Cura è una parola che immediatamente fa pensare alla malattia. Ma, se ci si pensa bene, si comprende che siamo difronte ad una delle più grandi forme d'amore
Giovanna Bandini * - Cura, la parola da
salvare
Salvare una
parola, che impresa, che bellezza. Perché le parole dicono le cose,
a volte sono così dense e precise che riescono a sfiorarne
l’essenza. Le parole sono la nostra ricchezza, le perle della
collana da indossare con il vestito, sono il vestito. Le parole sono
una casa. Potrei fare a meno dei vestiti, non delle parole: ho sempre
comprato più libri che vestiti, a volte ho pensato che sarei potuta
andare vestita di fogli di carta; non ho mai fatto più caso di tanto
alle case in cui ho abitato. Lo spazio che abito è quello delle
parole. Le dico, le leggo, le scrivo, le amo, le coccolo, le covo, le
curo. Le curo. Ho cura di loro. La mia parola per le parole è la
cura. La stessa per le persone.
Cura: il primo pensiero però è quasi sempre quello legato al significato medico, alla cura di una malattia. Invece la cura viene prima, viene da sani.
La cura è l’attenzione,
l’attitudine alla protezione di cose e persone amate. La dedizione.
Quella donazione pura del sé all’altro che semina brividi nella
canzone di Battiato: “Supererò le correnti gravitazionali/ lo
spazio e la luce per non farti invecchiare./ E guarirai da tutte le
malattie,/ perché sei un essere speciale,/ ed io avrò cura di te.”
Io avrò cura di te. La cura è il passaggio dall’io al tu,
dall’idea che il mondo ruoti attorno al proprio ombelico
all’apertura al mondo degli altri.
Per i latini, capaci di grande sintesi, cura, curae è vox media, parola neutra o meglio doppia, di valenza positiva e negativa insieme, capace di comprendere uno spettro semantico che va dall’inquietudine alla coltivazione, dalla preoccupazione all’amore. Cura è in primo luogo avere cura, la cura è l’oggetto di un’azione, un esercizio non di stile ma di amore. Si ha cura di un giardino, se ne curano le piante, niente può crescere senza cura. Come spiega con semplicità disarmante Chancey giardiniere, il protagonista struggente di “Oltre il giardino”, riuscendo senza volerlo a fare applicare questo principio essenziale al governo degli Stati Uniti.
Forse non a caso in un
saggio dal titolo “Giardini” (Fazi, 2009), Robert Harrison
ricorda che nel mito classico è la divinità chiamata Cura a
plasmare l’uomo. È lei che modella con creta umida una figura
umana, e chiede poi al re degli dei di infondere in essa il soffio
vitale; e poiché entrambi rivendicano la signoria sulla creatura
appena nata, il dio Saturno, chiamato a dirimere la contesa, assegna
al re degli dei il ritorno dell’anima dopo la morte, perché lui
l’ha infusa nella statua di fango, alla terra il ritorno del corpo
perché lei ne ha fornito la materia, ma alla Cura affida il dominio
sull’uomo durante tutta la vita perché lei per prima lo ha
plasmato per essa.
La cura è l’attitudine più propria dell’essere umano perché è alla cura che egli appartiene, questo ci dice il mito. C’è chi nella cura vuol vedere più il segno dell’inquietudine che muove senza sosta la nostra vita; ma per me quel mito vuole significare piuttosto l’inclinazione alla protezione, al far crescere, al dare benessere, che è nella natura umana. Quell’attenzione amorosa e precisa che si riserva di solito ai bambini, agli animali amati, ai nostri ritagli di verde, a tutte le cose e creature piccole e disarmate – e bisognerebbe osare estendere ad ogni spazio che attraversiamo, essere che incontriamo. Quella protezione che si manifesta in primo luogo come delicatezza verso il corpo, la materia, la fisicità, - perché sono così fragili - e il cui gesto espressivo è la carezza. Anche verso le cose. Quando cuciniamo con amore, all’improvviso ci accorgiamo che i cibi li stiamo accarezzando. A volte perfino i piatti, quando li laviamo. La cura è la carezza che facciamo al mondo.
(Da: il Fatto del 14
ottobre 2013)
* Giovanna Bandini è nata
a Roma, fa la scrittrice e insegna italiano e latino. Ha appena
pubblicato il romanzo Serial Lover (Mondadori). Tra le sue opere,
“Lezioni d’amore” e “Il bacio della tarantola”.
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