Manet
Georges Bataille incontra Manet e scopre una "tempesta" degli sguardi che mette a
nudo l'inconscio di una società fondata sulla repressione, dove
l'erotismo diviene disvelamento e sovversione.
Quando Bataille
scoprì l'erotismo grazie a Manet
Georges Bataille
pubblicò nel 1955 Lascaux, ou La naissance de l'art e Manet: due
temi di storia dell'arte che solo apparentemente non hanno nulla
in comune, ma se letti contestualmente ci svelano uno dei tratti
più eversivi di questo scrittore e filosofo francese: i saggi
sono raccolti nel nono volume (1979) dell'opera completa edita da
Gallimard nella Pléiade. Viene riproposta da Abscondita nella
traduzione di Guido Alberti, la monografia del pittore che è
pendant tempestiva alla grande mostra Manet a Venezia a Palazzo
Ducale (aperta fino al primo settembre). Il talento conturbante di
Bataille affonda le sue radici non solo nelle filosofie di
Nietzsche e di Benjamin, ma anche nell'antropologia di Marcel
Mauss, e trovano una saldatura in questo dittico geniale. Il suo
discorso si colloca tra storia dell'arte ed estetica e la pittura
di Manet, nella sua enigmatica espressività, è la più flagrante
porta aperta sulla modernità: così come ribadiranno sulla sua
scia, e con accenti diversi, Michel Foucault e Michel Fried più
di dieci anni dopo.
L'autore nel costruire
la monografia di Édouard adotta una narrazione "classica":
ricostruisce la vita e l'opera, discute le opinioni dei suoi
contemporanei, massime Baudelaire e Zola, indugia nel citare
autori più prossimi a lui e resuscita belle pagine di Malraux che
erano e sono state dimenticate. L'excursus è piuttosto
tradizionale per un autore che ha alle spalle testi dissacranti
come La parte maudit, dove il concetto di eccedenza ( dépense)
assume il valore di una teoria generale: ma le sue stilettate, e
veri fendenti, bisogna cercarli tra le righe del libro su Manet.
Quando afferma chei soggetti dei suoi quadri sono
"insignificanti", si riducono a "pretesto"
della sua arte, con una distanza siderale dalla grande tradizione
che ha alle spalle - dai veneziani a Goya - perché i modelli, di
cui pure si serve per costruire le sue composizioni, sono disposti
come «sarebbero degli attori, a sipario calato, nel disordine di
un intervallo».
Le "belle"
opere delle Belle Arti dissimulano «quella parte di errore
divenuta sensibile» che oppone il presente al passato. Baudelaire
mette in scena questo stravolgimento in letteratura, ma l'amico
Manet lo conduce alle estreme conseguenze che è propria della
radicalità moderna.
L'intarsio
interpretativo di Bataille precorre la critica formalista e fa di
lui un pioniere che batte strade nuove, a volte labirintiche e
dalle uscite molteplici. Non esita a insistere sul rapporto con
Goya, uno stereotipo storiografico, ma è meno sensibile al
rapporto con l'arte italiana che proprio la mostra veneziana ha
messo finalmente a fuoco per il ruolo fondante che esso ebbe: dal
Déjeuner sur l'herbe all' Olympia.
Con questa donna nuda,
figlia degenere della Venere di Urbino di Tiziano, Manet «pervenne
alla durezza, all'opacità della violenza: questa figura chiara
che compone con il lenzuolo bianco il suo aspro splendore non è
addolcita da nulla». Essa è la negazione dell'Olimpo, del
monumento mitologico e della maestà dell'Antico, di un'arte cioè
che rispondeva ai sentimenti di una società i cui valori si erano
disfatti. Di qui la tensione antropologica di Bataille che mette
alla berlina tutta la tradizione estetica intrinseca alle
Beauxs-Arts. È Olympia il «rovesciamento del passato, la nascita
di un ordine nuovo».
Così come il Déjeuner
è la negazione del Concerto campestre di Tiziano. Lo scandalo
dell' Olympia, che coinvolse anche raffinati critici come Edmond
About e Théophile Guatier, è nel duro realismo e la sua nudità,
che si accorda a quella del suo corpo, «incarna il silenzio che
sprigiona, simile al silenzio di una nave arenata, di una nave
vuota».
È una metafora assai
felice, e sembra preludere a L'érotisme che Bataille pubblicherà
nel 1957, tema chiave della sua ricerca sulla trasgressione,
sull'esperienza-limite che si consuma nell'antinomia tra ciò che
non si può dire e che tuttavia non può esser taciuta. La
"tempesta" degli sguardi che non si incontrano nel
Balcone sono il segno di un profondo malessere dissimulato negli
occhi di Berthe Morisot.
Per Bataille Elstir
nelle Jeunes filles en fleur è un'incarnazione di Manet, che
Proust non conobbe avendo solo dodici anni quando il pittore
prematuramente si spense.
(Da: La Repubblica del
19 agosto 2013)
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