia, nella Libertà e nella Libera Impresa, i cosiddetti “valori dell’Occidente”. Il messianismo implica il tirar giù Dio per metterlo al servizio del potente di turno: si ricorderà Bush il giovane che diceva di “piangere sulla spalla di Dio”. In questo caso però non si sa Dio da che parte stia nella lotta per la Casa Bianca tra i due pretendenti, perché Trump dice che è stato Dio a deviare la pallottola che doveva ucciderlo (che così ha ucciso un altro), mentre Biden ha detto che solo Dio può toglierlo dalla corsa alla presidenza. Si direbbe perciò che neanche Dio sappia rispondere a questa domanda da un milione di dollari: Per chi voteresti tra Biden e Trump? Non c’è risposta, perché ambedue sono un disastro.
Ma Dio deve essere lasciato fuori della mischia. È Lui la grande riserva per il futuro del mondo, è Lui che lo salverà, quando i suoi attuali governanti avranno finito di rovinarlo. Si sta rivelando in tutta la sua verità la profezia di Heidegger, ripresa in Italia da Claudio Napoleoni, secondo la quale “ormai solo un Dio ci può salvare”. La modernità, che si è costruita sull’ipotesi opposta (“come se Dio non ci fosse”), non lo può ammettere: essa, se non è atea, è “post-teista”. Il secolarismo ha ormai dato al mondo tutto quello che poteva dargli, ma non è in grado di preservarlo, di far continuare la storia. Il futuro torna nelle mani di Dio; non è questione di avere o non avere fede, Dio non si fa condizionare dalla nostra accoglienza, opera attraverso le sue creature, credenti o no; come dice papa Francesco egli “primerea”, cioè viene a soccorrerci prima ancora del nostro peccato o della nostra preghiera. Ma il Dio che viene a salvarci non è il Dio degli eserciti che fonda il trono dei potenti, non è il Dio della conquista che ordina lo sterminio dei popoli da soggiogare, da Gerico a Gaza, secondo una tradizione, rifiutata da Gesù, che va da Giosuè a Netanyahu; invece è il Dio tutto misericordia che accoglie tutti, contro genocidi ed apartheid, e nel quale non c’è nemico. È il Dio che abbiamo finalmente predicato e scoperto, il Dio che non è nella terra che trema o nel vento impetuoso, o nel fuoco. ma è come il sussurro di una brezza leggera (1 Re, 19, 12),
Dobbiamo tornare ad invocare questo Dio, non solo ad uso privato, ma per la dimensione pubblica della vita comune.
La politica non basta a salvarci. Come diceva Claudio Napoleoni, se la società va bene così com’è, se non ci fosse la guerra perpetua, se ci fosse bisogno solo di piccoli aggiustamenti, la politica sarebbe sufficiente, ce la potremmo fare. Ma se la società pencola sull’abisso, e dagli attuali protagonisti è portata al suicidio, bisogna ricorrere a straordinarie misure di amore e di sacrificio, bisogna fare appello ad altre risorse, bisogna mettere in gioco le fedi, le culture, le antropologie, le alternative visioni del mondo. C’è bisogno di disporsi all’attesa, di essere capaci del nuovo.
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